Incubi di un mostro è un’opera che esplora il lato oscuro dell’essere umano, affrontando temi complessi come il dolore, la solitudine e la redenzione.
Sara Trevisan, autrice di questo intenso racconto, pubblicato da Argentodorato, è stata selezionata per Casa Sanremo Writers 2025, un evento che si tiene parallelamente al rinomato Festival della Canzone Italiana, e che rappresenta un’importante occasione per gli autori emergenti di farsi conoscere. Attraverso il suo libro, Sara ci trasporta in un mondo di incubi e riflessioni profonde, offrendo uno sguardo unico nella psiche umana.
Il tuo libro si addentra in temi molto personali e profondi. Cosa ti ha spinto a voler esplorare questi aspetti dell’animo umano attraverso la scrittura?
La scrittura è sempre stata per me un mezzo per dare forma a ciò che non riuscivo a esprimere a parole. È un dialogo profondo con me stessa, un luogo dove esplorare il dolore, la solitudine e le battaglie interiori senza filtri. L’idea di affrontare questi temi nasce dalla necessità di comprenderli e di accettarli. Scrivere di ciò che è oscuro significa portarlo alla luce, e questo processo mi permette di crescere, trasformare le ferite in consapevolezza e, soprattutto, creare un ponte con chi legge. Spero che chiunque si trovi ad affrontare le proprie ombre possa riconoscersi nei miei racconti e trovare conforto nel sapere che non è solo.
Nel tuo percorso personale e creativo, quanto gli incubi che descrivi riflettono esperienze o paure che hai vissuto?
Ogni incubo che descrivo nasce da un frammento della mia esperienza. Alcuni sono stati vissuti in modo diretto da me, rappresentando momenti di paura, solitudine o confronto con parti di me stessa che faticavo ad accettare. Altri, invece, derivano dall’esperienza di chi ho avuto l’opportunità di ascoltare e seguire in consulenza. In questi casi, se quegli incubi sono arrivati a farmi scrivere, è perché sono riusciti a smuovermi profondamente, a toccare corde così intime da rendere quelle emozioni parte integrante del mio processo creativo, anche se non erano esperienze vissute in prima persona.
Va detto, però, che quando parliamo di incubi, non si tratta soltanto di paure o valori visti attraverso la metafora: spesso si tratta di sogni veri e propri che ho fatto, visioni notturne che emergono con una forza tale da richiedere di essere raccontate. In questi casi, parlare di esperienze mie o di altri perde quasi significato, perché ciò che conta è il messaggio o la sensazione che quel sogno mi lascia. È proprio da questa fusione di vissuto personale, esperienze condivise e suggestioni oniriche che nascono gli incubi narrati nel libro, con l’intento di offrire al lettore uno specchio in cui riflettere i propri timori e trovare, forse, un modo per affrontarli.
La selezione per Casa Sanremo Writers è un traguardo importante. Come hai reagito alla notizia della selezione e cosa significa per te partecipare a questo evento?
Sapere che Incubi di un mostro è stato selezionato per Casa Sanremo Writers è stato emozionante e gratificante. È un’opportunità unica per far conoscere il mio lavoro e per dialogare con un pubblico più ampio, condividendo temi che sento universali. Partecipare a questo evento significa non solo dare visibilità al libro, ma anche riconoscere il valore di un percorso creativo che è stato lungo e complesso. È una conferma che, anche partendo da una scrittura intima e personale, si può arrivare a toccare il cuore degli altri.
Incubi di un mostro esplora la lotta interiore di una persona con i propri demoni. Qual è il messaggio che speri di trasmettere attraverso questa battaglia?
Il messaggio centrale che vorrei trasmettere è che ogni parte di noi è importante e merita di essere ascoltata. Solo attraverso questa accettazione possiamo trasformare la sofferenza in crescita e la solitudine in una forma di riconciliazione con noi stessi. Credo profondamente che non dobbiamo limitarci a tollerare le parti più difficili od oscure di noi, ma dobbiamo arrivare a comprenderle e persino ad apprezzarle.
Sono innamorata di ogni emozione che vivo e devo dire che quelle considerate “torbide” o “negative” mi hanno fatta sentire estremamente viva mentre le provavo. Sono esperienze intense, meravigliose nella loro capacità di riempire la nostra vita e di spingerci a riflettere su noi stessi.
Emozioni come il dolore, l’odio, la rabbia o la paura sono spesso etichettate come qualcosa da reprimere o superare, ma io le vedo come un’opportunità per scuoterci e di mostrarci chi siamo realmente. E proprio per questo, spero che il lettore possa trovare nel libro un invito a non temere i propri incubi interiori, ma a guardarli come a dei compagni di viaggio pronti a rendere la vita un’avventura pazzesca.
Il titolo stesso è molto evocativo. Per te, cosa rappresenta il “mostro” di cui parli e cosa teme davvero?
Il “mostro” può essere rappresentato da ognuno di noi. È una persona che lotta per legittimare la propria esistenza in un mondo che non sempre la accoglie o la ama. Quando non riceve amore o accettazione dagli altri, finisce per non amare o accettare se stessa, lasciandosi così “mostrificare” dai propri incubi. Quegli incubi possono essere paure, ossessioni, ferite emotive o credenze che ci portano a vedere il mondo attraverso una lente distorta. Affrontare i propri incubi significa guardare quel mostro negli occhi e riconoscere che, sotto l’aspetto inquietante, c’è una parte di noi che vuole solo essere compresa, accettata e amata.
Alla fine, il mostro ci sfida a non temere chi siamo, a non nasconderci, e a riscoprire che anche le parti più ferite di noi meritano cura e accoglienza.
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