Nel celebre poema “The Cantos” Ezra Pound recita con incredibile coraggio che il “paradiso dell’uomo è la sua buona natura”, con analoga forza l’intera attività di Cesare Zavattini (Luzzara 1902, Roma 1989) ha concentrato la sua attenzione sull’essere umano e sulla sua natura nobile e tragica al contempo.
La constatazione dell’inarrestabile, progressiva, demolizione dell’essere umano, ad opera di quelli che Zavattini chiamava, con il suo caratteristico umorismo, i campioni della cultura dei pochi, è stata uno dei motivi che ha guidato tutta la sua multiforme e sfaccettata opera, interamente tesa nell’arduo compito di trovare una strada che disincantasse questo osceno processo.
I documenti autografi, i libri, le fotografie, gli appunti, i manifesti originali, ma anche la sua stessa voce in “Non libro” ed infine l’ultima opera testamento, ovvero il film “La Veritaaaà”, dove Zavattini è sceneggiatore, regista e attore, sono gli elementi in mostra da martedì 9 febbraio a mtn | museo temporaneo navile di Bologna.
Nonostante la collezione di Massimo Soprani, segretario di Zavattini a Luzzara per trenta anni, disponga di moltissime opere di pittura e incisione (inedite), si è deciso per questa prima tappa dedicata al maestro di non concentrare l’attenzione sull’aspetto prettamente artistico, bensì predisporre un territorio dove avvicinarsi al suo nucleo di pensiero. Il quale, conosciuto e approfondito nella sua stupefacente radicalità, potrà, non solo fare apprezzare maggiormente la sua ispirazione pittorica, ma offrire degli strumenti conoscitivi per decifrare l’incredibile contraddizione che vede l’essere umano autore e artefice del proprio declino.
Per comunicare visivamente la mostra e farla vivere nel complesso periodo storico che stiamo vivendo, si è deciso di fotografare alcuni giovani studenti universitari in stretto rapporto con le opere e i documenti esposti. Questa relazione ha lo scopo di comprendere che oggi più che mai l’opera d’arte ha bisogno di essere attivata dall’energia degli esseri umani per concretizzarsi come realtà vitale.
La mostra è curata da Marcello Tedesco e accompagnata da un saggio critico di Antongiulio Vergine.