Lavorare gratis, lavorare tutti, il libro di Domenico De Masi – “Il 9 marzo esce in libreria il nuovo libro di Domenico De Masi intitolato “Lavorare gratis, lavorare tutti” e dedicato al fenomeno della disoccupazione.
Il libro – che sarà presentato a Roma, il 21 marzo alle ore 18.00 presso la lbreria Feltrinelli di Piazza Colonna – propone una semplice rivoluzione con cui costringere il mercato del lavoro a impiegare tutti i disoccupati. Qui di seguito si anticipa un passaggio del capitolo introduttivo.
I milioni di disoccupati (3,1 in Italia; 26 in Europa; 197 nel mondo) votano e, dunque, occorre estorcerne il consenso. Perciò si ricorre a continue, illusorie promesse di crisi che quanto prima cesseranno, a un’altalena di micro-mutazioni del PIL che quanto prima – così si mente sapendo di mentire – riprenderà a crescere, a una sarabanda di leggi, leggine e decreti legge cui si finge di affidare la soluzione radicale del problema, a sbandierare le rare circostanze in cui si riesce a creare qualche migliaio di posti di lavoro, tacendo furbescamente dei posti che, intanto, si perdono e dei milioni di disgraziati che restano disoccupati.
Intanto il sistema escogita mille sotterfugi (come i voucher), o affida agli stessi disoccupati il compito di crearne (come nel caso di uber) per spremere fino allo spasimo le masse di disoccupati estraendone ogni tanto qualcuno dal mucchio per elargirgli lavoretti interstiziali, fugaci e sottopagati, ma non per questo gradevoli e tranquilli, necessari comunque a soddisfare le esigenze marginali del mercato e a tacitare gli esausti postulanti.
Con questa “violenza della calma” (come recita il titolo di un libro di Viviane Forrester) il sistema sottopone i disgraziati a una doccia scozzese di piccole speranze e piccole disperazioni con cui viene resa ineluttabile e accettata la grande esclusione dal mondo dei produttori, pur restando ammessi nel mondo dei consumatori.
Questa grande rappresentazione teatrale del sistema-profitto, sollecito nell’elaborare piani sociali, interventi cautelativi, politiche assistenziali, fa comunque salvo il presupposto fuori discussione che la povertà e la disoccupazione siano fenomeni eterni, scontati, fisiologici, intrinseci alla natura e al genere umano e a quel processo economico neo-liberale che la “fine della storia” ha decretato vittorioso.
Appurato e decretato che la povertà non solo è inevitabile ma è crescente, nulla può impedire che masse sempre più numerose di giovani disoccupati vi caschino dentro. Se essi osano tergiversare nel loro retrocedere sul percorso della mobilità sociale, sono choosy; se recalcitrano, sono mammoni; se indugiano nel parcheggio universitario, sono sfigati. Se poi emergono inattesi dalle fogne periferiche e dalla cupa depressione per sfogare la loro rabbia fracassando una vetrina di Piazza Affari o di una boutique in via Condotti, allora i telegiornali amplificheranno la notizia per giorni e giorni, illustrandola con immagini meticolose, mentre i solerti commentatori di turno, con argomentazioni ritrite, faranno a gara per vivisezionare le cause psico-sociali di tanta perversione e per stigmatizzare la degenerazione immonda cui colpevolmente si crogiola certa gioventù dei giorni nostri, viziata e ingrata verso chi ne tollera l’esistenza.
Allora la buona borghesia, dimentica di essere andata al potere ghigliottinando 23.000 aristocratici durante la Rivoluzione francese, bollerà scandalizzata, senza se e senza ma, la violenza di coloro che avranno cercato di neutralizzare con le mazze, provocando qualche contusione, le cariche della polizia fornita di idranti, fumogeni, blindati e manganelli, oltre che di arme da fuoco.