Un bicchiere nero, di Gin. Si parla di vita e poi si guarda il tempo che scorre. E su ogni cosa vive un sapore di nostalgia verso il maledetto passato, quasi condanna per i fragili e gli amanti delle emozioni da film. E questo disco, nelle sue finiture pop, sa molto di quella nostalgia che arrivava dagli Oasis e compagni, quel mondo pop inglese dai contorni rock che prima di tutto erano mode da vivere addosso. “Black Glass of Gin” è l’esordio discografico del duo formato da Massimo De Bellis e Giuseppe Buongiorno e che si firma 404: “Il nostro obiettivo è quello di far rivivere ancora una volta quelle sonorità, cercando di ammodernarle e renderle attuali e attrattive anche ai gusti dei più giovani ascoltatori, senza dimenticare ovviamente i veri fans del brit-pop, sperando di poter far risuonare nelle loro orecchie i fasti e i ricordi della loro infanzia o gioventù e chissà magari anche divertendoli a sentire e trovare i vari omaggi e citazioni a quei gruppi che abbiamo inserito nei nostri testi”
Esordio discografico che guarda al passato: possiamo chiedervi perché? Paura del futuro o nostalgia di tempi migliori?
Sono figlio della prima metà degli anni ’90 ed essendo stato fin da piccolo appassionato di musica sono cresciuto con idoli tutti i gruppi in voga in quel periodo, in particolar modo gli Oasis, anche se ho sempre avuto una grandissima passione anche per i Red Hot Chili Peppers. Quindi nel momento in cui mi sono messo a scrivere le canzoni credo sia stato abbastanza naturale che queste abbiano preso una sonorità ‘90s.
E detto questo invece dal suono digitale di domani che cosa troveremo nel disco?
In realtà credo si trovi parecchio, perché se è vero che siamo partiti da un sound anni ’90 è altrettanto vero che abbiamo usato anche un bel po’ di elettronica, in particolare in brani come Mad Man o Absent. Quindi di fatto abbiamo voluto far rivivere i fasti del sound anni ’90 contaminandolo con questo tocco di futuro “elettronico”.
Roma Capitale in fondo è foriera di ben altre tendenze musicali. Come e dove avete trovato un’esterofilia così pronunciata?
Sicuramente il fatto che abbia per idoli gruppi stranieri e sia io in primis un loro fan sfegatato fa si che come dicevo in precedenza questo sia stato un risultato neanche troppo ricercato ma a cui si è arrivati in modo naturale. Detto questo il fatto che abbia scritto tutti i testi in inglese aumenta ancora di più questa tendenza e fa sì che come dici abbiamo tirato fuori con questo disco un’esterofilia molto pronunciata.
Mi incuriosisce una dedica che leggo tra le note di stampa: nel disco anche un vostro personalissimo omaggio a Quentin Tarantino. E qui si cambia ancora modo di vedere il disco. Da dove nasce?
In realtà decisi di scrivere On the Hill la sera stessa che guardai “C’era una volta a… Hollywood”, era il periodo in cui stavano venendo fuori le prime canzoni e pensai che avrei dovuto scriverci qualcosa sopra prima o poi. L’omaggio, oltre alla citazione nel testo dei personaggi del film, è rivolto alla genialità di Tarantino nel creare nella sua mente situazioni, personaggi o dialoghi che credo nessun altro regista possa neanche solo pensare e di come in particolare, in merito al film, abbia radicalmente ribaltato un finale scontato cambiando la storia reale e creandone un’altra, e se sei un fan del cinema di Tarantino sai che anche in altri film ha operato questi radicali cambiamenti. Il significato della canzone è proprio questo: sarebbe bello nella vita reale avere a fianco ogni tanto un Rick Dalton (personaggio principale del film) che ci aiuta a cambiare radicalmente in nostro favore il fato avverso. Poi se qualcuno che sta leggendo l’intervista è amico di Tarantino fategli arrivare notizia del nostro omaggio. Magari lo apprezzerà!
Roma, tornando in città: è un posto da Gin, da Birra o da Vino?
Sarò scontato ma è un posto da Black Glass of Gin!