A Rivabella un “laboratorio” stabile per le arti sceniche

Severine Isabey ha presentato questa mattina obiettivi e sogni del nuovo Mamì Bistrot: “Rimini non può smarcarsi dal suo passato proponendo solo format banali ed omologati. E’ ora di invertire la rotta e di tornare a fare formazione, creando artisti di livello che, nella loro vita, coltivino un sogno più ambizioso di quello di ballare su un cubo per 100 euro a notte”

A Rivabella è nato qualcosa di nuovo, un laboratorio stabile per le arti sceniche, uno spazio artistico e culturale aperto alla città, dove gli artisti possono incontrarsi, confrontarsi e, laddove possibile, fare rete. Un ‘rifugio di dissidenti’ che, nel nome dell’arte e del gusto del ‘bello’, si oppone alle omologazioni del divertimentificio e della movida, quella che si nutre di sballo, di pierre che dirottano il gregge in base alle provvigioni, che improvvisano show-dinner con ballerine sottopagate, scopiazzando modelli e format senza anima e senza spessore. Nella Romagna del divertimento artificiale e plastificato, il Mamì propone un modello di socialità fatto di contatto e di autenticità, un intrattenimento nato su radici solide e con visioni ambiziose. Un locale dove non si può amare la carne senza baciarne l’anima”. 

Assomiglia ad un manifesto di valori il progetto artistico di Severine Isabey, creatrice del nuovo Mamì di Rivabella di Rimini, il teatro-bistrot sul lungomare Paolo Toscanelli che ha riaperto al pubblico – dopo sei mesi di sfarzoso restyling – nel segno di una nuova “grandeur”.

Un locale non replicabile perché la sua genesi nasce da lontano, dalla Francia degli anni ’60 dove, in un grazioso villaggio franco-tedesco di Montbéliard, patria delle celebri salsicce francesi, la nonna di Severine – oggi 96enne – gestiva un ristorante stellato: “Abbiamo un progetto esclusivo – spiega Madame Mamì – ma, in un territorio abituato ormai ad altro, non è facile comunicarlo. Abbiamo inaugurato il nostro locale con uno show meraviglioso di Jolie Papillon, burlesquer di fama mondiale. Jolie, che in realtà si chiama Ildy Schiavoncini, è di Rimini e, come tanti artisti romagnoli, per inseguire i suoi sogni, è stata costretta ad emigrare. Come lei, in questi anni, ho visto tanti performer di talento obbligati a lasciare la nostra provincia perché, per chi vuol lavorare in questo settore, le opportunità serie sono sempre meno. Negli anni ’80 Rimini ha insegnato a tutto il mondo l’arte dell’entertainment, oggi di quel fulgido vivaio di idee e performer non è rimasto granché. E’ ora di invertire la rotta e di tornare a fare formazione, creando artisti di livello che, nella loro vita, coltivino un sogno più ambizioso di quello di ballare su un cubo per 100 euro a notte”. 

I live-show del Mamì (Les Folies) – prosegue la coreografa del Mamì Serena Bojano – sono un fedele omaggio al mondo del cabaret e del teatro di rivista francese. Interpretati solo da ballerine professioniste (Le Cocotte), gli spettacoli ripropongono le atmosfere seducenti della Belle Epoque, abbinando le gioiose coreografie della Ville Lumière ai piaceri del buon cibo e del buon bere. Il Mamì oggi è l’unico locale dell’Emilia Romagna in cui è possibile ammirare dal vivo un dinner-show fedelmente ispirato agli spettacoli del più autentico cabaret parigino. E’ uno show creato in tanti mesi di prove, acquistando costumi esclusivi, arrangiando brani musicali, provando e riprovando tutte le coreografie come avviene in un vero teatro di posa”. 

All’interno del Mamì abbiamo una compagnia stabile – aggiunge Severine – con tecnici, ballerine e coreografi. L’obiettivo è quello di creare una vera accademia di arti sceniche in cui far crescere i talenti del domani. Non una banale agenzia di ballerine, ma una vera e propria scuola in cui far crescere le artiste e gli artisti e, nel rispetto dei loro talenti e delle loro aspirazioni, svilupparne le potenzialità. Per questa ragione abbiamo avviato una collaborazione con tutte le scuole di danza della Romagna per le quali abbiamo previsto un biglietto d’ingresso quasi simbolico. L’obiettivo è stabilire una connessione, aprire una linea di dialogo con questi enti di formazione, per poter avviare delle sinergie saltuarie o strutturate. Un bambino, del resto, sogna di diventare un calciatore quando vede una partita di Champions. E allora anche una bambina che studia danza ha il diritto di sognare e di vedere, ogni tanto, uno spettacolo fatto da vere professioniste”.

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