Caironi, Porcellato e Bebe Vio: tre raggi di sole per lo sport – Nessun posto libero all’Auditorium Santa Chiara per ascoltare tre fra le più forti atlete paralimpiche al mondo. Tre generazioni diverse che hanno dimostrato concretamente come nessun limite fisico é tale se c’è forza di volontà e voglia di non arrendersi. Martina Caironi, con una protesi alla gamba destra, detiene il record assoluto nei centro metri piani: 14 secondi e 61 centesimi. Poco altro da aggiungere di fronte a storie che sembrano incredibili.
Francesca Porcellato, una delle più poliedriche atlete di sempre, ha partecipato nel 1988 a Seul alla sua prima Paralimpiade nell’Atletica leggera per chiudere a Rio de Janeiro nel 2016 con l’handbike: “Prima di partire verso la Corea trenta anni fa, insieme ad altri atleti ci trovavamo al bar dell’aeroporto di Roma. Si avvicinò un signore per chiederci dove fossimo diretti; rispondemmo Seul. Beh, lo stesso signore ci domandò quale santuario fosse presente nella capitale asiatica. Dopo diversi anni, questa volta a Milano, eravamo in partenza per le Paralimpiadi invernali di Vancouver. Con tutti i nostri equipaggiamenti avevamo praticamente invaso il check-in e temevano che gli altri passeggeri potessero lamentarsi. Niente di tutto ciò, anzi. Diversi di loro ci riconobbero informandosi sulle date delle nostre gare. Questo esempio solo per farvi capire quanto è cambiata la considerazione di ciò che facciamo”. Francesca Porcellato ha subìto l’amputazione di una gamba nel 2007 e nel 2010 correva già con una protesi: “L’impatto con l’universo delle Paralimpiadi – ha detto – è stato magnifico. Oltre ad entrare in contatto con tante altre persone con i miei problemi ho potuto conoscere molto altre disabilità imparando che si può sempre crescere e migliorare. Cerco di essere un’atleta a 360 gradi, seguo un regime alimentare e una preparazione sullo stesso livello di chi non ha disabilità”. Bebe Vio si è invece soffermata sulla vittoria della medaglia di bronzo olimpica nel fioretto a squadre: “Pensate – ha detto – che inizialmente non eravamo neppure qualificate, siamo state avvisate solamente un mese prima. Prese singolarmente nessuna di noi era all’altezza di diverse altre compagini, la vera differenza l’ha fatta la nostra volontà di essere squadra nel senso più profondo del termine. Siamo una piccola famiglia anche quando non gareggiamo e quella vittoria è stata, sino ad ora, il momento più bello della mia vita. Non c’è paragone con l’oro che ho conquistato nel singolo”. (sf)