Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne, il libro di Claudia Attimonelli e Vincenzo Susca. La pornografia non è più eloquente nel descrivere il lecito e l’illecito del nostro campo visivo. La scrittura si rivela goffa dinanzi alle nuove forme dell’oscenità che abitano tra le mura delle nostre case e si fanno socialità corporea.
“Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne” (Mimesis, 2016; pp. 142) di Claudia Attimonelli e Vincenzo Susca ama parlare delle viscere di ciò che si vede, di come l’ambiente mediatico che ci plasma perde rappresentanza di fronte all’iniziativa individuale e di massa di eros e di contatto.
L’autrice e l’autore in questione puntellano di riferimenti storici l’evoluzione dell’immaginario pubblico focalizzandosi sul post seconda guerra mondiale come uno dei momenti nevralgici dell’umanità in cui la tecnica ha esibito le sue tragiche contraddizioni. Carne umana come paesaggio creato da se stessa. L’umanesimo e la scienza che si sposano in modo osceno.
Una riflessione iniziale su porno e contatto dopo la lettura del testo suggerisce alcune domande: si può decidere di stare con gli altri? L’oscenità è davvero diventata di dominio pubblico? “Pornocultura” è un saggio orientato a demistificare l’esistenza stessa di una soglia pubblico-privato, lasciando proprio alle voluttà il compito di definire il corpo sociale attraverso processi storici e semiotici che sfuggono al “tempo libero” o all’ “intimità” classicamente intesi.
>> Il Web 2.0 è la protesi umana privilegiata per studiare cosa resta dell’oscenità e con quali mediazioni si diverte e provoca la nuova carne. Da qui l’incessante interrogativo su quale nuovo conformismo, su quali nuove necessità, su quale nuova (im)possibilità di stare al mondo. Da individui.
Il rapporto tra il corpo e l’astrazione è affrontato dal punto di vista mediologico, artistico ed estetico, con sottolineatura della percezione quale facoltà umana per eccellenza. Laddove il libero arbitrio non solo non è contemplato ma esplicitamente scansato da ogni equivoco di razionalità. Morte ineluttabile, finalmente.
L’eroticità raccontata in queste pagine è profondamente legata alla ricerca della perdita di potere, da parte del soggetto che brama l’oggettificazione del desiderio e da parte dell’occhio che guarda perché si tocchi. Instagram, Facebook, Snapchat, talk-show, politica del gossip, tutto sembra mirare a mutuare dal desiderio la malleabilità nel mortificare la carne ed erotizzare la morte.
La manipolazione dell’osceno può passare dalla censura di uno scatto su Instagram nel 2013 in cui l’artista canadese Rupi Kaur pubblica una serie di foto intitolate “Period” sul ciclo mestruale. L’immagine ritraeva posteriormente la stessa Kaur adagiata sul letto in cui si notava una macchiolina di sangue sul suo pigiama e sulle lenzuola. È questa la nuova frontiera dell’accettabilità del nudo. L’abominio dei liquidi e tutto ciò che rende visibile la vita interna della carne segnalano la necessità di controllare il desiderio.
L’oggetto del piacere e dell’impegno si slega dall’umana reciprocità e imprevedibilità come nel caso delle Love Dolls (p. 41) in cui è l’essere umano che si schiavizza per una passione accuratamente scelta e pre-ordinata. Capelli, occhi, denti, viscosità ben plastificate, non sono più oscenità da relegare ai sogni indomiti della notte.
Il porno 2.0 non è solo l’architrave spaziale del nostro tempo – domestico e lavorativo – ma insiste sullo sbottonarsi della cerniera della rappresentatività: ti eccita riconoscerti, essere in sintonia con qualcuno/a o ti eccita l’impotenza, la riverenza? Ciò che si prova è sempre più coniugabile con ciò che si vede. L’occhio non crede, mobilita.
E allora cosa si appresta ad essere osceno nell’epoca dell’onnipresenza e dell’amorosa scomposizione dei corpi? Forse il racconto dettagliato e partecipato dell’atto sessuale che ha portato alla nascita di un figlio. Un nodo del non-detto da sciogliere. Il ricordo di tali episodi si mostrerà nitido e con eccezionalità, positive o negative. In tal senso, le origini potrebbero tornare in auge come mito dell’opinione pubblica e la storia sarà sempre più un interstizio dell’umanità. Come la volontà. Come la politica.