Nel “Mortaio” della poesia si mescolano esperienze

L’esistenza umana è come un mortaio in cui pestare e mescolare esperienze di storie antiche e futuri incerti. La miscela di ricordi, visioni ed emozioni è alla base di un cammino libero, mai dogmatico. Ecco perché Daniela Camardella ha scelto il titolo “Mortaio” per la sua opera pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Esso rimanda ai diversi significati che si intrecciano all’interno delle pagine della raccolta. Evoca il processo creativo del verso che vuole presentare la nuda verità delle emozioni non nascondendo al lettore né ferite né cicatrici, né gioie né dolori: polverizzare, unire e creare frammenti emozionali a testimonianza delle personali esperienze e riflessioni su diverse tematiche (amore, morte, disillusione, guerra, pregiudizi, malattia)».

E mortaio è la parola che unisce, con un legame invisibile ma indissolubile, i versi della silloge. «La “dicotomia” del termine – spiega l’autrice, nata a Rieti nel 1979, specializzata in Conservazione e tutela del patrimonio culturale e storico artistico – è simbolo del processo di unione e trasformazione di emozioni e sentimenti che si offrono al lettore con sincerità. Se il mortaio spara proiettili ad alta arcata su bersagli situati al di là di ostacoli, la poesia sfida credenze preconcette e smaschera la falsità. Per questo, accanto a tematiche esistenzialiste, nella raccolta trovano spazio riflessioni sulla guerra e la giustizia».

Dalla natura e dalle esperienze personali e reali scaturiscono emozioni e stati d’animo impressi su un foglio bianco affinché diventino indelebili e condivisibili. Come dice Daniela «la china serve a comunicare e ha come canale l’intimità del genere letterario scelto». Lo scrittore, e in particolare il poeta, esprime il suo sentire sincero lasciando al lettore la polisemia del verso. «L’idea di raccogliere le mie poesie nell’opera “Mortaio” – confessa l’autrice – è maturata strada facendo. All’inizio non credevo di poter scrivere così tanti versi in poco tempo. Non avevo nemmeno contemplato una possibile pubblicazione. Poi, eliminato l’imbarazzo della “condivisione emotiva”, la silloge si è formata da sé».

Le liriche ricercano la musicalità del verso e utilizzano i paesaggi poetici (reali o onirici) come quadri emozionali. Al linguaggio chiaro si accompagna sempre quello simbolico che associato alla natura racchiude significati profondi svelando luci e ombre del sentire. «Daniela Camardella – scrive, nella Prefazione, Hafez Haidar, più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura – racchiude poesie scaturite dal bisogno di scandagliare la propria anima e di giungere all’essenza delle emozioni e delle sensazioni che affollano il proprio cuore. In un moto istintivo, decide di lasciare le parole al loro destino, abbandonando la cervellotica abitudine di ragionare per scegliere quella più adatta e più piacevole all’orecchio altrui, con il significato adeguato e la sfumatura giusta».

La poetessa non smette di cercare se stessa e la verità, una vita autentica in una società sempre più camuffata e stereotipata, e lo fa donandosi alla natura e all’amore, ma accettando anche le sofferenze, attraversandole per poter ricominciare senza rimanerne intrappolata. E’ questo il volto di Daniela. Ed è questo che vuole trasmettere. Il suo volto… il volto dell’altro.

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