Esce Chimere Nostre (dei Merangoli Editrice), primo romanzo di Isabella Caracciolo, un lavoro con una costruzione narrativa complessa e una scrittura fluida e ricca di colori che sa entrare nell’anima attraverso la parola, strumento potente per raccontare storie e persone. E che getta una luce profonda e illuminante, proprio attraverso gli strumenti della poesia, della narrazione letteraria e del riferimento alla scrittura teatrale, dentro i meandri per nulla scontati di normalità e follia.
Con l’ampia prefazione di Filippo La Porta e la postfazione di Mario Del Villano, psicoterapeuta e psichiatra, Chimere Nostre ripercorre il viaggio nella psiche e nell’animo di Filippo, attore di teatro ossessionato dalla figura di Torquato Tasso al punto da identificarsi in lui in modo sempre più radicale e doloroso. Il romanzo alterna così capitoli in prima persona, che scandagliano la vita del protagonista, a capitoli in cui la vita di Torquato viene “messa in scena” come un dramma teatrale.
Sinossi
3, 3, 99, 33. Quella combinazione numerica era una profezia per lui. Filippo non aveva dubbi. Il 3 marzo 1999, giorno del suo trentatreesimo compleanno, ad attenderlo ci sarebbe stata una svolta nella sua vita. Anche i Tarocchi confermavano che la sua personalità si stava trasformando, come in un processo alchemico. Aveva iniziato a scrivere un dramma teatrale su Torquato Tasso, che lo attraeva da sempre per la bellezza struggente delle sue opere, ma anche per la sua vita segnata dal disturbo bipolare. Però, proprio da quel fatidico compleanno, le sue certezze cominciarono a incrinarsi e la vita di Filippo iniziò a intrecciarsi sempre più strettamente con quella del suo Torquato. A testimoniarlo l’alternarsi di “secche e maree” e un diario con “ori e orrori”.
Vent’anni dopo, quel diario e gli Atti teatrali sul Tasso offriranno a Filippo l’occasione per riflettere su se stesso e sulle ingannevoli chimere partorite da una malattia che, per paradosso, ottenebra la mente anche per mezzo di una luce abbagliante e le cui vie si confondono non di rado con quelle del misticismo e dell’arte.
Il Libro
Dopo anni di studio “matto e disperatissimo”, Isabella Caracciolo ha ricostruito, attraverso le lettere e le opere dello stesso Tasso, una sorta di racconto nel racconto. Il risultato è questo libro in cui il dramma teatrale che ripercorre la vita di Torquato è incastonato all’interno di un romanzo introspettivo che apre le porte a una meditazione sulla vita e sulla morte. Ma soprattutto che apre una profonda riflessione emotiva sui confini fra normalità e follia, fra equilibrio, identità e malattia mentale.
Infatti, nel suo viaggio dentro l’animo umano e la vicenda di Tasso, Filippo finisce per fare i conti con la propria malattia, con il bipolarismo del padre e con le ossessioni della madre. Ognuno di loro diventa un potente specchio che riflette molteplici immagini fra le quali si insinua la depressione maniacale e il disturbo bipolare di Torquato e di Filippo stesso. Sono tutte delle chimere? Alla fine Filippo arriva a intuire come la salute psichica sia un’esperienza più spirituale che intellettuale e quanto abbia a che fare prepotentemente con la ricerca del senso della vita.
Molteplici gli spunti filosofici e, più in generale, di pensiero che nell’accogliente scenario teatrale ritrovano un grande spessore umano e si salvano da un’astrattezza meccanicistica e pedante.
Come ci spiega giustamente La Porta nella sua prefazione: “Una vicenda di redenzione interiore […] travasata in un saggio filosofico potrebbe apparirci un po’ meccanica e astratta, [ma] proprio nel genere romanzesco ritrova il suo spessore esistenziale. Il romanziere, si sa, mostra le cose prima che dirle e teorizzarle.” Incrociando vari generi, ogni cosa “si ricompone quasi miracolosamente.” E allora proprio “la follia […] ci schiude una verità ultima e nascosta delle cose, forse innominabile. Il punto è riuscire a “usare” questa verità – che può balenare all’improvviso mentre siamo saliti su una torre – senza però le conseguenze distruttive della follia stessa […].”
E ancora, grazie a questa abilità ermeneutica regalata dal romanzo, Chimere Nostre si fa anche potente strumento per la comprensione del disturbo bipolare della personalità che qui acquista la chiarezza e l’intuitività che deriva proprio dal viaggio narrativo. Come scrive Mario Del Villano nella postfazione: “Non mi meraviglierei se Chimere nostre divenisse un testo di riferimento per sensibilizzare e psicoeducare tanto gli operatori che si stanno formando quanto i familiari e i pazienti, al fine di perseguire un trattamento ottimale di questa grave patologia. O perlomeno è quello che auguro all’autrice di tutto cuore.”