CATANIA – Definita dalla critica come “un’interprete eccellente per chiarezza timbrica e maturità comunicativa”, Cinzia Dato si diploma in pianoforte al Conservatorio di Messina appena diciannovenne iniziando così una lunga carriera nella quale si annoverano oltre alle vittorie in più di trenta competizioni pianistiche anche una lunga serie di tournée in Inghilterra, America e Giappone. È stata l’unica italiana a essersi aggiudicata per due anni consecutivi il First Prize Winner alla “Golden Classical Music Awards International Competition” di New York che l’ha portata a suonare nella prestigiosa Carnegie Hall. Figlia della Sicilia più feconda e artista di chiara fama, la Dato, sarà ospite sabato 26 giugno alle ore 19.00, all’Auditorium dell’Istituto Sacro Cuore di via Milano, 47 nella stagione concertistica 2021-2022 della Società Catanese Amici della Musica, diretta da Anna Rita Fontana, dove proporrà un programma volto a celebrare il genio creativo di Ludwig van Beethoven e l’estro artistico di Sergej Vasil’evic Rachmaninov.
« La scelta di un repertorio prettamente beethoveniano sebbene con questa inclusione-intrusione di Rachmaninov – spiega l’artista – è da ricondursi all’anniversario appena trascorso dei 250 anni dalla nascita di Ludwig. Nei mesi passati, a causa della pandemia, sono saltati molti eventi anche se io ho comunque continuato la mia attività in streaming per una platea virtuale. Per cui il recital di sabato sarà doppiamente emozionante sia per l’importante ricorrenza sia perché sarà il primo evento in cui incontrerò finalmente di nuovo il pubblico in sala».
L’apertura del concerto sarà affidata alle Variazioni in Do maggiore sul tema “God save the King” scritte da Ludwig van Beethoven nel 1803 e ispirate all’inno nazionale del Regno Unito e di tutti i territori d’oltremare britannici. Composto tra il 1736 e il 1740 da Thomas Arne, “God save the King” fu eseguito pubblicamente per la prima volta nel 1744 e costituisce a oggi l’inno più antico e noto al mondo, usato in ben 143 anni di regno. Venne sostituito infatti solo nel 1837 da “God save the Queen”, per l’ascesa al potere della Regina Vittoria e in seguito per la Regina Elisabetta II. Seguirà poi la Sonata n.13 op.27 n.1 “Quasi una fantasia” composta tra il 1800 e il 1801 e pubblicata insieme alla coeva op.27 n.2 nota come “Sonata al chiaro di luna”. L’opera coincide con il momento in cui il maestro di Bonn abbandona lo schema consueto della Forma-sonata, ereditato dai predecessori, per aprirsi a composizioni più ambiziose. La dicitura “quasi una fantasia” implica un principio di libertà e una tensione sperimentalistica che difficilmente si rintracciano nelle altre trentadue opere, per questo è fra le meno eseguite del repertorio beethoveniano. A questo piccola chicca faranno seguito le Variazioni in Do minore su un “Tema Originale” composte dal musicista tedesco nel 1806 e pubblicate a Vienna l’anno dopo. Come riporta un aneddoto, pare che dopo averle riascoltate a diversi anni di distanza dalla loro stesura Beethoven le disconobbe, senza mai specificarne le ragioni. A chiudere la prima parte della serata sarà la Sonata n.26 op.81a “Les Adieux”, nata in seguito all’allontanamento da Vienna dell’Arciduca Rodolfo, suo amico e protettore, che avvenne fra l’aprile e l’ottobre del 1809 a causa della guerra austro-francese. I tre movimenti rimandano alla mancanza della persona cara con elementi musicali di stampo malinconico, presenti sin dal secondo movimento, l’“Andante espressivo”, interamente pervaso da sensazioni di solitudine ampiamente superate nel “Vivacissimamente” finale, di stampo chiaramente gioioso, in cui si celebra il ritorno a casa dell’amico.
«Per me, – aggiunge la Dato – i capisaldi della letteratura pianistica sono “le tre B”: Bach, Beethoven e Brahms. Per questo mi è sembrato logico inserire all’interno del discorso beethoveniano una colonna portante del linguaggio bachiano come la Partita per violino solo n.3 in Mi maggiore, che nel 1933 Rachmaninov trascrisse per pianoforte. Concluderò poi il recital con un brano tratto da un repertorio molto eleborato al quale sto lavorando in occasione dei settecento anni dalla morte di Dante Aligheri, e che si concentra sui due grandi titani: Liszt e Rachmaninov, del quale eseguirò il Preludio op.3 n.2 in Do diesis minore. Si tratta di un brano conosciutissimo che fece la fortuna del compositore russo, accolto sempre con grande entusiasmo anche dalla platea. Io sono dell’avviso che ognuno, non solo gli addetti, debbano potersi approcciare alla musica classica traendone beneficio. Magari alcuni hanno ascoltato quel brano per la prima volta in uno spot pubblicitario ma questo non deve pregiudicarne la conoscenza, solo così si può trasferire a tutti un po’ di passione per la cultura».