Al Gay Village, arriva L’Aria, uno spettacolo di forte denuncia rappresentato da una compagnia di attori under 30

Al Gay Village di Roma, arriva L’Aria, uno spettacolo di forte denuncia rappresentato da una compagnia di attori under 30 – Con i patrocini di Amnesty International“per la sua efficacia nel descrivere la vita e il passato delle persone che vivono recluse, e ricordare al pubblico, ancora una volta, alcune storie spezzate e finite troppo presto” e dell’Associazione Stefano Cucchi Onlus: “per aver dato voce in modo coinvolgente a storie e a situazioni che si trovano a vivere i detenuti nelle carceri italiane, sensibilizzando allo stesso tempo sul tema delle morti di stato e sulla necessità di fare luce e giustizia“, arriva il 22 giugno al Gay VillageL’Aria, uno spettacolo di forte denuncia sociale rappresentato da una compagnia di attori under 30.

Diretti da Giulia Paoletti, gli interpreti Alessandro Calamunci Manitta, Andrea Colangelo,  Pierfrancesco Nacca e Gabriele Sorrentino raccontano la storia di quattro detenuti: Nicola, Mario, Rosario e Carmine rinchiusi in un istituto di detenzione del nostro Paese. Un racconto che dura un’ora, un’ora sola per sentirsi liberi, per respirare aria pulita, un’ora sola per guardare il cielo. Raccontano pezzi della loro vita, quella vera, prima di essere reclusi, fino ad arrivare poi al momento della carcerazione. Cosa si nasconde dietro ai loro reati? Dietro a quei volti scavati, dietro al loro taglio di capelli, dietro a quelle tute acetate? Forse, semplicemente, solo uomini. Perché potresti essere tu, o io, ma che differenza fa? Ed è questo che si vuole raccontare: storie di uomini, di abusi, di disagio e di sofferenza; il tutto narrato sotto forma di intervista, con l’idea di ricreare una realtà a noi sconosciuta: usi, costumi, gerghi, consuetudini e gesti, pezzi ricuciti insieme, in un abito che possono indossare tutti.

NOTE DI REGIA

di Giulia Paoletti

Il motivo iniziale che mi ha spinto a voler lavorare registicamente su questo testo è la forma che è stata scelta dall’autore per raccontare il vissuto dei quattro personaggi. L’intervallarsi dei dialoghi dei detenuti ai brevi monologhi (che sono la risposta ad un’intervistatrice che non viene, però, mai messa in scena) dà un ritmo molto preciso alla storia. Quello che ho ricreato con gli attori in scena è proprio questo tempo scandito e monotono che traspare attraverso i gesti, le parole, la ripetitività quasi ossessiva dei singoli passi e delle traiettorie. Sono partita da un training fisico, spesso accompagnato con della musica, per ricreare un luogo circoscritto che può essere quello di un cortile di un carcere o i pochissimi metri quadri di una cella e ho dato delle regole specifiche da seguire per far sentire gli attori costretti a rispettare una disciplina precisa. In un clima così ferreo diventare vulnerabili è più facile e i personaggi si reggono infatti su un equilibrio molto precario. Inoltre c’è stata un’approfondita ricerca iniziale rispetto ai quattro personaggi tramite esercizi sensoriali e di improvvisazione che ha permesso ad ogni attore di avvicinare il proprio personaggio a sé stesso e di farlo vivere trovando il giusto equilibrio tra l’esperienza personale e quella del personaggio. Nel testo, in più, traspare una quasi totale assenza di giustizia e di rispetto delle regole da parte di chi, invece, dovrebbe dare l’esempio. Chi ha il potere spesso è il primo che trasgredisce le leggi e che abusa della propria forza. Davanti a questo ci si può sentire o totalmente impotenti e lasciarsi andare o assurgere ad un esempio universale di vittima dell’umanità.

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