«Solo la poesia ci salva dal grigiore che pervade anche i nostri più riposti pensieri». E la poesia, per la giovane Lidia Dragone, autrice dell’opera “Sogno un tempo contromano”, ha la capacità di evadere spazio e tempo, racchiudendo concetti esistenziali in pochi versi e scovando l’infinito nell’individuo.
«Tratto da una delle poesie della raccolta, il titolo – racconta l’autrice, venticinquenne veneziana che, dopo aver concluso gli studi, è ora pronta per trasferirsi a Roma, al fine di ingranare con la carriera da attrice – allude all’utopia (resa reale dall’immaginazione) di tornare indietro nel tempo, fino al profondo dell’infanzia. La raccolta stessa è poi un azzardo al passato, perché racchiude le poesie che mi hanno aiutato ad attraversare un cupo periodo della mia adolescenza, romanticizzandone il dolore».
Nella silloge, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore, i temi determinanti si possono riassumere nell’instancabilità del tempo, il disagio di esistere, la freddezza dell’amore, la sfida della fede e la terrificante resilienza della guerra. Nella poesia “L’orologio della vita” le lancette del tempo sono scandite in modo regolare ma senza musica. «L’unico rimedio è vivere il presente. O leggere poesie» – afferma Lidia Dragone, scrittrice di poesie da quando era alle scuole elementari che, al contempo, non ha mai smesso di coltivare la sua passione per la danza e la recitazione, sia in Italia che all’estero.
«Ha molta importanza, nella raccolta di Lidia Dragone – scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, autore, poeta e critico letterario, figlio del Premio Nobel, Salvatore Quasimodo – il tema della fugacità della vita, comune a tutti gli esseri umani. […] L’inesorabile corsa del tempo che non accetta pause o interruzioni […] la meta della nostra vita è terminare un cammino per sempre, senza speranza di poter rinascere, a differenza delle stagioni che riprendono continuamente un ciclo. A questo punto sorge il desiderio di cambiare direzione […] l’unico modo per reagire ad una realtà tragica è quello di costruire, con la nostra mente, alternative ai drammi quotidiani e di non sopprimere la dimensione onirica dentro di noi».
La poetessa gioca spesso con l’accostamento di parole dal suono simile, ricorrendo occasionalmente alla rima, purché non venga sacrificato il significato di una poesia nella sua originalità e universalità. Utilizza parole relativamente quotidiane in combinazioni estrose, nella convinzione che non esistano parole banali ma solo concetti banali. Lavora, poi, su accostamenti imprevedibili, ma al tempo stesso logici, tramite l’uso di metafore e paradossi. «Mi piace sorprendere il lettore con uno switch direzionale, spesso anche carico di ironia, negli ultimi versi di una poesia. Cerco di dipingere – spiega l’autrice – immagini surreali nel modo più credibile possibile, un po’ come la sconcertante nitidezza con cui René Magritte nei suoi quadri riporta l’impossibile. Arte è tutto ciò che ispira arte e, in questo, poesia e pittura si alimentano a vicenda. L’idea per la copertina del libro mi è venuta proprio ispirandomi a Magritte, e la mia carissima amica e disegnatrice Giorgia Omiccioli ha saputo metterla nero (e colorato) su bianco con mano eccezionale».
Nei versi, ogni parola è scelta con cura e pesa come un mattone in una poesia. «Il mio poeta preferito è Umberto Ungaretti e mi piacerebbe pensare che la concisione dei miei versi lo ricordi. Lascio che ogni lettore mi insegni la propria interpretazione dei miei versi. Se una poesia suscita formule inattese – conclude Lidia Dragone – è una poesia riuscita, sconfinata, più grande di se stessa».
Federica Grisolia