“Ladro di poesia” di Michele Piramide

Michele Piramide con questa raccolta di poesia è in cima alle classifiche Amazon.  Il giovane autore sannita, dopo aver scritto a quattro mani un thriller,  ora ha esordito poeticamente, rivelandosi molto promettente. Mentre la comunità poetica, sempre più caratterizzata dall’autoreferenzialità collettiva, cerca invano di tracciare una linea di demarcazione tra poesia e non poesia, come faceva Croce, questo giovane, avvezzo ai salotti romani, dimostra tutta la sua intraprendenza e il suo piglio.  Quattro sono le caratteristiche che hanno decretato il suo successo: 1) uno stile tutto suo chiaro e nitido. 2) una grande umiltà.  Infatti si definisce un ladro di poesia, non perché plagia, fa richiami intertestuali o cita a sproposito ma piuttosto perché riesce a cogliere gli istanti più opportuni per fare poesia. La poesia viene quindi considerata qualcosa di quotidiano, alla portata di tutti; l’importante è saper attivare il fanciullino pascoliano. L’autore forse si definisce ladro di poesia anche perché presuppone che non sia lui a scegliere le parole, ma siano quest’ultime a scegliere lui. 3) la differenza tra realizzare il proprio sogno e il non realizzarlo talvolta consiste proprio nel credere nei propri mezzi. L’autore crede in quello che fa ed è il primo prerequisito fondamentale per presentarsi al pubblico. 4) una certa genuinità che contrassegna ogni verso. Appare subito al primo colpo d’occhio che i versi sempre brevi ma significativi sono dettati veramente dal proprio profondo. Non si percepisce alcuna posa. 

Ma potremmo affermare che un’altra qualità di questo lavoro, come scrive Flavio Calabrese nella bella e attenta  prefazione, è il fatto che “il lettore si specchia senza fatica” nei sentimenti e nelle emozioni di Piramide. Piramide sicuramente è stato in ascolto, si è raccolto nel suo mondo interiore, ha contemplato la natura. Ma  quando c’è un riscontro così positivo nel pubblico forse ciò è dovuto all’empatia del poeta, che sa sintonizzarsi sulle stesse frequenze della gente e che sa suscitare delle risonanze interiori. Piramide inoltre non si pone come genio che declama grandi verità,  ma quasi un ragazzo della porta accanto; riesce saggiamente a mantenere un profilo basso, a mantenere un certo understatement e così facendo si guadagna la fiducia e la stima del lettore. Un’altra dote è quella di non annoiare con elucubrazioni cervellotiche, con sofismi e parole troppo difficili. La sua è una poesia che si gioca tutta sull’hic et nunc, non si impicca ai ricordi, pur apprezzando la proustiana memoria involontaria. Forse a livello letterario la cosa più originale è il saper miscelare sapientemente contemporaneità e passato, sapendo recuperare la tradizione e adoperando archetipi greci, della letteratura classica e anche dei nostri giorni. D’altronde il giovane poeta non poteva fare altrimenti per descrivere il mondo odierno, quello che con un ossimoro felice definisce “moderno medioevo”. In tutta la raccolta Piramide non fa altro che aggiornare continuamente i miti di ogni epoca. Altra cosa importante è una critica velata ai mali di quest’epoca, è la denuncia di inadeguatezza e di estraneità come condizioni esistenziali comuni. Nelle sue poesie vengono espresse le contraddizioni dell’amore e quelle dell’esistenza stessa. La sua poesia tocca i suoi momenti più alti con queste due espressioni verbali: “vivo: vuoto involucro” e “noi, ardenti sputi;/ stretti/ in terreni desideri”. A volte per cercare una forma espressiva congeniale alcuni autori impiegano anni. C’è chi spazia da un genere all’altro in una sperimentazione infinita. Sembra che l’autore abbia saputo dosare le forze e sembra che sappia quello che fa. Certamente sa quello che vuole. L’importante è che cerchi sé stesso piuttosto che un facile consenso. Importante è che rimanga sé stesso e che non si snaturi. Sembra comunque che Piramide abbia trovato la formula adeguata. A ogni modo molte parole sono giuste e ponderate,  il poeta ha saputo estrarle dal cilindro, cogliendo quelle che Montale chiamava occasioni. Piramide dimostra di saper evitare le trappole e gli inganni insiti nell’intellettualismo e nella pretenziosità, riuscendo a presentare un lavoro smilzo, mai corposo, insomma ben fatto. Questo non è poco, ricordandoci che per lo stesso Calvino leggerezza non significava faciloneria. Ebbene Piramide sa librarsi in volo leggero senza albagie né voli pindarici, anzi volando in modo saggio a mezz’aria. 

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