Gùlana: danzare tra ricordi e ritmi di ‘Che bella l’estate’

“Che bella l’estate” è un brano che racconta una storia d’amore finita ma ancora viva e mai dimenticata. Una canzone fresca, ballabile, con il refrain di quelli che rimangono in testa, un pensiero estivo che ci porta verso il mare, che fa danzare diapositive nella mente, camminando lungo il bagnasciuga o seduti sotto un ombrellone. Atmosfere estive tra il profumo malinconico di momenti passati troppo in fretta, tra illusioni sotto il sole, stelle inaffidabili che non cadono e sale sulla pelle. Ma al tempo stesso voglia di ballare, di tuffarsi “in questo mare”, col sorriso di chi ha ancora voglia di ricominciare. La linea di basso, che richiama la Disco, si unisce alle chitarre di Simone Gianlorenzi e alle tastiere synth di Francesco Santalucia, con l’apporto in produzione di Andrea Fabiani e Carmine Simeone, per creare un sound vintage che fa battere le dita sul cruscotto. Un riff accattivante ci trascina in un viaggio ritmico negli anni ’80 che, unito a parole eleganti, dona un tocco di modernità e crea un’atmosfera sognante capace di farci evadere.

Puoi raccontarci come hai scoperto la tua passione per la musica e quali sono stati i primi passi che hai mosso nel mondo musicale? C’è stato un momento particolare che ha segnato l’inizio della tua carriera?
La mia passione per la musica è nata fin da subito, in un certo senso la musica è sempre stata di famiglia. In casa se ne è sempre ascoltata molta, grazie in gran parte a mio fratello maggiore che all’epoca suonava la chitarra. Ricordo che già da bambino mi piaceva curiosare tra dischi e CD. Ho seguito le sue orme, ho iniziato a militare nelle prime band. Quei primi passi nel mondo della musica mi hanno permesso di sperimentare e scrivere i miei primi inediti. Ogni esperienza, ogni nota suonata, ha contribuito a rafforzare la mia passione e a farmi capire che la musica sarebbe stata una parte fondamentale della mia vita.

Ricordi un evento o un periodo specifico in cui hai realizzato con certezza che la musica sarebbe stata la tua professione? Cosa ti ha spinto a prendere questa decisione e come ti sei sentito in quel momento?
Con certezza non so. Per i motivi raccontati prima, sin da piccolo mi sentivo attratto dal mondo musicale. Come normale che sia inizialmente tutto era un gioco, mi piaceva il suono degli strumenti. Poi crescendo ho capito che oltre a suonare mi piaceva anche scrivere, giocare con le parole, unirle alle note è venuto naturale. Ricordo pomeriggi davanti allo specchio ad imitare John Lennon, Jim Morrison, ma non ricordo un evento in particolare che possa rappresentare uno start, forse intorno ai dieci anni, quando assistetti a un concerto di una band alla festa del mio paese di origine durante le vacanze estive… ricordo il loro furgone, gli strumenti a bordo, quel senso di musica e libertà. Oppure in adolescenza, quando iniziavo a svelare qualche mio primo inedito e vedevo l’apprezzamento delle persone. Mi affascinava trasmettere agli altri le mie sensazioni e vederli attratti. Qualcuno risponderebbe per rimorchiare le ragazze… ma a pensarci bene, spesso chi suona la chitarra ai falò, alla fine rimane da solo, mentre gli altri…

Puoi descrivere come il tuo stile musicale e artistico si è trasformato e sviluppato nel tempo? Ci sono stati influenze particolari o esperienze che hanno avuto un impatto significativo sulla tua evoluzione artistica?
Le mie canzoni attraversano vari stili, ma senza premeditazione, nascono così. Crescere ascoltando tanta musica mi ha sicuramente influenzato, facendomi comprendere che la musica non ha età. Mi piacciono tanto i brani del passato quanto quelli contemporanei e innovativi. Lungo il cammino inevitabilmente tendi a raffinarti, forse oggi sono più esigente difronte agli arrangiamenti, anche se essere scrupoloso, accurato, ha sempre fatto parte di me. Incluso quel senso di non sentirsi mai totalmente soddisfatti. Riguardo le influenze, sono tante. È difficile stilare una lista dei miei preferiti, tralascerei molti nomi e con la sensazione di fare un torto ad ognuno di loro. Pur non avendo vissuto quelle epoche, posso dire che sono un figlioccio dei Beatles, che la loro musica è stata una presenza costante nella mia famiglia e ha avuto un ruolo cruciale nella mia formazione come compositore. Tra i miei preferiti ci sono anche i Doors, Led Zeppelin, Cure, Clash, Police, Jeff Buckley, Dire Straits, Smiths, Van Halen, DuranDuran, Muse, Green Day, Red Hot Chili Peppers e molti altri anche meno noti. La mia passione include anche tanta musica italiana, da Rino Gaetano a De Gregori, da Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, agli Afterhours e Fulminacci, e tutti i grandi maestri della musica d’autore italiana.

Che suggerimenti hai per i giovani artisti che stanno cercando di farsi strada nel mondo della musica? Quali sono gli aspetti più importanti su cui dovrebbero concentrarsi?
Sempre difficile dare suggerimenti, ne avrei bisogno per me. Posso dire che non è facile intraprendere questo percorso, perché spesso molte cose dipendono da altri fattori, in cui tu sei alla fine di tutto.
Il consiglio è di inseguire il sogno con tenacia e di impegnarsi con passione ogni giorno. Fare musica è magnifico, ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, spesso nascosta dietro enormi sacrifici. Vivere di musica non è semplice, spesso si è costretti ad autoprodursi, pur avendo repertori eccezionali. I momenti difficili fanno parte di questo cammino, quindi è importante lottare e non mollare mai, credendo in ciò che si fa, ovviamente rispettando se stessi e gli altri. Mi verrebbe di consigliare di fare di tutto per far arrivare la propria musica alle orecchie della gente, anche con metodi apparentemente banali o con qualsiasi tipo di live. Farsi conoscere. Ovvio che una distribuzione adeguata faciliterebbe tutto. Ma in alternativa, questa forse è l’unica maniera per farsi un po’ di largo, a dispetto di produttori discografici o speaker radiofonici spesso poco attenti o coraggiosi.

C’è un messaggio o un’emozione che speri di trasmettere attraverso il tuo nuovo singolo?
Non si tratta di un vero e proprio messaggio, piuttosto di un invito: di avanzare con un sorriso, anche quando tutto sembra andare storto, perché a volte basta un tuffo nel mare per trovare una soluzione. È un invito a divertirsi, a godersi anche la semplicità, a dedicare del tempo a se stessi e a chi ci regala il proprio tempo. Un’esortazione ad avere desideri da raggiungere, per vivere meglio, per stare bene. Spero che Che bella l’estate riesca a trasmettere qualche emozione, che regali un momento di serenità o comunque aiuti a sognare. Già sapere che molti mi confidano di avere il refrain sempre in testa, che involontariamente gli fa battere il dito sul volante, mi fa davvero piacere. È bello pensare che la canzone possa accompagnarli nella loro quotidianità, al lavoro, a scuola., ovunque.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e impegni musicali?
Certamente l’obiettivo imminente è incidere più brani possibile del mio repertorio, spero di trovare le risorse necessarie. Credo che in autunno inizieremo a dedicarci alle nuove cose. Abbiamo aperto i cassetti, ora vogliamo far arrivare i brani alle orecchie della gente, perchè è importante arrivino lì. In parallelo, lavoreremo sul lato live con tutta la band e il team di produzione. Il sogno è esibirci sui grandi palchi e sentire il pubblico cantare le canzoni a gran voce. Sarebbe fantastico. Ma già ascoltarle alla radio è un’emozione incredibile.
Inoltre, abbiamo in programma diverse collaborazioni con altri artisti, tra cui una versione in spagnolo da lanciare in Spagna e Sudamerica, e una versione remixata in chiave più dance di Che bella l’estate.
Nel frattempo, sono felice di ciò che abbiamo già raggiunto e che in tanti apprezzino il lavoro fatto.

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