Apprezzato da Angelo Badalamenti, il nuovo album elettrico del compositore di stanza a New York. Dalla classica al rock di confine, dal cinema alla riflessione corale su working class e gentrificazione
Tell Uric: l’America elettrica e proletaria di Luigi Porto
LUIGI PORTO
TELL URIC
(8 tracce | 38.18)
Respirano Records | La Lumaca Dischi |
Distr. Audioglobe
«New York, come l’America intera, è fondata sulla schiavitù. Quando facemmo le manifestazioni per Black Lives Matter, ci davamo il pugno con tutti i camionisti, postini, spazzini, trasportatori, delivery, nessuno di loro era bianco, e tutti lavoravano per i bianchi. Quando ebbi modo di scoprire che alcuni pensatori “tradizionalisti” usavano il termine tellurico per civiltà considerate inferiori, pensai che era proprio questa l’umanità che mi interessava, quella dei numeri dopo la virgola, fatta da chi per quanto si sforzi non tocca mai il cielo. Vivo a Washington Heights, che insieme a East Harlem è l’unica parte ancora pienamente working class dell’isola di Manhattan: vivo nei luoghi della classe lavoratrice composta da afroamericani e ispanici. Il loro stile di vita è ormai una bolla, contro la quale preme giornalmente da ogni lato lo spettro della gentrificazione. Così è nata una raccolta di storie, pensieri e frammenti che per me rappresentano la sovrapposizione del concetto di casta e classe, una sorta di inevitabilità, predestinazione sia a livello sociale che – tra parecchie virgolette – spirituale».
Un diario personale. Un disco corale. Una freccia puntata verso il basso, l’attrazione gravitazionale declinata in riflessione sociale e politica. Un sound elettrico, visionario, da band. Otto canzoni che lasciano il segno, figlie di un compositore colto e curioso, frutto di una riflessione individuale e collettiva tra Italia e New York, nella quale Luigi Porto vive e lavora. Tell Uric (distribuito in Italia da Audioglobe per La Lumaca Dischi) è il suo quinto album, un disco significativo per la combinazione tra un’idea di rock di frontiera intenso e sofisticato e un concept stringente, legato alle contraddizioni e ai drammi della contemporaneità.
Tell Uric è un punto d’arrivo importante per Luigi Porto, una sintesi umana, quindi artistica, dopo un periodo di notevole attività internazionale. Figura eclettica e multiforme, Porto vive a New York e ha una ricca produzione che varia dalla classica contemporanea all’alt rock, dall’elettronica alla musica per film, installazioni e sound design cinematografico. I suoi lavori sono stati presentati dalla Carnegie Hall ai festival di Cannes e Venezia, nel 2020 ha fondato la propria etichetta Respirano Records, con cui ha pubblicato Tell Uric. Porto lo considera un «disco molto personale, un ritorno alla forma canzone in inglese, dove ho cercato di coagulare varie esperienze mettendole al servizio di un formato meno astratto, o diluendo l’astrazione dentro territori apparentemente familiari. Quando si tratta di musica, ho un’organizzazione di pensiero di tipo magico. Volevo prendermi una pausa di distanza dalla musica cosiddetta “classica” e dall’elettronica a cui mi sono dedicato pure parecchio negli ultimi anni. Per quanto sia un lavoro ambizioso e dalla lunga gestazione, volevo che Tell Uric fosse un disco prettamente elettrico, da suonare con una band, senza né troppi cavi e bottoni né partiture».
Caratterizzato graficamente da una freccia che punta verso il basso, Tell Uric si regge proprio sul concetto di direzione, elemento al quale Porto tiene particolarmente: «L’immagine della freccia è una cosa che mi si è presentata davanti per anni sotto diverse forme, ed è naturalmente diventata il simbolo di tutto. La direzione è proprio la cosa che mi interessa di più nella ricerca musicale – che non deve essere per forza sperimentazione palese. Non mi è mai interessato avere un suono riconoscibile, quando l’ho trovato ne sono sempre poi fuggito, perché non mi andava e non mi va di brandizzare la musica, lo trovo un trucco più adatto alla comunicazione che all’arte. Mi è interessato semmai, da autore e compositore, dare una direzione univoca utilizzando diversi strumenti stilistici».
La coralità di Tell Uric, non solo nei temi trattati, si evince anche dalla partecipazione di numerosi musicisti italiani e stranieri, provenienti dal mondo della musica sinfonica, della lirica, del rock e del jazz. Nefer Alexandra Linde, Mirko Onofrio, James Waldo, Al The Coordinator, Ray Lustig, Carmine Cipolla, Meredith Moore e molti altri hanno arricchito e caratterizzato le sonorità dell’album, pubblicato in vinile, cd e digitale. La sua singolarità ha catturato l’attenzione di un certo Angelo Badalamenti: «Con lui ho lavorato qualche volta nel suo studio per diversi progetti. Il disco gli è piaciuto molto, sono atmosfere che gli vanno a genio, ne fu colpito. Mi ha detto: «Man, oh man! I’ve never heard anything like that before. You’re doing your thing! It’s abstract, hypnotizing, totally unique!». Il che per me, cresciuto con la cassetta di Twin Peaks nel walkman, è stata una grande soddisfazione».
Il disco contiene anche il tema del film indiano Uljhan – The Knot, presentato il mese scorso al Santa Barbara Film Festival, «un thriller che affronta i concetti di classe sociale e casta religiosa nella società indiana, praticamente gli stessi temi di Tell Uric». L’uscita è stata anticipata in ottobre da videoclip di Morningside, a cui seguirà, in contemporanea con l’uscita del disco, quello del nuovo singolo Family, entrambi girati tra l’Italia e i quartieri di Upper Manhattan.
Luigi Porto:
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