Esce nelle librerie in questi giorni per Edizioni Espera l’ultimo saggio di Francesca R. Borruso “Henry Moore e le piccole Veneri. Arte e identità umana”.
Francesca R. Borruso, romana, ha studiato presso “Sapienza” Università di Roma, conseguendo la laurea in Lettere e in Psicologia. Le sue ricerche si sono concentrate soprattutto nell’analisi della complessa psicologia degli artisti in stretta connessione con il contesto storico in cui erano vissuti. Ha lavorato per molti anni nel Musis, progetto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, curando fra l’altro l’edizione italiana della mostra Tous parents tous Tous différents, proveniente dal Musée de l’Homme di Parigi ed esposta nel 1993 al Museo Pigorini di Roma. Ha anche ideato vari progetti, tra cui La nascita della scrittura, una realizzazione multimediale sulla civiltà Sumera in collaborazione con i proff. Giovanni Pettinato e Paolo Matthiae; la mostra La sapienza delle mani, scienza e tecnologia nel Mediterraneo, in italiano, arabo e francese, uscita contemporaneamente a Tunisi e a Roma.
In questo ultimo saggio, frutto di un lungo lavoro di ricerca, si cimenta nell’indagine legata agli aspetti poco noti del profondo interesse di Henry Moore per l’arte della preistoria proponendo una lettura originale e inedita di alcuni disegni del maestro.
Dobbiamo guardarle come sculture, solo come un buon lavoro di scultura anche se è stato fatto, come le ‘Veneri’ del Paleolitico, 20.000 anni fa. Sono una parte della vita reale, qui ed ora, per coloro che sono abbastanza sensibili e aperti per sentirlo e percepirlo.
Questo l’incipit di Henry Moore e le piccole Veneri. Il profondo interesse di Moore per l’arte della preistoria toccò negli anni diversi aspetti, dai primi studi e disegni sulle piccole sculture e bassorilievi di creature femminili conosciute come Veneri paleolitiche (1926), all’articolo Primitive Art (1941) scritto pochi mesi dopo il terribile bombardamento di Londra durante la prima guerra mondiale, fino ad arrivare alle Three Standing Figures (1948), alla Woman (1958) e alla Three Quarter Figure (1961). Il filo di coerenza appassionata e continua che collega quest’interesse alla sua stessa arte, dai disegni alle grandiose sculture, si è svolto per decenni innestandosi sulla sua fondamentale ricerca sull’identità umana. Seguendo Moore nel suo percorso si risale alle prime scoperte archeologiche della seconda metà dell’Ottocento, alle ostilità e agli scontri radicali che suscitò nelle autorità accademiche e religiose la scoperta dell’esistenza della vita e dell’arte di esseri umani vissuti migliaia di anni fa. Queste posizioni erano ancora presenti all’epoca dei primi disegni e solo recentemente si comincia a guardare a un’epoca così lontana nel tempo chiamandola come lo scultore aveva sempre intuito, la Storia profonda, la nostra Storia profonda.
La lontanissima origine dell’esistenza e dell’arte dei primi esseri umani e la nostra reale continuità con loro era per Moore una certezza assoluta basata sulla sua stessa identità di artista e di uomo perché, come scriveva: l’arte è un’attività universale e continua senza nessuna separazione fra passato e presente.