Vittoria Sul Sole (1913) – Il capolavoro del futurismo russo – Teatro Alighieri, mercoledì 21 giugno (prima italiana)
Nell’anno del centenario della Rivoluzione russa, dei “dieci giorni che sconvolsero il mondo”, Ravenna Festival riporta in vita il gigantesco laboratorio in cui allora si elaborò quella nuova grammatica della modernità, che presto si sarebbe scontrata con la cieca ostilità del totalitarismo, in un lacerante rapporto tra artisti, intellettuali e potere. Ma il fragore della nuova arte avrebbe comunque superato “il rumore del tempo” arrivando sino a noi, con tutta la sua dirompente forza innovativa. La stessa forza che il 3 dicembre 1913, al Teatro Luna Park di San Pietroburgo, scaturiva dalla prima opera teatrale cubo-futurista della storia, Vittoria sul sole (“Pobeda nad solncem”), capace di dividere il pubblico: da una parte l’indignazione dei più “conservatori”, dall’altra l’entusiasmo e gli applausi lunghissimi di coloro che alle avanguardie artistiche riconoscevano il ruolo e il merito di aprire la strada a un mondo nuovo.
Un vero e proprio esperimento di opera d’arte totale che però, dopo le prime due rappresentazioni (inframezzate dalla messa in scena della tragedia Vladimir Majakovskij di Majakovskij – per dire, il fervore di quei mesi, non sarà più ripreso, se non esattamente un secolo dopo in occasione del centenario nel 2013, nella ricostruzione realizzata dallo Teatro Stas Namin di Mosca in collaborazione con il Museo Russo di Stato di San Pietroburgo. Lo stesso allestimento, ripreso due anni dopo a Basilea e a Parigi, in questo caso dalla prestigiosa Fondazione Louis Vuitton in occasione di una straordinaria mostra dedicata a Malevič, che Ravenna Festival presenta ora in prima italiana mercoledì 21 giugno al Teatro Alighieri (ore 21).
A concepirla e realizzarla, tre dei più importanti artisti futuristi russi: il poeta Aleksej Kručënych, impegnato nella scomposizione del linguaggio liberandolo dalle pastoie dei vecchi significati, verso una poesia a-logica e a-grammaticale, il compositore Michail Matjušin, che a quei versi risponde con suoni intrisi di quarti di tono e dissonanze affidati a due pianoforti, poi il pittore Kazimir Malevič (sue le scene ma anche i costumi) che proprio in questa opera, con il “quadrato nero” del fondale, inaugura quello che sarà il Suprematismo. A introdurre la pièce, il prologo di Velimir Chlebnikov, maestro, tra gli altri, di Majakovskij, e padre dello zaum’, tipica lingua futurista “trasmentale”, che alla parola applicava le stesse tecniche della pittura cubista, scomponendola e riassemblandola in nuovi agglomerati fonici con inedite sfumature semantiche o del tutto privi di significato. Per progettare l’evento, i tre artisti e amici si erano incontrati pochi mesi prima, durante l’estate, nella dacia finlandese di Matjušin, in quello che si erano spinti a definire il “Primo congresso panrusso dei rapsodi del futuro” e, come era consuetudine in quei tempi fecondi, ne sorti un “manifesto” che annunciava la creazione di una misteriosa opera dal titolo Vittoria sul sole.
Un’opera in due atti, ovvero “agimenti”, (composti rispettivamente di quattro e due quadri) della durata di circa un’ora, dai toni assurdi, drammatici e patetici assieme in cui si annuncia l’annientamento dell’obsoleta e tradizionale logica terrena, simboleggiata dal Sole, e l’avvento di un caos futurista che supera i limiti della comprensione umana. Realizzata allora sotto l’egida dell’Unione dei Giovani di San Pietroburgo, Vittoria sul sole prevede una serie di personaggi-tipo – due Forzuti futuristi, un Viaggiatore in tutti i Secoli, un Malintenzionato, un Grasso, un Nemico, un Aviatore, dei Guerrieri… (secondo i dettami futuristi, tutti maschili) – che si muovono in rigide “armature” cubiste, senza quello che tradizionalmente sarebbe definito un filo narrativo o drammaturgico: solo il susseguirsi di quadri e di figure che si rivolgono al pubblico, quali archetipi di un teatro del tutto nuovo, rivoluzionario, e di una inedita dimensione spazio-temporale (la “quarta” dimensione”) in cui l’abbattimento del Sole, simbolo, agli occhi dei futuristi, dei valori cari alla stantia e stereotipata tradizione poetica del passato, proietta l’umanità in una oscurità in cui tutto è di nuovo possibile: “il mondo perirà ma noi non abbiamo / fine!” così chiudono l’opera i Forzuti futuristi.
Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: da 12 (ridotto 10) a 28 euro (ridotto 25).
‘I giovani al festival’: fino a 14 anni, 5 euro; da 14 a 18 anni e universitari, 50% tariffe ridotte.
Teatro Stas Namin di Mosca
ricostruzione dell’opera cubofuturista russa
Vittoria sul sole (1913)
Opera in 2 agimenti e 6 quadri
musiche Michail V. Matjušin
interpretate e arrangiate da Aleksandr Slizunov
prologo Velimir Chlebnikov
libretto Aleksej Kručenych
regia Andrej Rossinskij
costumi dai bozzetti di Kazimir S. Malevič
scene, video installazioni Grigorij Brodskij dai bozzetti di Kazimir S. Malevič
coreografie Ekaterina Gorjacˇeva
Interpreti
Aleksandr Bogdanov, Grigorij Brodskij, Ivan Fedorov, Ekaterina Gorjačeva, Julja Grigor’eva, Ivan Guskov, Anna Jakimova, Ilina Kudrjavtseva, Jana Kutz, Oleg Litskevič, Konstantin Muranov, Nikolaj Novopašin, Vladimir Filippov, Andrej Jakimov, Valerij Zadonskij, Vera Zudina
Aleksandra Popova primo pianoforte
Anastasja Makuškina secondo pianoforte
in collaborazione con Museo Russo di Stato di San Pietroburgo
Primo Agimento
Primo quadro (pareti bianche e pavimento nero). Il sipario non si solleva, ma viene strappato da due Forzuti futuristi che, al grido di “Tutto è bene quel che comincia bene!” e “Non ci sarà fine!”, dichiarano guerra contro il Sole, seguiti da Nerone/Caligola, simbolo della tradizione da abbattere, dal Viaggiatore in tutti i secoli e dal Malintenzionato, che instaurano un dialogo interrotto dall’ingresso di una mitragliatrice futurista, di un Attaccabrighe e di un Nemico, protagonisti di uno scontro. Un discorso del Malintenzionato, che mima mosse da calciatore, conclude il primo quadro.
Secondo quadro (pareti e pavimento verdi). In scena ancora il Malintenzionato a cui si uniscono dei Guerrieri nemici, eppoi degli Sportivi e i Forzuti futuristi che descrivono la battaglia contro il Sole annunciando la vittoria ormai prossima (“Il sole infine è eclissato/il buio intorno è fitto/prendiamo i nostri coltelli/e chiusi a chiave aspettiamo).
Terzo e Quarto quadro (pareti e pavimento neri). Molto brevi, vedono in scena, vedono in scena rispettivamente dei Becchini e le Persone che portano il Sole prigioniero, concludendo il primo “agimento” con la proclamazione della sua definitiva sconfitta.
Secondo Agimento (nel Decimo Contrado)
Quinto quadro. Si apre su una scena rovesciata (“sono raffigurate case con le pareti esterne ma le finestre danno stranamente verso l’interno…”), in cui compaiono vari personaggi: “Occhio screziato”, i Codardi, i Nuovi, un Declamatore, il Grassone. Essi descrivono il nuovo mondo senza Sole, un mondo in cui non c’è più forza di gravità, molti sono stati colti da pazzia e non esiste il passato.
Sesto quadro. Il Grassone, un Vecchio abitante, un Lavoratore attento continuano a descrivere l’universo capovolto conquistato dopo la caduta del Sole, caratterizzato dalla supremazia della velocità e della tecnica nonché dal caos a causa del quale la disposizione delle cose cambia continuamente. Altri personaggi entrano in scena cantando il nuovo mondo, fino all’entrata finale dei Forzuti futuristi che, tornando sulle parole pronunciate in apertura, concludono l’opera: “Tutto è bene quel/che comincia bene/e non ha fine/il mondo perisce ma noi non avremo fine!”.
Teastro Stas Namin
Fondato dal regista Stas Namin, il teatro che prende il suo nome nasce nel 1999 per lavorare alla creazione di una versione russa del musical Hair, con una compagnia di giovani attori affiancati da specialisti americani. Dall’anno dopo, quel musical viene interpretato esclusivamente da una compagnia russa – che poi lo metterà in scena con successo anche a Los Angeles e a New York. Da allora il teatro viene continuamente rinnovato con l’entrata di giovani attori capaci di recitare, cantare, ballare. Con una duttilità che permette alla compagnia di spaziare dalla tragedia alla commedia, dal musical all’opera rock: da Garcia Lorca a Puškin, da Jesus Christ Superstar a Beatlemania. Accomunati da accuratissimo lavoro interpretativo, che coniuga la tradizione drammatica russa con i codici teatrali internazionali. La produzione di Vittoria sul sole è andata in scena a Basilea e a Parigi (per la Fondazione Louis Vuitton). Il Teatro Stas Namin, è regolarmente in tournée in Russia e all’estero.