L’epilessia nella tradizione popolare – Di buon grado raccolgo l’invito di Marco Cardinale a parlare delle pie leggende che il Medioevo cristiano fece fiorire intorno alla taumaturgia dei santi in materia di cura dell’epilessia.
Bisogna partire da due concetti: il senso del peccato e la mancanza di uno studio clinico e conseguente farmacopea. Come ha brillantemente scritto chi si occupa di storia sui questa testata, l’intervento delle forze demoniache si accompagnava al disordine morale soggettivo generato dallo stato di peccato. Così, chi era nato da genitori consanguinei era a rischio di epilessia, giacche “non aveva sangue”; parimenti, i nati il giorno di Natale erano “colpevoli” di essere venuti al mondo nel giorno consacrato al Signore.
La cultura popolare fece allora ricorso ai santi intercessori, vale a dire a quegli spiriti eletti che, proprio in virtù dei loro meriti che li rendevano tanto vicini a Dio, erano in grado di restituire equilibrio all’ordine superiore che la trasgressione o la fatalità avevano turbato.
Il santo maggiormente invocato fu Giovanni Battista, seppure non sia chiaro il perche: forse la sua decollazione lo fece avvicinare a quanti, a motivo delle convulsioni, perdevano la testa. E sempre per similitudine di sintomi, diventò anche il protettore dei soggetti colpiti dal c.d. “ballo di san Vito”.
Altro personaggio di rilievo fu san Valentino, identificato sia nel martire ternano sia nel vescovo di Passau. I problemi si moltiplicano nel caso dei Re Magi: nelle leggende è arduo sforzarsi di trovare la logicità e pertanto non me la sento di escludere che la loro mediazione nacque dall’essersi prostrati nell’offrire i dono al divino neonato; in questo atto fu vista la sintomatologia principale dell’epilessia, cioè il cadere in terra.
Si pensi comunque che nel 1412, Giovanni dell’Aderne così scriveva nel suo De arte phisicali et de chirurgia: “Contro l’epilessia componi con il sangue preso dal mignolo dell’ammalato i nomi Gaspare, Melchiorre, Baldassarre; metti quindi in un contenitore oro, incenso, mirra. Fai recitare al paziente ogni giorno tre Pater e tre Avemaria”.
Vi è poi una pittoresca cerimonia di magia popolar-religiosa assai diffusa (a tutt’oggi) negli ambienti contadini, la c.d. “pesatura” (le cui origini si ritrovano in quasi tutti le religioni solari, alle quali appartiene lo stesso cristianesimo): l’epilettico era posto su un piatto della bilancia mentre l’altro piatto veniva colmato del peso equivalente in granaglie e sementi; allorche i bilancieri si equiparavano l’ammalato era guarito.
Tuttavia, il rituale prevedeva un ulteriore passaggio fondamentale: l’operazione di pesatura andava effettuata innanzi alla statua del santo patrono locale; e meglio ancora di fronte a quella di san Donato, il vescovo di Arezzo fatto decapitare nel 362 dall’imperatore romano Giuliano l’Apostata.