Antonio Leccese è un giovane medico fresco di laurea: squattrinato, scapestrato, impulsivo, farfallone, superficiale nei rapporti con l’altro sesso e anche mammone, ma con molta inventiva.
Dovendo svolgere obbligatoriamente il servizio militare in Marina (siamo nel 1982), vince inaspettatamente il concorso per Allievi Ufficiali di Complemento in Accademia a Livorno e decide quindi di sfruttare la situazione offrendosi volontario per la missione di pace in corso in Libano, attirato dal ricco compenso in denaro.
In questa sua avventura trascina con sé un sottufficiale infermiere, Michele Esposito, napoletano verace che è l’esatta antitesi del suo carattere: uomo semplice, con i piedi ben piantati per terra, con un saldo rapporto con la famiglia e in attesa di sposare la sua fidanzata Carmela, non appena raggranella un po’ di soldi. Quale migliore occasione quindi che guadagnare tanti soldi in così poco tempo e “senza grandi rischi”? Fra loro si instaura una solida amicizia che li porta ad affrontare insieme questa avventura verso l’ignoto.
Una volta a Beirut, presso l’accampamento del San Marco, sono affiancati inaspettatamente da una graziosa e riservata crocerossina: Federica Migliore, il cui fascino, acqua e sapone, fa perdere la testa ad Antonio che è deciso a sposarla seduta stante. Peccato però che Federica ha dietro di se una storia molto torbida, inoltre, quella che sembrava una tranquilla missione di pace, “senza grandi rischi”, si rivela invece una pericolosa trappola di guerra dove di rischi ce ne sono, eccome!
Fra bombardamenti, attentati e massacri, nell’infuriare di una guerra civile con episodi atroci e sconcertanti, la storia tragicomica di un grande amore, una grande amicizia, una grande avventura.
Parlaci del tuo amore per la scrittura: come e quando hai deciso di diventare scrittore?
Ricordo ancora in quinta elementare il mio maestro lesse entusiasta alla scolaresca un mio compito in classe che riguardava la descrizione di un momento di vita in famiglia. Ricordo che il mio testo descriveva con toni ironici e macchiettistici il trambusto di un mattino nella mia famiglia composta dai miei genitori e dai miei due fratelli. L’ansia per accaparrarsi l’uso del bagno unico, il caos durante la frettolosa colazione le raccomandazioni, sempre uguali e intimidatorie di mio padre prima di recarsi al lavoro a noi figli tutti studenti, il tutto con i dovuti errori di un bambino di dieci anni. Già da allora ero un avido lettore di libri d’avventura e da buon lettore immaginavo come potermi cimentare nello scrivere anch’io un romanzo ed eccomi qui dopo aver affrontato una vita a provare a scrivere anch’io l’ennesimo libro. Volevo concludere sottolineando che il Maestro di cui ho parlato in precedenza, vero e immenso personaggio da libro Cuore, si chiamava Leccese e per onorare il suo ricordo il personaggio principale porta il suo cognome.
Oltre alla scrittura, quanto l’esperienza di lettura ha influenzato il tuo stile e la tua narrativa?
Sono sempre stato un avido lettore di tutto già in età precoce. Leggere un bel libro per me è ancora oggi il mio passatempo preferito. Dai Tre Moschettieri alla saga di Patrick O’ Brian, da Guareschi alla Rowling per citarne alcuni. É dalle opere di questi autori che ho tratto l’idea di un libro di avventure in cui fosse l’amicizia uno dei cardini della storia. L’amicizia come legame inossidabile e duraturo forse anche più dell’amore.
“BEIRUT 1983 Storia d’amore e di guerra” è il tuo nuovo romanzo. Qual è stato l’input che ti ha spinto a scriverlo?
Il tutto parte da una mia esperienza personale, quando ho svolto il servizio militare obbligatorio, la Naja, anni fa negli anni Ottanta. Una esperienza da me scongiurata sino all’ultimo, poi rivelatasi uno dei periodi più belli della mia vita. Da questa esperienza culminata con la missione in Libano è partita l’idea di ambientare una storia d’amore e di guerra appunto, ma non è assolutamente un libro autobiografico.
Da quale idea nasce la scelta del titolo? Perché “BEIRUT 1983 Storia d’amore e di guerra”?
Come ho già detto il sottotitolo “Storia d’amore e di guerra” perché le storie più avvincenti hanno sempre come sfondo un evento drammatico se non tragico. La guerra purtroppo ha fatto da sfondo a tantissime storie d’amore una per tutte: “Addio alle armi” di Hemingway, e di amicizia come nei libri di O’Brian che ho citato in precedenza e come nel caso del mio libro. Spero che il lettore venga coinvolto nel racconto che oscilla tra momenti comici se non addirittura farseschi dei protagonisti a eventi tragici e sconvolgenti dovuti al teatro di guerra che impatta nelle vite dei nostri personaggi travolgendoli ed esaltandone i difetti e le virtù come quando avviene quando sei posto davanti a scelte drammatiche.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere la storia?
Pochissimo tempo. La storia è stata scritta di getto, le frasi, le parole, gli avvenimenti sono sgorgati da me come da un recipiente saturo di idee come era il mio animo a cui è stato tolto il tappo della soggezione, dell’imbarazzo, della timidezza a scrivere una storia con parole proprie.
Quali consigli daresti agli aspiranti scrittori che stanno cercando di intraprendere il loro percorso nel mondo della narrazione?
Scrivete, scrivete sempre. Raccontate qualcosa che rimanga in eterno.
Qualche anticipazione per i tuoi prossimi lavori e impegni?
Sono già pronti due seguiti al libro che, mi assicura chi li ha già letti, sono ancora più avvincenti del primo. Mi auguro che il libro sia gradito ai lettori per poterne pubblicare il seguito.