Abbiamo intervistato Silvia Cacitti founder della Mindfuldress®, un percorso che utilizza il fashion design come strumento per accrescere le abilità cognitive, emotive e relazionali.
Silvia raccontaci che cos’è la Mindfuldress?
La Mindfuldress è una metodologia che ha l’obiettivo di favorire nell’individuo la modificazione dei comportamenti orientati alla cura e al benessere. L’obiettivo è fare acquisire delle strategie di comunicazione non verbali che contribuiscono ad accrescere le abilità cognitive, emotive e relazionali della persona in ambito personale e professionale.
La Mindfuldress tramite la mediazione degli elementi della moda, aiuta la comprensione del processo mentale e di quali dinamiche attuare per una cura di sé efficace ai propri obiettivi di vita.
Quali sono le mediazioni che si possono mettere in atto con la Mindfuldress?
Ci sono molte mediazioni che si mettono in atto attraverso gli elementi del fashion design, per esempio:
• il senso del saper fare
• come regolare e controllare il comportamento dell’immagine
• ad uno stile collaborativo
• la differenziazione di personalità e stile
• un comportamento che ricerca obiettivi e strategie
• alla coscienza che si può cambiare e migliorarsi a ogni età
• a una visione ottimistica di sé
Quali abilità vengono stimolate con la Mindfuldress?
Prendendosi cura dell’immagine si allenano molte funzioni cognitive, per esempio:
• la percezione, con la moda si utilizzano i vari sensi per raccogliere informazioni su di sé
• l’utilizzo di più fonti d’informazione, ci sono molti elementi da considerare per creare anche un solo outfit!
• l’analisi del disequilibrio, che cosa crea disagio quando non ci si sente bene in quello che si indossa, saper definire qual è il problema
• la pianificazione e il pensiero ipotetico, organizzare l’armadio e fare un piano degli abiti che accompagnano a raggiungere l’obiettivo
• l’empatia, mettersi nei panni di chi ci guarda per accertarsi che la comunicazione della nostra immagine sia compresa
Racconti dell’importanza in ambito assistenziale della formazione Mindfuldress per le persone con fragilità, perché?
Molti studi (Dubler e Gurel 1984) dimostrano la capacità di “cura” cognitiva dell’abbigliamento nelle fasi di leggera depressione, nei pazienti oncologici o con problemi di ansia sociale e disturbi dell’alimentazione. Gli studi di Twigg e Buse (2013) hanno esplorato il significato dell’abbigliamento per le persone affette da demenza, come sia importante la sopravvivenza dell’immagine corporea quando le funzioni cognitive vengono erose.
Le risorse del fashion design possono essere applicate anche a questi gruppi di persone fragili, anziani, disabili, che sono spesso esclusi da tali approcci di miglioramento di sé.
Negli ambiti di cura, a chi è rivolta la formazione Mindfuldress?
In ambito assistenziale la formazione Mindfuldress si rivolge a Operatori socio sanitario e/o Caregiver familiare per accrescere competenze specialistiche e trasversali del personale addetto all’assistenza delle persone fragili.
C’è stato un commento, un evento che ti ha convinta che la moda possa realmente trasformare l’atteggiamento delle persone?
La testimonianza di Loredana, docente metodo Feuerstein: “Sono una donna attempata e direi seriosa, non mi sono mai occupata molto di me, anzi in alcuni periodi per niente, meno che meno della mia immagine, tutta presa dai doveri. Mia figlia mi ha regalato un percorso con Silvia che avevamo conosciuto durante un corso di metodo Feuerstein, non mi ha spiegato molto, mi ha detto solo: “Non sai mai cosa metterti!” Così è iniziata la mia avventura con la moda, che consideravo una frivolezza inutile. Silvia mi ha fatto capire, con tatto e delicatezza che la propria immagine, il proprio modo di presentarsi, è molto importante per costruire relazioni e affermarsi professionalmente.
Io ero molto legata, forse aggrovigliata, nel mio stile di vecchia professoressa nel quale mi sentivo soffocare, ma dal quale non riuscivo a liberarmi. E invece, attraverso il percorso Mindfuldress sono uscita dal bozzolo in cui mi ero rintanata, per sentirmi adeguata alle richieste della società, (ricordo che sono molto attempata), è stata una liberazione da lacci e lacciuoli che avevano ottenuto solo che non fossi me stessa.
Mi sembrava che “il tailleur grigio” mi proteggesse dal mondo, mi rendesse invisibile.
Dopo il mio percorso mi sento libera di esprimere la mia creatività, di cambiare stile, fare abbinamenti che prima non avrei mai osato, colorarmi di luce. Silvia, oltre alle sue competenze consolidate, ha inserito, direi interiorizzato, quanto abbiamo trasmesso nel corso di metodo Feuerstein, utilizzando con proprietà le funzioni cognitive a cui è sempre necessario fare riferimento, se si si vuole modificare una persona.
Le mediazioni messe in atto, oltre che garbate, sono state molto efficaci, ora mi sento più me stessa. Meglio tardi che mai oppure non è mai troppo tardi! E non mi fermo qui continuerò la ricerca del vero io anche attraverso la moda.”