Angelo Iannelli: luoghi non luoghi dove ritrovarsi

È così che li descrive i vicini margini, come una sorte di frontiera, di luogo-non luogo dove potersi ritrovare. “Vicini margini” è il titolo del nuovo disco di inediti in studio di Angelo Iannelli, disco che porta con se un suono moderno in perenne ricerca di personalità. I margini li sento anche dentro il gusto di periferia, di città quotidiane, di serate d’autunno di una normalità. Ma li sento anche dentro l’eccentricità digitale da club berlinese. Basta lasciarsi andare con la fantasia…

Titolo sghembo e interessante. Cosa sono per i “Vicini margini”? Che allegoria di vita è?
Forse è il luogo immaginario dove potremmo (ri)trovarci interiormente, vicino ai margini della vita, lontani dalla vita ma non troppo, vicini ma non troppo.

Secondo te la vita si misura in vicinanze non soddisfatte (per così dire)?
O in lontananze non soddisfatte. Sono due criteri interessanti.

E perché una macchina da scrivere in copertina?
“Vicini margini” è un disco da leggere, oltre che da ascoltare, così suggerisco. Ma c’è un’altra motivazione: la scrittura è sempre stata la mia passione. A parte gli inizi con i primi spettacoli teatrali, come la “Medea” del 2005 diretta da Emanuele Faina, ho sempre scritto tantissime cose diverse: tre libri, le sceneggiature di molti cortometraggi e lungometraggi, drammaturgie per il teatro, articoli di vario genere su “Roma Capitale Magazine” e su “L’Eco del litorale” e i testi di tutte le mie canzoni. Insomma, la scrittura è l’oggetto di tutte le mie attività, sia artistiche sia lavorative in senso più stretto, visto che ho insegnato sceneggiatura e regia cinematografica alla scuola “Clesis Arte” di Roma e attualmente insegno Lettere in una scuola superiore della Capitale. Dopo una vita all’insegna della scrittura, insomma, la macchina da scrivere è un omaggio assolutamente obbligatorio.

Un suono che poco si rivolge al futuro. Molta critica lo paragona all’indie pop che fa resuscitare gli anni ’80. Ti ci vedi dentro?
In parte sì, in parte lo ricollego agli anni Settanta, in fin dei conti ho sempre ascoltato musica di quel periodo là, pur essendo cresciuto negli anni Novanta e Duemila: dal cantautorato dei vari De Gregori, Venditti, Rino Gaetano, Bennato e Cat Stevens, solo per citarne alcuni, al rock dei Rolling Stones e degli Eagles su tutti, passando per il country degli stessi Eagles e di tantissimi altri. Mentre tutti ascoltavano i Green Day, gli Oasis e i Lùnapop, io a quindici anni sapevo a memoria i pezzi di Bennato.

Io ascoltando questo disco penso alla periferia… è un margine del centro, vicino ma neanche tanto. Il suono poi è li che mi porta… che ne pensi?
Mi affascina molto l’idea che il mio disco faccia pensare alla periferia. Anche in senso meramente geografico, ho vagato senza meta, cercando di avvicinarmi al centro o di allontanarmene, per tantissime città in giro per il mondo. Sono nato a Benevento e sono ormai romano d’adozione, essendo a Roma da tantissimi anni, ma nel tempo, poiché mio padre era un pilota dell’Aeronautica e veniva spesso trasferito, ho vissuto in tantissimi posti diversi, da Brindisi a Roma, passando per Frosinone, Malta e la Siria. E dimentico sicuramente qualcosa.

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