Sara Sgarabottolo ci racconta l’EP d’esordio “Con i miei occhi”

“Con i miei occhi” è l’EP d’esordio della cantautrice padovana, che ha scelto di raccontarsi attraverso cinque brani molto diversi. Il denominatore comune? La dimensione di una rock band, l’immancabile chitarra acustica e il suo timbro di voce scuro e caldo. Quindici minuti di musica per esplorare se stessi, passando attraverso problemi di cuore, spensieratezza, insicurezze e l’intero turbine di emozioni che accompagna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Con queste canzoni, l’artista vuole presentarsi in modo diretto e spontaneo, descrivendo ciò che vive con l’unica verità che conosce: quella dei suoi occhi.

Come hai scoperto la tua passione per la musica e quali sono stati i primi passi nel mondo della creazione musicale?

La mia passione per la musica nasce grazie a mio padre, che è un batterista amatoriale. È stato lui ad avvicinarmi per la prima volta a questo mondo. Ho cominciato suonando la chitarra acustica e dopo non molto ho iniziato ad accompagnarmi per cantare le canzoni che più mi piacevano. Devo molto all’esperienza che mi ha dato suonare dal vivo, con le band e diversi musicisti, perché mi ha aiutato a sciogliermi e a credere di più in me stessa. Dopo X Factor, nel 2020, ho saputo mettere a fuoco il mio progetto e le mie inclinazioni musicali con una maggiore lucidità, ma anche a dedicarmi alla stesura dei miei brani con un approccio diverso. Oggi sento che ogni tassello del mio percorso ora mi torna utile, perché ho un po’ più di consapevolezza, riesco ad avere un quadro generale della mia situazione, ma scrivere le canzoni è molto delicato e ha bisogno di infinita cura e attenzione: questi sono davvero i miei primi passi in un campo che è vastissimo.

Esiste un momento specifico in cui hai realizzato che la musica era la tua strada, un momento decisivo che ti ha spinto a dire: “È questo che voglio fare”?

È stato molto graduale, perché in generale faccio molta fatica a prendere delle decisioni su due piedi. Aver pubblicato il mio primo lavoro è stata una grande spinta, che un po’ mi sono data da sola, per tuffarmi finalmente in qualcosa a cui tengo e per scacciare le insicurezze, ma se è successo è anche grazie alle persone che ho al mio fianco, che credono in me e che mi hanno saputo accompagnare. 

Ogni artista affronta sfide nel percorso creativo. Quali sfide hai incontrato lungo la tua strada e come hai fatto a superarle? C’è qualche lezione particolare che hai imparato da queste esperienze?

Sì, ho capito che la cosa più difficile sarà sempre rimanere se stessi, a prescindere dal contesto in cui ci troviamo. Sembra la solita frase clichè, però più passa il tempo e più mi rendo conto che è estremamente difficile ignorare le regole non scritte che ogni giorno ci vengono sbattute in faccia, e che emergono soprattutto dal confronto con gli altri. In realtà, non ci sono vere e proprie regole, se non l’unica, la più importante: fare solo ciò di cui si è convinti. Per me è tuttora difficile accettarlo, perché sono sempre alla ricerca di conferme, ma ogni errore mi porta consiglio e piano piano sto imparando a gestire gli alti e i bassi di questo percorso.

Nel corso degli anni, hai visto il tuo stile musicale e artistico evolversi. Puoi raccontarci di questa evoluzione e delle influenze che l’hanno plasmata?

Sono molto curiosa, quindi cerco di ascoltare più generi musicali possibili. I Beatles, i Doors e molte altre band degli anni Sessanta e Settanta da sempre giocano un ruolo molto importante nel mio background, perché mi hanno accompagnato sin da piccola. Molti dei miei riferimenti appartengono al passato, ma seguo anche Cesare Cremonini, Colapesce e Dimartino, gli Arctic Monkeys, Calcutta e, più in generale, la scena indie italiana attuale.

A chi sta iniziando la sua carriera artistica, quali consigli vorresti condividere basati sulle tue esperienze e sulle sfide che hai affrontato?

Anche se non mi sento così navigata, credo che ad oggi sia importante non perdere mai di vista il motivo per cui si fa musica: non bisogna dimenticarsi della sensibilità e dell’amore che necessita, come non bisogna lasciare niente al caso. Ciò che conta è dare il massimo delle proprie energie per arrivare quantomeno il più vicino possibile all’idea iniziale che si ha in testa, senza lasciarsi condizionare troppo da tutto il resto.

Parliamo dell’EP “Con i miei occhi”. C’è un messaggio specifico o un’emozione che desideri trasmettere attraverso questo album?

Spero che in questo Ep si possa riconoscere chi ha bisogno di un momento in cui sentirsi fragile, in cui sorridere o semplicemente lasciarsi andare. L’unica cosa che volevo per “Con i miei occhi” era che fosse diretto nella sua semplicità. E anche che colpisse qualche nostalgico come me, con le sue sonorità un po’ retrò.

Guardando al futuro, hai intenzione di esplorare nuovi generi musicali nei tuoi prossimi progetti? Ci sono direzioni musicali che ti intrigano particolarmente?

Ci sono mille cose che vorrei provare e non so davvero da dove cominciare. Uno dei miei obiettivi è proprio quello di prendermi del tempo per sperimentare ed esplorare nuove strade, che potrebbero rispecchiarmi ancora di più di quelle che già conosco. Vorrei aggiungere più elementi elettronici, magari dando più spazio ai synth, ma allo stesso tempo approfondire la musica soul e il sound Motown. Sì, tutto con un po’ di cautela perché, conoscendomi, per fare un disastro il passo è breve.

Infine, pensando alla tua carriera e alla tua musica, c’è un obiettivo o un sogno che hai in mente per il futuro?

Be’, anche solo vivere di musica sarebbe un bel traguardo.

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