Ci sembra davvero che per aver un posto equilibrato dentro questa vita si debba rovistare nel passato e masticarlo anche quando non è proprio di nostro gusto. In questo secondo disco di Giacomo Casaula sembra davvero che trovi spazio un detto che suona del tipo conosci le tue radici per sapere chi sei. Ecco come suona “Amore sintetico”, secondo disco del cantautore, scrittore e attore napoletano. Canzone leggera, di contenuti, di suoni composti. Canzone che attinge al passato glorioso… ma che in qualche modo, nel bene e nel male, è una canzone che mostra un suo posto nel mondo e lo fa con equilibrio. Ecco: “Amore sintetico” è un disco davvero equilibrato. E noi siamo sul pezzo come si dice…
Un secondo disco che spesso viene indicato come disco della conferma.
Che ruolo sta avendo o ha avuto per te?
È sicuramente un passaggio importante, personalmente ho cercato di immettervi tutto quello che ritenevo e ritengo più urgente.
Dal titolo alla copertina: un collage digitale, sintetico com’è giusto
che sia?
Abbiamo cercato anche nel titolo e nella copertina, a cura di Adelaide Cavallo, di rimanere coerenti con quelli che erano i temi del disco. Credo che il risultato sia soddisfacente.
Che poi non penso che i colori siano una faccenda di sola estetica.
Anche le tue foto promozionali sono assai affidate ai colori. Ha una
ragione questo?
Credo che i colori abbiano una valenza straordinaria nel riuscire a veicolare determinati contenuti. Proprio per questo li adopero molto anche nelle foto promozionali, è come se mi aiutassero.
“Indie e De Gregori” l’abbiamo ampiamente digerita. Ma alla fine: per
te il “De Gregori” è un elemento anch’esso di mancato futuro? Un po’
come le mode?
No, non penso sia un elemento di mancato futuro, tutti quelli che si approcciano alla canzone come autori hanno dentro anche in minima parte il “De Gregori”. Credo sia la fetta “indie” ad avere un’attinenza e un’affinità particolare con il macrotema delle mode. Anche il videoclip della canzone riflette ironicamente su questo aspetto.
Che poi parlando di politica, “Piazzaffari” di certo non la manda a
dire. Posso indicarlo come un brano assai pasoliniano?
Assolutamente si, è un’indicazione che mi inorgoglisce, soprattutto se pensiamo alla differenza tra sviluppo e progresso che “Piazzaffari” ha cercato di trasmettere.