“Il giardino dei fuggitivi”. La materia racconta l’infinito, la personale di Giulia Manfredi al Gaggenau DesignElementi di Roma

Il Gaggenau DesignElementi di Roma ospita fino al 22 dicembre la mostra personale di Giulia Manfredi “Il giardino dei fuggitivi” a cura di da Sabino Maria Frassà. L’orto, in cui tredici fuggiaschi cercarono di scappare dall’eruzione che distrusse Pompei, è per l’artista un’immagine emblematica e la metafora stessa dell’esistenza umana: non esiste fine e non esiste principio, tutto – come in un giardino – si trasforma.
“Il giardino dei fuggitivi” è la mostra “della maturità” di Giulia Manfredi, in cui l’artista emiliana sintetizza la propria visione della realtà, trasformando lo spazio Gaggenau in un giardino in cui regnano l’ordine, il candore e una profonda quiete: tra marmo, bonsai, fumo e farfalle lo spettatore è portato a contemplare e scoprire l’Infinito di cui siamo fatti.

“Giulia Manfredi con la sua visione circolare dell’esistenza ci aiuta a capire che tutti noi <<siamo infinito>> ” spiega il curatore Sabino Maria Frassà “le sue opere presentano una bellezza ipnotica che si scontra con la materia di cui sono fatte: non solo marmo, ma anche fumo, vapore, funghi, bonsai e farfalle. Il suo lavoro risulta così dominato dall’intima complementarietà tra caos e ordine, tra vita e morte. L’arte diventa la via di fuga dal vulcano interiore verso l’infinito, il tentativo per descrivere e rappresentare in tutta la sua complessità l’avventura dell’esistenza umana. Il gesto artistico si carica così di una forza quasi catartica: da un’emozione viscerale, la mente umana riesce infine a produrre nuova e ordinata bellezza, in grado di sublimare i dubbi e le paure più profonde. L’arte di Giulia Manfredi è in ultima istanza un inno all’infinità di cui la vita è parte imprescindibile. Senza vita non può esistere l’infinito e quella tensione ad esso. Le opere d’arte di Giulia Manfredi, così sintetiche a livello visivo e pregne di significato, ci aiutano a scorgere tale immensità di cui siamo e saremo per sempre parte, anche nel giardino dei fuggitivi in cui “s’annega il pensier mio. E il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Il modo per superare una visione dicotomica dell’esistenza prende forma nelle opere inedite che compongono la mostra: l’opera “viva” White Matter è accostata al ciclo “Psyche” composto da quadri in cui frammenti di ali di farfalla sono inglobati come una tarsia nel marmo a creare forme che richiamano le macchie di Rorschach. In “White Matter” l’artista unisce materiali sintetici, stampati in 3D, con specchi e marmo lavorato al laser. I frammenti di farfalla lasciano il posto a funghi edibili che crescono e fanno parte della scultura. Questa caleidoscopica opera d’arte è quindi viva, cresce e si trasforma nel tempo, raccontando la “materia bianca”, ovvero quella chilometrica e fitta rete di impulsi elettrici nel cervello che ci permette di trasformare i singoli impulsi in un pensiero unico. Come i miceli dei funghi, così anche noi siamo tutti collegati internamente ed esternamente e ci “nutriamo” e completiamo vicendevolmente attraverso e con ciò che ci circonda.

Al centro del Giardino dei fuggitivi l’artista colloca una grande scultura bianca: un albero sospeso nell’aria e avvolto dalla nebbia. Il titolo dell’opera, “Sacrarium”, spiega il senso più profondo della ricerca artistica di Giulia Manfredi: non si tratta di una visione nichilista, ma della “sacra” accettazione che sia impossibile abbracciare e appropriarsi pienamente dell’immensità del cosmo che pur non possiamo che percepire.

La mostra completa il progetto artistico Materiabilia promosso da Gaggenau e Cramum tra Roma e Milano nel 2022.
Giulia Manfredi – biografia
Giulia Manfredi è nata a Castelfranco Emilia nel 1984, si è laureata in pittura a Bologna presso l’Accademia di Belle Arti nel 2008 con una tesi sui nuovi media e la tecnologia satellitare. Ha vissuto a Berlino dal 2006 al 2014, dove ha studiato all’UDK (Università delle arti) ed esposto le proprie opere in diversi progetti e mostre. Tornata in Italia, ha vinto la quinta edizione del Premio Cramum nel 2017 e ha esposto in numerose mostre collettive e personali, tra cui “Regno Sottile” nel 2019 presso il Museo Francesco Messina di Milano. Attualmente vive e lavora a Roma.

Materiabilia
Con il ciclo di mostre “Materiabilia”, Gaggenau e CRAMUM raccontano la materia che si fa meraviglia attraverso il genio umano. Gli showroom Gaggenau DesignElementi di Milano e Roma si trasformano in una ideale Wunderkammer, in cui l’arte e il design ci permettono di riconoscere un ordine apparentemente perso: se la natura è straordinaria, la capacità dell’essere umano di plasmare la materia ci avvicina a tale perfezione.

Oggi più che mai l’arte ci permette di sognare ad occhi aperti, trasformando la materia e la realtà che ci circonda in meraviglia. Se fino a poco tempo fa sembrava fossimo destinati a vivere in una società sempre più virtuale, la pandemia di Covid-19 ha invece mostrato il profondo bisogno – quasi ancestrale e viscerale – di materia e realtà: dopo anni di frustrazione e limitazioni anche fisiche, ai bitcoin e ai social fa sempre più da contraltare un bisogno di vedere, fare e toccare.
L’essere umano è tornato a volere concretezza e realtà, anche quando sogna: affamati di presente e carichi di paure sul domani, cerchiamo di vivere ogni giorno il sogno, piuttosto che limitarci a pensarlo e progettarlo. Il nostro sguardo ricerca nella meraviglia per la realtà che ci circonda la speranza e la forza per andare avanti.

Capiamo quindi il perché del successo dell’arte contemporanea nella nostra società: l’arte è materia che riflette sulla materia, riuscendo a dare forma e concretezza al pensiero umano… alle sue angosce, alle sue paure, ma anche alle sue gioie e alle sue speranze. Nel gesto artistico, capace di rappresentare una realtà diversa, l’essere umano ritrova il coraggio di ripensare il futuro al di là del presente contingente. Capace di sintesi come solo un’immagine può esserlo, empatica e mai banale nella sua complessità, l’arte contemporanea è oggi la materia del futuro.
Non è però la preziosità della materia a determinare la qualità dell’opera d’arte, quanto la capacità dell’artista di vedere il futuro dando forma a qualsiasi sostanza. In fondo anche le stelle non sono fatte d’oro, ma di idrogeno, elio e carbone.

A raccontare la “materiabilia” che ci circonda, e che non sempre riusciamo a vedere, quattro artisti che per tutto il 2022 mostreranno, con materiali comuni, immaginifici futuri… dietro l’angolo. Un messaggio di responsabilità e possibilità di ripensare, con ciò che abbiamo, un futuro migliore. Il ciclo ha visto protagonisti a Roma il lessico familiare fatto di semi e cioccolato di Flora Deborah e a Milano le spirali di materia di Paola Pezzi; un viaggio che continua oggi con i quadri di cera e paraffina di Stefano Cescon, sempre a Milano, e terminerà con le sculture naturali di Giulia Manfredi a Roma.

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