Intervista a Mìcol Mei, autrice del Richiamo del dirupo

Buongiorno Mìcol. Grazie per aver accettato l’intervista. Il richiamo del dirupo è un titolo molto enigmatico e di grande impatto.

Ci sono molti scrittori per cui l’idea di un romanzo parte dal titolo, prima ancora di avere chiara l’evoluzione della storia, per te invece in che modo è avvenuta la scelta del titolo?

Il Richiamo del Dirupo ha avuto dal principio questo titolo, esattamente come il mio secondo romanzo che sto editando ora e di cui non posso ancora svelare il nome. In entrambi i casi il titolo è stato trovato dopo avere chiarito di cosa avrei voluto scrivere. È difficile che scriva solo una pagina o non mi formi una struttura in testa di cosa voglio comunicare. Le idee libere sono solo sui miei quadernetti. Il terzo romanzo che sta già prendendo forma invece ha titoli altalenanti. È la prima volta che mi trovo indecisa sul titolo di un mio lavoro perché da subito ho quasi sempre le idee molto chiare. Credo che però sia un bene, i miei personaggi mi stanno sfidando.

Nel tuo romanzo uno dei temi che mi ha conquistata maggiormente è stato quello della salute mentale. Anche se a lungo si è guardato alla materia con sospetto e quasi con imbarazzo (da parte di chi ne fruisce), nella società odierna sempre più persone si affidano a un supporto psicologico. Pertanto sono convinta che in questo senso il tuo libro contribuisca a normalizzare l’argomento, offrendosi ai lettori come un campanellino d’allarme rispetto alla propria salute. Hai un’opinione in merito? Quanto ritieni sia importante un supporto psicologico nella vita di tutti gli individui?

Personalmente considero la terapia come qualcosa che possa aiutare tutti sempre. Basta trovare solo il terapeuta giusto. È impossibile comprendersi da soli e processare tutto ciò che ci accade perché il nostro giudizio è per forza viziato. Sono molto felice se percepisco il mio libro può essere utile in questo genere di sensibilizzazione. Io sono una Asperger e soffro di Depressione maggiore e Disturbo d’ansia generalizzata oltre che ansia sociale. La terapia e le medicine giuste mi hanno letteralmente salvato la vita. Non ho vergogna ad ammettere di avere delle difficoltà perché davvero non c’è nulla di cui vergognarsi. Penso che molto del mio talento derivi da questo mio modo di non essere classicamente neuro- normale, se esiste il concetto di normalità e ne dubito, di essere autentica e condividere la mia verità con chi mi legge e segue.

Un’altra tematica di cui si fa portavoce il giovane Udri è sicuramente quella dell’emarginazione sociale, del non riconoscersi negli altri individui. Anche in questo caso, credo che sia un’emozione comune a molti giovani della nostra contemporaneità. Eppure è attraverso la solitudine del Pallido Rifugio che Udri dovrà passare per risolvere i suoi drammi. Che importanza dai alla solitudine e al tempo che le persone trascorrono con se stesse? Pensi che sia necessario o piuttosto da evitare?

Pasolini scrisse che bisogna essere molto forti per amare la solitudine. Senza dubbio è molto più facile circondarsi da rumore e presenze in andirivieni che guardarsi allo specchio. Io ho capito nel tempo che tutti i momenti vuoti riempiti con persone a caso non facevano che togliermi energie e che avrei dovuto imparare a stare da sola dando valore invece al tempo passato con persone che scelgo. Le migliori idee le ho avute nella mia stanza e ora nel mio studio, a confronto con me stessa. Credo che tutti accettassero di abbracciare un po’ di silenzio e tempo con se stessi si conoscerebbero meglio e farebbero una migliore selezione di chi attorniarsi.

Perdita. Ennesimo elemento d’interesse dal Richiamo del dirupo. Tutto, nel tuo libro, ruota in fondo intorno alla perdita. Pensi che sia un passaggio fondamentale nell’esistenza di ogni individuo? Oppure qualcosa da cui tenerci lontano? Alla fine, forse, il dolore ci forgia più della gioia. Cosa ne pensi?

La vita necessita di un bilanciamento di contrari perciò ogni cosa che perdiamo è un passo che facciamo in direzione della nostra crescita da esseri umani. Io mi immagino la perdita e il suo superamento come un setaccio che fa scomparire sassolini e polvere e lascia solo le pietre grezze. È un momento spartiacque di grande chiarezza, quando esistono i ‘mai più’ nella tua vita cominci a rivedere e rivalutare i ‘ancora’ che prima forse erano scontati. Prima la si attraversa ed elabora, prima ci arricchiamo di ricordi che compongono la storia.

 

Il Richiamo del dirupo è ricco di richiami ed evidenti rimandi alla lettura consolidata. Mi piacerebbe conoscere direttamente da te chi sono stati i tuoi modelli per la scrittura del Richiamo del dirupo, e allo stesso tempo, quelli che invece guidano te più come lettrice che scrittrice.

Come preparazione per scrivere Il richiamo del dirupo, ho utilizzato la tecnica narrativa della myse en abyme e il lavoro di André Gide. Mi ha subito attratto l’idea di creare una cornice al cui interno stessero differenti storie che in qualche modo si specchiassero all’infinito, con declinazioni diverse. Mi piacciono i romanzi sperimentali che mettono assieme molte influenze di media distinti ed è esattamente ciò che ho voluto ottenere con questa narrazione corale. In qualità di lettrice mi ritengo certamente poliedrica, passo dai classici russi a Amélie Nothomb, Ambrose Bierce, Shirley Jackson, Camus,Ishiguro, Murakami e Carver.

Il tuo romanzo è accompagnato da una playlist che interviene con prepotenza tra le righe della storia: che ruolo ha avuto per te questa commistione di letteratura e musica? Perché l’hai scelta?

La musica per me è assolutamente fondamentale. Non riesco a concepire l’esistenza umana senza essa. Ho una visione cinematografica della scrittura, perciò i miei personaggi nascono con una loro precisa colonna sonora. Non vorremmo tutti forse avere un tema che ci segua nelle vicissitudini dell’esistenza? Con la playlist doppia ho cercato di regalare al lettore un’esperienza più completa, ricca di suggestioni e arricchente rispetto al testo. Lo stesso ‘Pallido Rifugio’ è la traduzione del titolo di una canzone che racconta bene il luogo, Pale Shelter dei Tears for Fears.

In apertura al romanzo si legge una dedica “Alla memoria di Chiara Fumai”. Ho fatto qualche ricerca sull’importanza della sua figura, ma vorrei che fossi tu a raccontarmi di lei. Perché le hai dedicato questo messaggio? Qual è stato il punto di contatto tra te e Fumai?

La dedica alla memoria di Chiara Fumai è stata da me fortemente voluta non solo visto il legame che ho avuto con lei tramite il mio lavoro nell’arte contemporanea, ma soprattutto per cristallizzare la sua arte innovativa, provocatoria e raffinata, dandole il giusto posto nella storia della performance art e non solo. Chiara Fumai era un genio e in dieci anni ha prodotto più opere di significato e ribaltamento che la maggioranza degli artisti fanno in una vita intera. Le volevo bene personalmente e la sua scomparsa mi ha gettata in una dura e spietata riflessione su come si muovano i meccanismi dell’arte oggi. Il personaggio di Egon la racconta.

Nella “Nota dell’autrice” sul finire del libro, racconti di Mao (nome fittizio) e della sua affinità con il misterioso affittuario del Pallido Rifugio, Felice Hernandez. Le tue parole mi hanno commossa profondamente. Ti andrebbe di parlarci di Mao e di Felice Hernandez?

Questa è una domanda alla quale rispondere mi risulta ancora difficile. Come si fa a perdere il proprio migliore amico, la persona che ci comprende di più al mondo e non avere modo di dire addio e poter passare oltre. Mao non è un nome fittizio ma come amava farsi chiamare da noi amici. Era un regista e un traduttore oltre che un cinefilo della più rara categoria. Aveva letto delle bozze preparatorie de Il Richiamo del dirupo e data la sua vita così bizzarra non avrei potuto evitare di vederlo come una ispirazione. Purtroppo lui il libro non l’ha potuto leggere ma io ho voluto comunque che ci fosse per bene, così da avere un luogo, uno spazio immaginato in cui ancora esiste, nella mia memoria. Non posso dire di essere riuscita ad elaborare il lutto solo tramite la redazione di questo libro ma mi sono concessa la possibilità di poter andarlo a trovare quando voglio, tra le mie parole.
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