Nasce nel 1979 a Pavia, dove si è laureata in Scienze Politiche, indirizzo politico-internazionale, nel 2006.
Ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in un campo profughi palestinese in Giordania insieme alla famiglia del padre; lì ha conosciuto la realtà di cui narra nelle sue storie.
Oggi Sarah Mustafa vive tra Italia e Medio Oriente tenendo sempre una penna e un taccuino a portata di mano.
“La spia ha i capelli rossi”, edito dalla casa editrice partenopea Homo Scrivens, è il suo romanzo d’esordio che ha ottenuto la menzione speciale del Premio Iguana – sezione narrativa 2024.
Il giorno in cui la sorte di un popolo veniva decisa, una donna scriveva il proprio destino Leyla, studentessa italo-palestinese, sceglie la Giordania come sede del suo stage universitario. Ciò che l’ha spinta a tornare nel luogo della sua infanzia non è tuttavia un sentimento nostalgico, piuttosto un’urgenza: deve conoscere la verità sulla morte di una ragazza avvenuta quasi sessant’anni prima e nella quale sembra coinvolta una donna dai capelli rossi che potrebbe essere Farida, sua nonna. Sarah, quanto c’è di te in questa storia e nei suoi personaggi?
Leyla è un personaggio in cui ho riversato molti dei miei sentimenti e delle mie esperienze. Come me, ha radici in due culture diverse, quella italiana e quella palestinese, e questo la rende curiosa, tenace e in costante ricerca di un equilibrio tra le sue due identità. La scelta della Giordania per il suo stage universitario riflette il mio desiderio di esplorare le mie origini e di comprendere meglio il contesto storico e culturale che ha plasmato la mia famiglia.
L’urgenza che spinge Leyla a tornare nel luogo della sua infanzia è qualcosa che sento profondamente. La morte della ragazza, avvenuta sessant’anni prima, e il mistero che circonda Farida, sua nonna, rappresentano per Leyla una chiamata a confrontarsi con le verità del passato e a risolvere questioni irrisolte, proprio come è stato per me.
Farida, con i suoi capelli rossi e la sua storia affascinante, è un tributo alle donne forti della mia famiglia, in particolare alle mie nonne. In lei c’è molto di entrambe: la saggezza e l’amore di nonna Maria, e la resilienza e le storie avvincenti di nonna Fahima. Attraverso Leyla e Farida, ho cercato di raccontare una storia di identità, di appartenenza e di scoperta di sé, che rispecchia il mio percorso personale.
Trovi che, in qualche modo, scrivere questo libro sia stato per te catartico?
Assolutamente sì, scrivere questo libro è stato un processo profondamente catartico per me. Attraverso la narrazione, ho potuto esplorare e affrontare molte delle emozioni e delle esperienze che mi hanno accompagnato per tutta la vita. Mi ha permesso di dare voce a sentimenti che spesso restano nascosti, in un modo che non avrei mai immaginato possibile.
Creare personaggi come Leyla, Gabi, Iman mi ha offerto l’opportunità di riflettere sulle mie radici, di comprendere meglio le storie dei miei mondi e di dare un senso alla mia esperienza. È stato un viaggio di scoperta, che mi ha aiutato a elaborare molti aspetti della mia identità e della mia storia personale.
Inoltre, scrivere questo romanzo mi ha permesso di connettermi con i lettori che condividono esperienze simili, creando un senso di comunità e di comprensione reciproca.
Parlaci del rapporto con Gabi, il ragazzo israeliano con cui, nonostante la diversa appartenenza, è nato un legame di sincera amicizia…
ll rapporto tra Leyla e Gabi è uno degli elementi più significativi del romanzo. Nonostante le loro origini e appartenenze diverse, riescono a superare le barriere culturali e storiche che li separano, sviluppando un legame di sincera amicizia basato sulla comprensione reciproca e il rispetto.
Gabi rappresenta per Leyla una sfida. La loro amicizia dimostra che, nonostante le differenze, è possibile trovare un terreno comune e costruire relazioni profonde. Attraverso il dialogo e l’apertura mentale, Leyla e Gabi riescono a vedere oltre le divisioni e i pregiudizi, scoprendo che condividono più somiglianze di quanto avessero immaginato. La loro amicizia è un messaggio di pace e di speranza, un invito a tutti noi a cercare l’umanità nell’altro e a costruire ponti invece di muri.
La trama del romanzo si dipana attraverso i ricordi della Nakba palestinese, gettando luce su eventi storici cruciali che hanno plasmato il destino di intere comunità. Come è stato amalgamare la Storia con la lettera maiuscola che si trova sui libri alla storia con la lettera minuscola, senza dimenticarti di mantenere alto un clima di continua suspense?
Questo aspetto è stato una delle sfide più affascinanti e impegnative nella scrittura del romanzo. La Nakba palestinese rappresenta un momento cruciale e doloroso nella storia di molte famiglie, inclusa la mia, e volevo rendere giustizia a questa complessità senza perdere l’elemento narrativo e la suspense.
Per mantenere alto il livello di suspense, ho utilizzato una struttura narrativa che alterna tra passato e presente, permettendo ai lettori di scoprire gradualmente i segreti e le verità nascoste. I ricordi della Nakba sono intrecciati con l’indagine di Leyla, creando un percorso che svela lentamente i legami tra i personaggi e gli eventi storici. Questo metodo mi ha permesso di mantenere viva la tensione narrativa mentre esploravo temi profondi e significativi.
Ho cercato di umanizzare la storia attraverso i dettagli quotidiani e le esperienze personali dei personaggi. Gli eventi storici, per quanto vasti e complessi, diventano più comprensibili e toccanti quando visti attraverso gli occhi di chi li ha vissuti. I ricordi di nonna Farida e di alti personaggi, i racconti, offrono una prospettiva intima e personale sulla Nakba, rendendo la Storia accessibile e emotivamente coinvolgente.
La chiave è stata trovare un equilibrio tra l’accuratezza storica e la narrazione emotiva. Ho dedicato molto tempo alla ricerca per assicurarmi che gli eventi storici fossero rappresentati fedelmente, ma ho anche lavorato intensamente sullo sviluppo dei personaggi per garantire che le loro storie personali fossero altrettanto potenti e reali. In questo modo, credo di aver creato una trama che non solo informa ma anche coinvolge e commuove i lettori, mantenendo sempre viva la suspense.
In chiusura, questo romanzo è anche una riflessione profonda sull’identità, la memoria e le relazioni umane. Quale messaggio vorresti far arrivare a chi ti legge?
Vorrei che i lettori del mio romanzo percepissero un messaggio di apertura. Apertura alla vita, all’altro, alla comprensione della Storia in tutte le sue versioni. Che l’identità e la memoria sono temi complessi e stratificati, soprattutto per chi, come Leyla, appartiene a più culture e deve navigare tra diverse eredità storiche e personali. Spero che i lettori comprendano l’importanza di abbracciare tutte le parti di sé stessi, anche quelle che possono sembrare in conflitto.
Che le amicizie e le connessioni che Leyla forma lungo il suo percorso dimostrano che, nonostante le differenze, è possibile trovare un terreno comune e costruire legami significativi. In un mondo spesso diviso da confini culturali e politici, credo che sia essenziale ricordare la nostra comune umanità e la capacità di comprendersi e supportarsi.