La recensione
Che tipo di film è Via Don Minzoni n.6? A primo impatto potremmo definirlo un film biografico. In fondo si tratta di una storia vera: quella del regista Andrea Caciagli, che ha impresso sulla pellicola una vicenda che lo ha visto protagonista in prima persona. Alla morte dell’amatissima nonna i parenti hanno messo in vendita l’abitazione. Il film prende il via proprio da questo antefatto, con un focus sulla notte che Andrea deve passare in quella casa, nell’attesa che al mattino arrivino i nuovi proprietari per la consegna delle chiavi.
Se questo fosse il riassunto di Via Don Minzoni n.6 probabilmente verrebbe da chiedersi cosa ci sia di così eccezionale in un simile racconto. Cosa potrà mai accadere in quelle poche ore?
Per me è proprio qui che sta il valore del film: nella capacità di dare uno spessore unico a questa notte prima dell’alba, trasformandola in una metafora che può riguardare ogni spettatore, dai più giovani a coloro che hanno alle spalle qualche anno in più di esperienza.
Partendo da una premessa all’apparenza semplice Caciagli ha affrontato un viaggio estremamente intimo. Da un lato c’è una tendenza centripeta, a mostrare quelle che sono le sue emozioni, esplorando il proprio sé interiore. Un vero e proprio flusso di coscienza messo sullo schermo. Dall’altro c’è un movimento centrifugo, che porta a coinvolgere lo spettatore e a farlo entrare con forza nella prospettiva del protagonista.
Il merito va anche all’idea di portare in scena non solo Andrea, l’alter ego del regista, ma di far sì che potesse contare sulla compagnia dei suoi amici storici. Di minuto in minuto assistiamo a scene che sono la celebrazione dei ricordi, della nostalgia e di quelle amicizie adolescenziali che tutti portiamo nel cuore. Tra gli amici di Andrea sarà facile riconoscere anche i nostri di amici, ricordando le avventure e le mille esperienze divertenti vissute insieme.
Via Don Minzoni n.6 mi piace, e voglio rivedere questo film il prima possibile. Mi piace perché Caciagli non si limita a mostrare la nostalgia del protagonista, ma la elabora in qualcosa di più complesso. Ad un certo punto si ha la sensazione di leggere tra le righe un qualcosa di simile a una specie di ritualità. È come se il protagonista, e noi con lui, finisse per accettare in quelle ore sia il lutto per la scomparsa della nonna, sia il passaggio verso un nuovo periodo della propria vita. A volte può sembrare difficile scindere gli elementi che compongono la simbologia interna al film. Ad esempio la nonna per certi versi è la personificazione dell’infanzia, un periodo di gioia privo di preoccupazioni, che ad un certo punto ognuno deve avere il coraggio di lasciar andare.
Da un punto di vista più tecnico non ho davvero nulla da dire. Caciagli imprime in ogni scena la sua personalità, e mostra di essere un regista pronto a crescere molto nei prossimi anni. Vi consiglio di seguirlo perché saprà stupirci. Il cast è composto da attori giovani ma decisamente molto capaci. Ognuno ha saputo dare maggiore spessore ai personaggi, anche nelle piccole battute. Bravi, davvero bravi.
Michela Del Bosco