“Un’abbreviatura fulminea delle cose”
Questa mostra consente di vedere opere inedite di GIANDANTE.X realizzate fra il 1918 ed il 1963. La maggior parte dei disegni e dei dipinti provengono da collezionisti privati che nel tempo hanno avuto modo di incontrare direttamente il Maestro a partire dagli anni ’40: volle lasciare a pochi amici il suo testamento artistico, costituito da opere qui raccolte per la prima volta.
Come poche altre, la figura di questo artista – che attraversa l’architettura, la pittura, la scultura, la poesia, la politica del Novecento – sfugge alle facili categorizzazioni e alle interpretazioni definitive. Di sicuro l’artista cercò sempre di rendersi imprendibile, si sforzò tenacemente di farsi dimenticare, sparire dal mondo pur avendo vissuto una esistenza piena, difficile, avventurosa: una vita da combattente.
GIANDANTE.X è lo pseudonimo di Dante Pescò, milanese, classe 1899 (cambiò nome intorno ai vent’anni, al tempo dei suoi debutti artistici). Nasce in una famiglia di industriali tessili dell’alta borghesia lombarda. Studente prodigio ma fuori dagli schemi, autodidatta, anticonformista, legge molto, moltissimo: il padre arriverà a togliergli la corrente elettrica nella stanza per guarirlo da questo “vizio”.
Il 1° Ottobre 1916 fugge di casa per non farvi più ritorno. Ha una forte passione per Girolamo Savonarola, Arnaldo da Brescia, Robespierre, tutti ribelli e rivoluzionari, grandi protagonisti della storia ma anche profondamente isolati e solitari nel loro radicalismo assoluto.
Dopo il diploma in architettura, allievo di Edoardo Collamarini (nel 1921 si laurea in filosofia) inizia a farsi conoscere negli ambienti artistici milanesi e nazionali esponendo nel 1920 in una mostra promossa da Adolfo Wildt, che dirà di lui: “…l’artista Giandante vergine d’ogni accademismo si prova per la prima volta al pubblico giudizio. Sono pezzetti di mosaico che gli serviranno più tardi ad eseguire l’opera completa…”. All’interno dell’esposizione dedicata qui a GIANDANTE.X, è possibile vedere alcune piccole chine nere su carta velina del 1919-1920 influenzate da Wildt, che fu appunto suo maestro: sono piccoli gioielli, miniature raffinatissime. Curioso appare lo Studio di figura a china e matita su carta qui presente in mostra: un profilo d’uomo che ricorda la scultura Fante ferito di GIANDANTE.X del 1922-1924 erroneamente definita come Testa di Mussolini, all’interno della Collezione Franco Maria Ricci.
Sviluppa anche amicizie importanti, da Carlo Carrà a Mario Sironi, ma non ne segue l’infatuazione per il fascismo, né pose mai la sua arte al servizio del regime. Nel 1928 Sironi scrisse, a proposito dell’opera di GIANDANTE.X: “…nella sua plastica abbiamo ritrovato il suo gusto decorativo a larghe masse e vaste semplicità di piani. È un decorativismo ieratico e arcaizzante di gusto guerriero e contemplativo…”.
Nel 1924 GIANDANTE.X collabora con l’Unità, con disegni propagandistici che di certo non sfuggivano alla censura fascista. Nel romanzo di Leonida Répaci L’Ultimo Cireneo del 1922, compare nei panni dell’alter ego Nullo Viandante, un pittore che si fa saltare in aria durante una festa danzante della buona società milanese.
Nel 1933 decide di fuggire dall’Italia, passa clandestinamente in Svizzera per raggiungere poi la Francia dell’antifascismo italiano in esilio, con puntate in Belgio e Lussemburgo subendo nuovi arresti e carcerazioni. Continua a dipingere ma allo scoppio della guerra civile in Spagna si unisce agli antifascisti: viene impiegato nel dipartimento propaganda delle Brigate Internazionali per illustrare giornali, manifesti e volantini, lavorando per alcuni giornali che si stampano a Barcellona.
Alla vittoria di Franco, nel 1939, lascia la Spagna per riparare poi in Francia (vi rimase fino al 1941), divenuta improvvisamente inospitale: all’interno dei campi di concentramento francesi di Gurs, Saint Cyprien e Vernet produsse capolavori assoluti di piccolissime dimensioni qui in mostra. Sono testimonianze struggenti, diari figurativi di prigionia che raccontano – attraverso figure e forme astratte di finissima resa tecnica, l’animo di GIANDANTE.X. Sono disegni unici nel panorama artistico internazionale poiché se è vero che molti altri artisti hanno prodotto testimonianze simili in altri luoghi di reclusione, questi appaiono completamente diversi per sintesi, formato e concezione.
Nel 1942, riconsegnato all’Italia venne deportato nell’isola di Ustica dove rimase almeno fino al 25 luglio del 1943 per poi essere trasferito nel campo di concentramento di Renicci, in Toscana. Dopo l’8 Settembre fugge facendo perdere le sue tracce: l’avevano creduto morto in Spagna dopo la battaglia di Guadalajara (notizia diffusa dall’EIAR).
Il poeta Alfonso Gatto nel 1945 scrisse di GIANDANTE.X: “…ha vissuto, vive con pazienza. La sua pittura è il principio della vita ogni volta, un’abbreviatura fulminea delle cose che ha da dire, delle emozioni che ha da darci, un’avidità romantica da riversare sugli uomini, una confidenza subito aperta e chiusa. (…) Quest’uomo che è tornato aguzzo e povero tra noi sogna che sui muri nelle città popolari d’Europa ogni giorno si scrivano, a carbone, a gessetti, a colori, parole e segni forti di vita…”.
Giordano Bruno Guerri
Presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani