Leiner ha appena pubblicato il suo nuovo singolo, intitolato “Casa Nostra” e noi gli abbiamo chiesto di raccontarsi.
- Che ricordi hai della tua infanzia, legati alla musica?
La mia infanzia se dovessi definirla in una parola è stata decisamente “musica”. Dopo che sono stato adottato ovviamente non mi è stato facilissimo integrarmi con altri bambini, venivo considerato diverso nonché io in primis mi sentivo estraneo a molte emozioni comuni. Se non fosse stato per la musica forse sarei rimasto davvero in disparte, invece essa mi ha permesso di mettermi in risalto, di avere già un’identità. I miei genitori appena arrivati in Colombia mi regalarono un mangiacassette con un microfono collegato, vi lascio immaginare quanto io li abbia stressati per anni cantando in giro ovunque. Adoravo fare le recite scolastiche, era un po’ “il mio momento”, in più a sette anni iniziai a ballare a livello agonistico raggiungendo discreti risultati. Al di la di tutto ciò dico sempre che non ho mai cercato la musica, è sempre stata lei a trovarmi ed accompagnarmi.
- “Casa Nostra” è frutto del tuo lavoro singolo o di un gruppo?
Casa Nostra è frutto di una mia esperienza personale, di un mio vissuto che tenevo a raccontare. L’ho condivisa in primis con la mia etichetta, la greylight records, e ne abbiamo fatto poi un lavoro di squadra per rappresentare al meglio questa mia avventura.
- Che esperienza hai con il razzismo?
Uhm, domanda interessante. Devo dire che anche qui la musica mi ha un po’ protetto da questo tipo di realtà, ho avuto modo di “distinguermi” e con gratitudine di essere sempre apprezzato per ciò che facevo. Tuttavia succede sempre il “caso”, ma a riguardo devo molto ai miei genitori che mi hanno insegnato ad analizzare l’origine dell’offesa e poi a trarre le conclusioni. Al di la del razzismo che è un tema purtroppo anche oggi diffuso, credo in generale che il denigrare qualcuno non nasca in modo spontaneo, un bimbo appena nato non sa nulla, siamo tutti pagine bianche, il problema sta nel cosa qualcun altro decide di scrivere su di noi. Sono cresciuto in una famiglia in cui il rispetto e l’educazione sono tutto, e non mi passerebbe mai per la testa di offendere qualcuno per un suo aspetto, per un suo deficit o quant’altro, credo tutto parta da qui. Quando vedo un ragazzo “razzista”, soprattutto giovane, non potrei mai prendermela con lui, ma provo dispiacere perché ne evince il fatto che non è cresciuto nel pieno senso della parola “amore”.
- Hai mai pensato a concerti in streaming?
Per come sta andando il mondo, più che pensarci personalmente, penso proprio sarà il futuro. Seguo molto gli artisti e le loro storie, specialmente i grandi internazionali, ed ultimamente nell’ambiente si è riscontrata la difficoltà soprattutto “fisica” nel sostenere un tour con tantissime date. Con l’avanzare delle tecnologie ora si possono fare davvero grandi cose, come appunto concerti in streaming. Finora ne ho visto solo uno, e per quanto mi sia piaciuto, sentivo molto la mancanza di quella componente “viva”, ovvero la presenza in carne ed ossa. Se si tratta di promozione della propria musica sicuramente oggigiorno è un mezzo da prendere in considerazione, soprattutto per arrivare contemporaneamente a più persone possibili, ma se dovessi pensare a ciò che vorrei sentire e vedere, non esiterei a scegliere una vita di live dal vivo.