Il XXIII Festival Verdi su classica HD

IL XXIII FESTIVAL VERDI SU CLASSICA HD 

Il trovatore, I Lombardi alla prima Crociata, il Gala verdiano

in prima tv sul canale dedicato alla musica classica. 

Classica HD, canale 136 di Sky

venerdì 8 dicembre 2023, ore 18.00

sabato 9 dicembre 2023, ore 21.10

domenica 10 dicembre 2023, ore 21.10

Classica HD dedica una programmazione speciale al XXIII Festival Verdi. Per tre serate, dall’8 al 10 dicembre 2023 sul canale 136 di Sky sarà possibile vivere in prima visione tv le emozioni delle opere e del gala protagoniste al Teatro Regio di Parma della recente edizione del Festival Verdi conclusasi lo scorso ottobre.

Venerdì 8 dicembre 2023, alle ore 18.00, va in onda Il trovatore nel nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma realizzato in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna firmato da Davide Livermore, con le scene di Giò Forma, i costumi di Anna Verde, i video D-Wok, le luci di Antonio Castro, con Franco Vassallo (il Conte di Luna), Francesca Dotto (Leonora), Clementine Margaine (Azucena) e Riccardo Massi (Manrico), l’Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna diretti da Francesco Ivan Ciampa.

Sabato 9 dicembre 2023, ore 21.10, I Lombardi alla prima Crociata nel nuovo allestimento di Pier Luigi Pizzi, che firma regia, scene, costumi e video, con le luci di Massimo Gasparon, le coreografie di Marco Berriel. Protagonisti Lidia Fridman (Giselda), Michele Pertusi (Pagano), Antonio Poli (Oronte), Antonio Corianò (Arvino), Giulia Mazzola (Viclinda), violino solista Mihaela Costea, con la Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani, diretti da Francesco Lanzillotta.

La programmazione si conclude con la messa in onda, domenica 10 dicembre 2023, ore 21.10, del Gala Verdiano, realizzato in occasione del 210° compleanno di Verdi, a sostegno del progetto “Viva Verdi” per l’acquisizione e la valorizzazione di Villa Sant’Agata. Omer Meir Wellber, sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani, dirige un programma interamente verdiano che alterna ouverture, brani corali, arie e scene da I Vespri siciliani, Otello, Macbeth, Ernani, I Lombardi alla prima Crociata, Nabucco, Aida, Don Carlo.

Sul palcoscenico un cast d’eccezione, composto da Eleonora Buratto, Clementine Margaine, Gregory Kunde, Michele Pertusi.

Classica HD è un’emittente televisiva italiana interamente dedicata alla musica classica, in onda sul canale 136 della piattaforma Sky Italia. Trasmette ininterrottamente ogni giorno 24 ore su 24, con un palinsesto che abbraccia opere liriche, concerti, musica da camera, danza classica e moderna, approfondimenti, documentari, film, speciali, jazz, musica di confine.

APPROFONDIMENTI

Il trovatore

“Verdi, autore popolare? Di più – racconta Davide Livermore – è un compositore politico, e le opere ne sono espressione. Musica e narrazioni verdiane cambiano le persone. A prescindere – pare uno sproposito – dalla musica, tutto il suo essere artista è di una persona speciale che ha riflettuto in maniera etico-politica e profonda su temi importanti, che riguardano l’uomo. Per me è stato una vera guida spirituale. Mi ha insegnato come si può, e si deve, provare a essere artisti oggi. Io l’ho cantato: posso dire di aver ‘vissuto’ veramente il suo modo di far musica prima di farlo da regista. Se fosse vivo, scandalizzerebbe di nuovo i benpensanti. Dobbiamo restituirgli la personalità di musicista rivoluzionario, colto e internazionale, che la grossolana aneddotica risorgimentalista e la scadente demagogia nazional-contadina gli hanno sottratto. Il nostro piccolo mondo ha paura delle grandi stature artistiche, soprattutto se non stanno storicamente nel loro secolo e ‘disturbano’ il nostro. Invece di sforzarsi a comprenderle si preferisce sminuirle, abbassarle al proprio livello. Cercare i segni della tradizione in Verdi è un errore: una pigrizia di cui liberarci. Meglio evidenziare quelli della contemporaneità. Verdi ci chiede di fare i conti con la realtà, fino a toccare i lati oscuri dei sentimenti. Accade in Trovatore, come nelle due opere precedenti. Azucena è una gitana – “carattere strano e nuovo” e “non pazza” scriveva Verdi: diversa come Carmen. Il compositore ne difese senza tentennamenti drammatici lo stato irregolare. Scriveva che Violetta doveva essere “puttana” e custodì come requisito psicofisico non eludibile la deformità di Rigoletto; perfino di fronte ai dubbi dell’autore del dramma, Victor Hugo. Come allora, il mondo dei gitani oggi correttamente rom è un altrove, un paesaggio di anime non ordinarie, da cui possono venire delle storie che hanno dell’incredibile come questa. Salvatore Cammarano scrive, anzi riscrive, una storia operisticamente perfetta. Ci parla di un altrove intriso di “romanticismo” in tempi in cui – alla prima di Traviata alla Fenice furono retrodatati i costumi – non si mettevano in scena vicende coeve. Allo stesso tempo la trucida storia parla di noi: racconta di figli fuori dal matrimonio, di figli comperati o ceduti come avveniva nell’Ottocento. Al centro di Trovatore c’è un tema forte e sociale. Ci voleva del gran coraggio a immaginare, e a portare in scena, sentimenti così profondi affidandoli a diversi. Se la si analizza in quest’ottica, la trilogia cosiddetta “romantica” è tutto tranne che romantica: è ideologica ed etica. Mette in campo questioni da coscienza sociale. Descrive sentimenti ‘inammissibili’ per lo status dei protagonisti: come l’amore di Violetta che non è borghese e rompe le apparenze o la carica di tensioni emotive e sociali (potere e sopraffazione) di Rigoletto. Il teatro di regia deve dare vita contemporanea alle opere del passato. Non inseguire la provocazione di per sé. Se l’altrove dell’Ottocento era, anche letterariamente, facile da vedere nella ‘lontana’ Spagna medievale, il nostro è anonimo: riconoscibile dalla polvere che lo ingrigisce e cifra il senso di abbandono tipico delle periferie: uno spazio suburbano – ce ne sono tanti nel mondo, anche in Italia – dove si pratica la forza non l’accoglienza. Il racconto comincia sotto un cavalcavia: sullo sfondo palazzi lucidi di acciaio e cristallo dove vive l’altro mondo. Sotto, scarti di umanità e civiltà. Immaginiamo di camminare sulle ceneri delle anime dei protagonisti. Il teatro del nostro Trovatore nasce dall’oscurità: una sorta di equivalenza tecnologicamente attualizzata della pittura a pece dei fratelli Galliari. Anche se domina un magnifico led wall, al quale è affidata una straordinaria realtà fatta di profondità e di sensazioni visive non altrimenti realizzabili, le due dimensioni espressive e teatrale sono in continuo dialogo”.

Per Francesco Ivan Ciampa approcciarsi a un titolo così celebre e amato significa “specchiarsi, con occhio contemporaneo, nella partitura. Per l’interprete significa riconoscersi, ricrearsi e rinascere nella “traccia” scolpita dal Genio, non per cercare necessariamente un dettaglio nuovo e rincorrere una sterile originalità. Credo che invece sia sufficiente rispettare, amare e conservare la linfa della tradizione con l’intento semmai di sfrondare il superfluo. Il primo obiettivo di un’interpretazione fresca su un testo molto frequentato dovrà essere perciò, per il direttore d’orchestra, quello di costruire “scenografie musicali” per ogni personaggio, attraverso la cura di articolazioni e dinamiche. Il trovatore è un’opera è intrisa di buio, notte profonda e oscura; l’unica luce è quella del fuoco, elemento fondamentale onnipresente in questa vicenda, un elemento che viene citato e descritto da ogni personaggio, e – si badi – ogni volta in una differente tonalità. Dalla tremolante lampa di Leonora, alla pira evocata da Manrico passando per la stridente vampa di Azucena, e ancora la perigliosa fiamma citata da Ines, e poi la luce accecante del rogo dipinta dalle parole del Conte di Luna, fino alla brace descritta da Ferrando. Il trovatore vive di luce arsa: e dunque in ogni suono cercheremo la scintilla”.

I Lombardi alla prima Crociata

“La mia regia dei Lombardi – dichiara Pier Luigi Pizzi – parte da un presupposto, che sembra ovvio, ma non lo è. La partitura. Sì, proprio quello che Verdi ha veramente scritto, come scopro nella revisione critica curata da David Kimbell, di cui ho a lungo discusso con Francesco Izzo e ovviamente col direttore Francesco Lanzillotta. In troppe occasioni mi è capitato, in anni recenti, di assistere indignato a esecuzioni in cui la musica è ridotta al basso livello della colonna sonora, di un modesto film, senza particolare interesse. Per me, di formazione architetto, tutto si regge, al contrario, rigorosamente sulla struttura musicale del compositore. Sulle sue idee, fondamentali specialmente in un’opera come questa, che appartiene ai suoi anni giovanili, anni di instancabile ricerca. A torto si giudica I Lombardi come il seguito di Nabucco, approfittando dell’ondata di indiscutibile successo dopo il debutto scaligero. È invece un’opera per molte ragioni sperimentale, dove Verdi si rimette continuamente in gioco con nuove proposte, a scapito talvolta della drammaturgia, che risulta episodica, frammentaria, piuttosto scoordinata. Mi ha colpito per esempio, l’uso straordinario di un violino suonato sulla scena, in un lungo intervento solistico, come si trattasse di un personaggio vivo. La regia prende forma forse proprio da qui. Da questo personaggio particolare, la cui presenza chiede per forza una motivazione e porta a riflessioni e conclusioni che diventano in qualche modo la chiave di lettura di un progetto, dove la musica è sempre in primo piano. Non spiego qui il meccanismo che ho inteso mettere in atto. Se si capirà, come spero, avremo fatto un giusto percorso interpretativo, in caso contrario non ci sarà bisogno di un processo alle intenzioni”.

Nell’incontro e nel conflitto tra Oriente e Occidente, nelle lotte fratricide e nell’unione contrastata tra Giselda e Oronte, disposto anche a convertirsi al cristianesimo per amore di lei, quest’opera, per molti versi affine a Nabucco, racchiude in sé elementi di profonda attualità. Per il direttore Francesco Lanzillotta “ne I Lombardi alla prima Crociata le dinamiche collettive innescano meccanismi di discussione e riflessione estremamente contemporanei. La condanna alla guerra di Giselda, con il conseguente ammonimento a non usare Dio come alibi, ci proietta all’interno di tematiche che quotidianamente viviamo. Tutto è funzionale alla drammaturgia: il coro, nel suo incarnare più voci e dall’inizio alla fine, è uno dei protagonisti assoluti dell’azione scenica; l’orchestra, ora grandiosa, ora intima, ora violenta, ora raffinata, che dialoga con gli strumenti in scena un violino solista; l’elemento del sovrannaturale con la voce del fantasma di Oronte. I Lombardi alla prima Crociata è tutto questo e molto di più, è soprattutto teatro in cui ragionare, riflettere, porsi delle domande e trovare delle risposte”.

Gala Verdiano

Il ricco programma del Gala Verdiano vede alternarsi ouverture, brani corali, arie e scene da I Vespri siciliani, Otello, Macbeth, Ernani, I Lombardi alla prima Crociata, Nabucco, Aida, Don Carlo. A fare da filo conduttore, i temi politici affrontati da Verdi nelle sue opere, con particolare focus sulla produzione matura, ma senza tralasciare i suoi primi anni.

“Un aspetto che mi interessa sempre è quello del Verdi politico, che propone risvolti legati all’attualità, non ultimo la questione mai risolta sull’opportunità per un artista di occuparsi di politica – spiega Omer Meir Wellber. La risposta di Verdi è chiara, e anche questa contribuisce all’attualità della sua musica sotto il profilo politico. Ho perciò pensato a un programma scuro e anche oscuro, che andasse a toccare anche un paio di punti culminanti come la grande scena di Otello “Dio, mi potevi scagliar”, anche questo uno dei momenti verdiani più profondi e attuali, che impone all’interprete una forte immedesimazione con il personaggio. È questo l’interesse che ho coltivato in questi dieci anni in cui mi sono dedicato tantissimo alla produzione di Verdi. Nel 2013, anno del centenario, ho diretto ben tredici opere verdiane, come sfida personale. Ed è stato un percorso che mi ha fornito tutte le risposte sull’attualità di Verdi e sui motivi per cui la sua presenza nella nostra vita è ancora così importante”.

Parma, 6 dicembre 2023

Teatro Regio di Parma strada Garibaldi 16/A, 43121 Parma – Italia Tel. +39 0521 203969

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