Da poco tornato in libreria con il suo nuovo romanzo La Donna di Lana, terzo capitolo della saga de La Contessa Rossa, lo scrittore Niky Marcelli comincia a sentire decisamente la mancanza di feste, eventi e vernissages che, fino all’anno scorso, caratterizzavano le notti romane. Una carenza obbligata e di cui ha colpa solo il virus, ma che lui considera l’unica cosa veramente seccante in questo periodo di pandemia.
“E’ la totale assenza di convivialità”. Ci racconta. “Il piacere, negato, di incontrare gli amici, partecipare ad un party o ad una Prima teatrale o ad un vernissage… Questo accidenti di corona andrebbe ribattezzato corna, perché ci costringe a chiuderci in casa e a guardare con sospetto – se non con vero e proprio terrore – chi invita a pensare… positivo“.
Ti mancano, insomma, i cosiddetti “eventi”?
Mi mancano proprio per la loro caratteristica di essere “eventi”. Di spezzare, cioè, la monotonia del tran tran quotidiano. Anche se alla fine, se si è troppo “presenzialisti” finiscono per diventare a loro volta tediosi. Mi spiego meglio: diversi anni fa, insieme alla mia carissima amica Gabriella Sassone, ho vissuto un periodo piuttosto intenso, durante il quale partecipavo ad una media di tre feste a sera. Eravamo alla fine degli anni Novanta – inizio Duemila, oggi non sono nemmeno concepibili più eventi nella stessa serata. E, alla fine, erano diventati loro stessi il “tran tran”. Una tediosa monotonia. Difatti, mi sono ritirato per alcuni anni in campagna a “decongestionarmi”.
E a scrivere alcune delle tue opere migliori, tra l’altro! Ma poi sei tornato, però! Negli ultimi quattro o cinque anni ti abbiamo visto parecchio in giro la sera…
Sì, confesso che dopo un po’ la vita “monastica” – non intesa, per dirla con le parole di Gabriele d’Annunzio, “nel senso veneto del termine” – stufa. Quella mondana, decisamente più divertente, ha cominciato a mancarmi. Intendiamoci, io sto benissimo anche da solo, davanti al camino con un libro, o davanti al televisore con un film, ma ogni tanto mi piace vedere gente, divertirmi con amici e conoscenti. Ed è la mancanza di questi eventi – mancanza sacrosanta, poiché non è davvero il caso di contribuire al collasso del sistema sanitario per un gin tonic in più – che comincio a sentire. Mi mancano le chiacchiere, spesso e volentieri vuote, ma proprio per questo rilassanti. Mi manca il cazzeggio, le luci, la musica e quel sottile piacere di immergersi in una qualsivoglia festa – soprattutto in primavera/estate – dove incrociare persone che hanno la tua stessa voglia di divertirsi con serenità e leggerezza. Osservare come personaggi di solito compassati si lanciano all’assalto del buffet con la forchetta tra i denti; individuare gli “imbucati”, che alla fine sono sempre quei tre o quattro, ormai conosciutissimi e diventati a loro volta ospiti fissi.
Se la sicurezza li fa passare…
Li fa passare, li fa passare! Ormai sono in lista, anche se nessuno si sognerebbe di spedire loro ufficialmente un invito. Che “imbucati” sarebbero, altrimenti?
Come giornalista, te ne sei occupato anche professionalmente…
Avevo una rubrica di cronaca mondana, sotto pseudonimo, su un quotidiano storico che tuttavia alla fine non ha retto alla crisi della carta stampata, quindi mi sono divertito molto anche a raccontare quel mondo di cosiddetti “vip”, dove – tra nobili e personaggi dello spettacolo – quelli “veri” saranno stati al massimo una decina e il resto era tutto sottobosco di miracolati dei primi reality e di gente dalle belle speranze che sgomitava per avere un posto almeno in seconda fila e avrebbe venduto la madre ad un nano per una citazione nella lista della spesa.
Lista della spesa?
L’elenco che, negli articoli di cronaca mondana, enumera i presenti ad un dato evento. Quelli che contano, ovviamente. Comparire in quella lista era ed è tutt’ora considerato quasi una “promozione sociale”. Il famoso “quarto d’ora di celebrità” di cui parlava Andy Warhol. Beh, io ci mettevo anche gli scalzacani che mi erano più simpatici, tanto avevo la fortuna (per loro) di non avere un caporedattore armato di forbici.
Di solito a quali eventi vai?
A quelli che mi sembrano più interessanti tra i vari ai quali mi invitano, ma non amo granché quelli troppo “paludati” e formali. Più sono gioiosi e leggeri e più mi piacciono. Detesto i “salotti” intellettuali o pseudo, di solito frequentati da barbosi e soprattutto boriosi rompipalle. Piuttosto preferisco la saga della porchetta!