La Marmorata – Sulla riva sinistra del Tevere a monte e a valle del ponte Sublicio, si trovano le testimonianze del primo, importante, complesso commerciale risalente alla fine del II secolo: il porto Tiberino.
Era costituito da una vasta banchina, da un molo pavimentato ed attrezzato, dove attraccavano anche navi provenienti dal mare, e da un grosso edificio, a ridosso del molo, che consentiva di poter depositare direttamente le derrate.
In epoca romana questo tratto di sponda era conosciuto come Ripa Marmora, poiché vi veniva sbarcato tutto il materiale lapideo, anche pregiato, come statue, colonne, capitelli, tutto quello che serviva a costruire ed abbellire la Roma imperiale.
Dopo la fine dell’impero romano, che si fa risalire convenzionalmente al 476 d.C., questa zona portuale venne completamente abbandonata e cadde in rovina.
Nel medioevo la Marmorata era collocata nell’undicesimo distretto di Roma, chiamato Regio Ripe et Marmorata, in particolare il secondo nome faceva riferimento al tratto di riva sotto il colle Aventino, dove, sin dall’età imperiale, blocchi grezzi di diverse qualità marmo (marmora) venivano portati a Roma dall’Oriente e stivati in una vasta area di deposito: l’emporium.
I resti dell’emporium emersero per la prima volta nel corso degli scavi negli anni 1868-1870, quasi in concomitanza con la costruzione delle attuali arginature del Tevere. Erano interrati dai detriti trasportati dalla corrente e furono riportati alla luce nel 1952; e, dopo analoga vicenda, nuovamente a partire dal 1974. I ritrovamenti consistono in un edificio con file di ambienti disposti su tre piani e di una banchina lunga circa 500 metri, profonda 90. Si tratta di un esteso molo costituito da una serie di concamerazioni pavimentate da grosse lastre di travertino, che era utilizzato come piazzale di scarico e di smistamento. Un lungo muro inclinato chiudeva verso il fiume questi ambienti ed era munito di pietre d’ormeggio forate per il fissaggio delle gomene. Tutto questo complesso risulta addossato ad un più antico muraglione in laterizio, che delimitava, verso il fiume, un’altra serie di magazzini coperti a volta (Horrea) e aperti verso il quartiere commerciale del Testaccio. Ai piani superiori si svolgevano i veri e propri ambienti, utilizzati probabilmente come uffici e stanze di stivaggio delle merci.
L’emporium era collegato al porto di Ripa Grande dove si trovava l’Arsenale Pontificio, con un cantiere che serviva a riparare i barconi che scendevano e risalivano il Tevere.
Era detto scalo commerciale o Ripa Graeca per distinguerlo dall’altro scalo fluviale posto sulla sponda opposta chiamato Ripa Romea, dai pellegrini, i romei.
Intorno all’850, papa Leone IV, preoccupato dalle minacce dei saraceni, fece costruire due torri sull’una e sull’altra riva, a valle della zona portuale, per assicurarsi contro una risalita a sorpresa del fiume; di notte una catena veniva tirata fra le due torri per sbarrare il passaggio. Un’altra torre fu costruita più a valle, alla quale si addossava una piccola cappella con un’immagine alla quale i marinai rivolgevano l’ultimo saluto: era la “Madonna del Buon viaggio”.
Le torri furono demolite tutte e tre ed ognuna per una diversa motivazione; quella del porto Marmorata, cioè quella sulla sponda di sinistra fu demolita per la costruzione del relativo lungotevere.
Nei primi anni dell’età imperiale qui sorgevano alcune ville, ma a partire dal V secolo le invasioni barbariche ne determinarono la distruzione e questi terreni vennero lasciati praticamente deserti, con l’eccezione di qualche convento sull’Aventino.
Durante il rinascimento cominciò a comparire un certo numero di piccoli mulini fluviali poggianti Su imbarcazioni attraccate presso l’isola Tiberina.
La cloaca di Ripa Marmorata raccoglieva le acque dell’Aventino e quelle degli Horrea e del Porticus Aemilia.