Gli E.D.A. si raccontano

Qual è stato il momento che vi ha fatto capire che era ora di dare vita al vostro progetto musicale?

Probabilmente il 2020 è stato l’anno in cui abbiamo trovato l’obiettivo di cui avevamo bisogno, abbiamo sempre suonato con l’intenzione di arrivare a raggiungere grandi traguardi, ma forse è stato proprio il tempo che ci ha dato la prima quarantena che ci ha aperto gli occhi e fatto capire che dovevamo entrare a

Raccontateci “Forse ci sto” in qualche riga.

Forse ci sto è una canzone che nasce come sfogo, un messaggio che doveva arrivare subito, ma ovviamente non troppo palesemente. La canzone nasce come la rappresentazione dell’ossimoro che vive costantemente dentro di noi e descrive come certe volte si faccia fatica a parlare di alcune emozioni, nonostante si sentano e riconoscano dentro di noi.

Qual è l’aspetto della vostra musica di cui andate più fieri?

Probabilmente la cosa di cui andiamo più fieri è la dinamica per cui ogni brano ha un pezzo di noi al suo interno. Nel senso che riusciamo ad integrare dentro una canzone qualcosa di Samuele, Ema, Fero o Sidy.

Qual è invece il vostro tallone d’Achille, l’aspetto su cui sentite di dover migliorare?

Beh, siamo ancora giovani e pieni di “talloni d’Achille”, ma abbiamo anche tanta voglia di mostrarci e dimostrarci. Nel tempo abbiamo imparato a disinnescare per il bene del gruppo, ma capita ancora di scannarci perché qualcuno vuole uno stop e altri no. Sotto molti aspetti siamo ancora acerbi, ma non smettiamo mai di riempirci di esperienze che possono solo arricchirci.

Come sperate di continuare la vostra esperienza musicale?

Speriamo di poter continuare a comporre pezzi, a passare ore e ore in sala prove, a scannarci per un giro in più o in meno, speriamo di poter rimanere gli E.D.A. un gruppo di ragazzi che ha tanto da dire e conosce solo un modo per farsi capire.

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