I Cannibali Commestibili sono un trio alternative rock italiano concepito una notte di molti anni fa, in un bosco, attorno ad una lamiera arrugginita sopra la quale stava cuocendo del maiale.
Quella notte attorno al fuoco Turo (basso), Daniel (chitarra) e Maurizio (batteria e voce), circondati dagli alberi e dall’odore di grasso che cola, si scambiano la promessa che un giorno avrebbero suonato assieme.
L’occasione si presenta dieci anni più tardi quando, in preda ai fumi delle grappe, i tre vedono per la prima volta il documentario “Cannibals in the jungle”. Quella visione turba profondamente il loro equilibrio psicologico, e anche se in un secondo momento il trio scopre che il documentario era in realtà un falso ormai era già troppo tardi, la loro natura cannibale era stata risvegliata e urlava a gran voce la sua fame.
Generati da quelle urla in una notte d’Autunno, i Cannibali Commestibili vedono così finalmente la luce e lanciano il loro primo roboante album!
Durante il 2020 decidono di allontanarsi dalla città e di ritrovarsi nella foresta, per sprigionare nuovamente la loro natura, che si dimostra però mutevole, non solo cannibale ma anche incazzata e cinica. Da quest’esperienza nasce il loro secondo disco, “Dio sta invecchiando male” pubblicato da Overdub Recordings, disponibile sulle piattaforme digitali e in formato fisico da venerdì 3 novembre 2023.
Raccontateci com’è iniziato il vostro percorso musicale. Qual è stata la scintilla che ha acceso la vostra passione per la musica?
Siamo un trio, e ognuno di noi ha avuto una scintilla diversa, con la banda di paese, con il blues o con un’armonica da soli in camera. Sentire le band locali provare nei centri giovanili dei nostri paesi, che mettevano a disposizione le sale prove, sicuramente ci ha fatto capire che c’era la possibilità di farlo. Abbiamo così messo sui nostri primi gruppi, Ska Punk (Maurizio e Daniel) e Metal (Paolo), e dividendo spesso i palchi ci siamo conosciuti ed è nata la nostra amicizia musicale e non solo.
Esiste un momento specifico nella vostra carriera in cui avete sentito che la musica era la vostra vera vocazione?
Non crediamo ci sia un momento di vocazione nel nostro percorso, c’è però un passaggio preciso in cui abbiamo sentito di voler suonare insieme, noi tre.
Eravamo in un bosco, attorno ad una lamiera arrugginita sopra la quale stava cuocendo del maiale. Proprio quella notte abbiamo deciso di suonare insieme. Alla fine è successo, dieci anni più tardi, quando abbiamo deciso di scrivere il nostro primo album “Cannibali Commestibili”.
Affrontare sfide è parte integrante della crescita artistica. Quali difficoltà avete incontrato e come avete imparato a superarle nel vostro cammino?
La prima sfida che ci viene in mente è quella della “lingua”. Facciamo un genere, e scriviamo le voci in maniera molto “anglofona”, infatti i primi testi erano in inglese. Abbiamo ragionato molto sulla possibilità di scrivere in italiano, e dopo diversi tentativi abbiamo capito che poteva funzionare e che ci avrebbe dato una possibilità espressiva maggiore. Anche oggi, dopo qualche anno, scrivere testi in italiano, sopra a quello che suoniamo non risulta immediato, ma siamo convinti di aver fatto la scelta giusta per il nostro progetto.
La seconda sfida è invece più recente, l’abbiamo affrontata proprio durante la registrazione e produzione del disco appena uscito. Avevamo un obiettivo preciso per il sound di questo album; trasmettere questa idea di sonorità alle persone che hanno collaborato con noi nel progetto è stato complesso. C’è da dire che abbiamo lavorato con grandi persone e professionisti, e dopo qualche confronto, tutto è andato nella direzione che volevamo.
La musica è in costante evoluzione. Come descrivereste l’evoluzione del vostro stile musicale e artistico nel corso degli anni?
Durante la scrittura del primo album, abbiamo voluto creare qualcosa di simile ai nostri ascolti, un misto tra stoner e hard blues, tra grunge e alternative italiano. Un tentativo di fare qualcosa che ci piacesse suonare e che fosse vicino ai nostri gusti. Con “Dio sta invecchiando male” invece ci siamo presi le nostre libertà. Libertà di improvvisare, libertà di sputare fuori tutto e libertà di sperimentare con suoni più elettronici. Ma non perché volevamo imitare qualcuno o perché il genere lo imponesse, solo perché in quel momento ci sentivamo di farlo. Ed è forse questo che si sente nella nostra sonorità attuale, una libertà di espressione maggiore, senza troppe complicazioni o clichè.
Per coloro che stanno iniziando nel mondo della musica, quali consigli fondamentali vorreste condividere sulla base della vostra esperienza?
Lo studio è molto importante, da una base solida iniziale e fornisce regole e strumenti che molto spesso aiutano a trovare la migliore soluzione sia live che in studio. Oltre a questo però, è fondamentale lasciarsi influenzare, da chi ci circonda, da chi suona con noi e dall’ambiente. In tutto questo è poi fondamentale andare ai live, vedere gli altri, professionisti o meno, alla fine si torna a casa sempre con qualcosa di nuovo.
C’è un messaggio o un’emozione che sperate di trasmettere attraverso il vostro nuovo album “Dio sta invecchiando male”?
Abbiamo cercato di riportare la nostra visione del mondo senza troppi giri di parole, analizzando le notizie attuali in modo distaccato, ma allo stesso tempo un po’ grottesco, tipico del nostro modo di scrivere. In realtà è partito tutto da una riflessione su noi stessi. Maurizio aveva ricevuto il risultato delle ultime analisi del sangue e i valori non erano perfetti, forse a causa di una vita un po’ sopra le righe, questo ci ha dato lo spunto per scrivere “io sto invecchiando male”.
Poi abbiamo semplicemente alzato lo sguardo e vedendo quello che stava succedendo intorno a noi, abbiamo capito che forse anche il mondo (e quindi dio) non stava invecchiando poi cosi bene.
Nel futuro, state considerando di esplorare nuovi generi musicali o rimarrete fedeli al vostro attuale stile?
Come è stato nei i precedenti anni e album, Il nostro sound è in continua evoluzione, ci piace sperimentare, cambiare e stare a vedere cosa ne esce. Crediamo di continuare su questa strada di libertà creativa, restando sempre fedeli a noi stessi e a quello che ci piace veramente fare e suonare.