Verrà inaugurata mercoledì 13 novembre alle 19, nella galleria permanente Umberto Mastroianni nei Musei di San Salvatore in Lauro, la mostra di Henry Unger “Passi di vita”, a cura di Victoria Noel-Johnson (in esposizione fino al 16 dicembre). Quarantacinque le tempere esposte, insieme a diverse fotografie, frutto dell’altra grande passione del surrealista svedese da lui scattate durante numerosi viaggi in Africa.
“Nelle opere di Unger – spiega Carla Esposito Hayter – la figurazione è diretta, l’immagine certa; solide le linee di contorno che escludono il tempo e affermano l’esistenza di eden mitici, dove i cieli sono senza nubi, i volti senza segni. Il tratto, libero e rapido, descrive con calcolata armonia compositiva, senza pentimenti, esitazioni”. Altra testimonianza arriva da Antonino Zichichi: “Il modo più immediato e completo per trasmettere messaggi sono le immagini. Ecco perché è l’Arte che riesce a comunicare in modo diretto, stimolando riflessioni su ciò che in un’opera d’arte l’autore ha voluto esprimere. Tra gli artisti d’oggi Unger è quello che ha dedicato una attenzione particolare al fine di tradurre in immagini alcune conquiste della Logica Matematica e della Scienza”.
Henry Unger, nato a Stoccolma nel 1945, ha frequentato a Parigi l’Academie de la Grande Chaumère. In seguito è partito per un lungo giro intorno al mondo, da cui ha riportato materiale e numerose idee per il suo lavoro. Vive nel suo studio, in un’isola di fronte la sua città. Da anni però Unger passa lunghi periodi dell’anno nel suo atelier di Capri, città che da sempre voleva conoscere, come dimostrano alcune sue opere. I forti contrasti presenti sull’isola determinano in lui quel contatto ravvicinato con la natura necessario a stimolare la sua vena artistica. A tal proposito ricordiamo “Ricordi” del 2000 (tempera, cm 76×56) e “Africa nell’anima” del 2005 (tempera, cm 76×56), emblematiche della forza che l’isola di Capri genera all’autore. Nessun altro posto ha su di lui quest’effetto, rinforzato anche da una grande attenzione per la natura, ispirata in lui dal bisnonno, il barone Axel Klinekowsttrom, esploratore, cacciatore e scrittore.
La famiglia di Henry Unger è alla quarta generazione di artisti. Il bisnonno materno, dopo aver studiato pittura a Parigi, intorno agli anni cinquanta dell’800 fu al centro della vita culturale svedese in qualità di direttore del Museo Nazionale dell’Arte di Stoccolma.
Il nonno, Nils von Dardel, è stato un celebre pittore esponente del movimento che gli storici dell’arte definiscono «scuola parigina». Suoi amici erano Picasso, Braque e Modigliani che, in particolare, affascinato dalla bellezza della fidanzata del nonno di Unger, la ritraeva su qualsiasi pezzo di carta gli capitasse tra le mani. Le fece un famoso ritratto, uno degli ultimi completati prima della sua morte, oggi conservato al Museo Guggenheim di New York.
Sempre la Hayter dice del lavoro di Henry Unger che “talvolta, nel suo discorso episodico che allude al racconto, nel suo frammentare la narrazione ad indicare un ipotetico dialogo con un altro, Unger non rappresenta ciò che è fuori od oltre il reale, ma un suo mondo interno. Costanti riferimenti onirici interni creano allora una sospensione, un silenzio di dimensione metafisica, dove gli ambienti si fanno luogo di mito e gli oggetti simboli”.