Errata corrige

Errata corrige. Perché errata corrige? Le prime parole che mi vengono in mente!  Spesso non mi vengono parole in mente, ma ho solo in testa qualche ricordo sotto forma d’immagine sfocata. Ritornano alla memoria certi luoghi dell’animo: i posti della giovinezza, che mi riportano alla mente voci e volti lontani. Questa è un’associazione mentale, che ritengo fisiologica ormai. Ma non  ci voglio tornare in quei posti, perché a distanza di trent’anni sono cambiate troppe cose e poi è deleterio immalinconirsi troppo. Meglio non essere troppo retroattivi!  Ripenso però  a quando avevo una vita vera. Ma mi dico che a cinquantun’anni bisogna tirare i remi in barca, che non si può fare gli eterni giovanotti, che non si può fare i viveur.  E poi con quali soldi godersi la vita? Non ho che pochi spiccioli nelle tasche. Ho di che vivere, ma qui non è grasso che cola, come si suol dire (scusatemi se uso espressioni stereotipate, ma voglio scrivere con un linguaggio comune la mia vita comune).  Vivo all’insegna del minimalismo esistenziale.  In fondo mi basta poco per vivere. Non ho grandi esigenze. Non ho assolutamente un alto tenore di vita. Cerco di accontentarmi. Ritengo più importante fare economia domestica che fare girare nel mio piccolo l’economia.  Non vado in discoteca. Non vado nei pub. Non vado in palestra. Non ho la macchina. Compro i libri usati alla biblioteca comunale. Vado lì e ne compro una ventina ogni mese e mezzo oppure ogni due mesi a circa un euro l’uno; spesso sono bei libri: capolavori di grandi autori, insomma opere memorabili. Non mi resta quindi che girarmi e rigirarmi nel letto, fare meditazione, leggere, camminare nel tempo libero. Che poi cammino circa 10 km al giorno e mi sono spaccato i calcagni e mi tocca indossare le ciabatte, perché ho i piedi fasciati! Ho i geloni alle mani dal freddo pungente. Ho le mani che sanguinano.  È iniziato tutto quei giorni che c’era un vento gelido, quella tramontana che arriva dal nord. Potevo mettermi le mani in tasca, ma mi sembrava d’essere impedito a camminare in quel modo.  Cammino, cammino, cammino, incurante degli altri passanti, delle macchine che sfrecciano sulla circonvallazione, degli studenti.  Mi sono trasferito sei anni fa e in questa nuova zona conosco solo i miei vicini di casa. Per il resto non conosco nessuno e così cammino indisturbato. Che faccia bello o cattivo tempo, io cammino. Anche quando fuori piove cammino. La mia costanza è stata premiata con il dimagrimento. Inoltre mi sono completamente passate le emorroidi, che d’estate con il caldo torrido mi avevano infastidito parecchio. Passato il caldo, sono passate anche le crisi emorrodarie. Così mi rallegro. Lo aveva già detto Epicuro che l’assenza di dolore è già piacere.  Sono un esploratore degli angoli della mia zona, di quella periferia di provincia. La sera prendo sonno subito dopo cena. Mi corico presto, anche perché non guardo la televisione. Cammino la mattina presto. Vedo l’alba. Vado a prendere un cappuccino a un bar davanti all’ospedale. Buongiorno. Buongiorno. Ciao. Ciao. I soliti convenevoli e ogni tanto due chiacchere, insomma un minimo di conversazione, quel minimo di convivialità che ti dà il buonumore e ti fa iniziare bene la giornata. A quell’ora ogni tanto mi imbatto negli operatori ecologici e in qualche infermiera. Solo il rumore dei miei passi. Alzo il bavero. Giro l’angolo. Faccio sempre il solito percorso.  Sono abitudinario.  Ma camminare dà dipendenza. Probabilmente c’è un rilascio di endorfine. Sono dimagrito di 8 kg in un anno. Ho raggiunto il mio peso forma. Fuori oggi c’è il sole che fa capolino tra le nuvole. A volte me lo chiedo: quanto tempo mi resta? Quanto tempo resta da vivere ai miei cari? E chi lascerà questa terra per primo? Chi sarà il prossimo? Mio padre aveva la pressione alta, ma poi la dottoressa le ha cambiato pasticche. Ora sta bene. Mia madre ha poco equilibrio ed è cascata tre volte. Ha fatto la Tac e ha passato una visita neurologica. Non soffre di Parkinson; questo l’hanno escluso categoricamente. È tutto dovuto all’età e all’artrosi. Così ora deve fare esercizi ginnici, ma è rigida. Però dobbiamo stare attenti: qualcuno deve essere sempre in casa con lei. Per motivi economici e familiari quindi non posso più viaggiare. L’ultima volta che ho preso un treno è stato ad aprile. Ho passato un giorno a Modena. Ho dormito in albergo e sono subito ritornato a casa. I miei genitori sono anziani. Mio padre è del 1946. Mia madre è del 1941. Si invecchia o si muore. Terzo escluso. Nel migliore dei casi si invecchia e si muore. È inutile disperarsi, anche se è comprensibile. Bisogna rassegnarsi. Bisogna tenere in mente un proverbio toscano: “dai all’età quel che l’età richiede”.  Ma perché ho in testa “errata corrige”? Cosa mi vuole dire il mio inconscio con errata corrige? È meglio pensare ad altro. Il mio lagotto ha dodici anni e sta bene. Lo portiamo a passeggiare allo scolmatore. Dobbiamo stare attenti che non venga aggredito dal cane del pastore, che porta lì le sue pecore. In giardino, in quei pochi metri quadri, girottola tutto il giorno, abbaia ogni volta che sente passare un cane. È molto affettuoso, al limite della ruffianaggine. Fa sempre due pasti e due spuntini. È un costo Argo (croccantini, veterinario, toelettatura, guinzagli e collare antipulci), ma in compenso ci dà amore o almeno così sembra. Il pomeriggio, quando è bel tempo, se ne sta disteso  al sole. Alcuni dicono che il carattere dei cani dipende da come li trattano i padroni. Io non lo so. So solo che è sensibile e di indole buona. Un mio amico mi dice che dovrei trovarmi una donna. Io rispondo che ormai dovremmo guardare al futuro. Gli dico che bisogna aspettarsi il peggio, perché si va verso il peggio. Io alla mia età dovrei cercare non un’ottima amante ma un’ottima badante. La mia vita? Non va bene. Non va male. La mia vita va così. Continua imperterrita, fortunatamente senza drammi, per inerzia. Sto bene sotto il giogo delle mie abitudini. Certo spesso provo noia. Molta noia. Non mi diverto più come un tempo. Ho molte meno occasioni per divertirmi. Faccio vita ritirata. Esco una volta al mese con un mio amico. Andiamo a mangiare una pizza o un kebab. Facciamo un giro e ci gustiamo Pontedera by night. A volte mi piacerebbe essere più estroverso, vedere più gente. Ma poi mi chiedo: mi perdo veramente qualcosa? Mi perdo fortunatamente i soliti pettegolezzi su tizio che dicono che è gay o sulla sposina procace che l’ha data a mezza Pontedera e io guardacaso rientro sempre in quell’altra mezza. Alla fine per me il piacere più grande e meno dannoso è scrivere per diletto, per sfogo, per ricordare, per chiarire prima di tutto a me stesso, per divulgare, per emozionarmi e trasmettere emozioni, per pensare e far pensare quei pochissimi che mi leggono. Ora considero la scrittura meglio di un orgasmo con una donna, che potrebbe portarmi guai, complicazioni, insomma delle conseguenze non volute, perché la scopata fine a sé stessa molto raramente esiste e io non posso dare stabilità e sicurezza economica a una donna. Scrivere è il miglior modo che conosco per scacciare noia, tristezza, solitudine, disperazione (il climax è fortemente voluto e non casuale). Quando ho i miei momenti di crisi accendo il tablet (perché non ho il personal computer per risparmiare), vado su Word e inizio a scrivere. Non importa che mi senta ispirato o meno. Se non penso di avere niente da dire, qualcosa poi viene fuori lo stesso, anche se in quel momento niente urge da dentro. A volte sono distratto, poi il controllo ortografico e il correttore automatico funzionano male, perché il tablet è economico. Devo stare sempre attento a non commettere qualche errore di battitura, qualche refuso. Se pubblico uno scritto su qualche sito web, allora controllo che non ci siano errori ancora una volta, poiché qualcosa può sempre essermi sfuggito. Ma probabilmente i più grandi refusi li ho fatti nella mia vita, anch’essi distrattamente,  senza accorgermene, addirittura incoscientemente e rabbiosamente, e quel tipo di errori non si possono correggere. Nella vita non sono ammessi gli errata corrige. 

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