Le vie dell’amicizia raggiungono Paestum: Riccardo Muti dirige l’Eroica – Domenica 5 luglio, alle 21.30 nel Parco Archeologico, il Concerto per la Siria con l’Orchestra Cherubini e musicisti siriani
Palmira e Paestum, l’una “sposa del deserto”, l’altra colonia greca dedicata a Poseidone: unite dal comune passato romano, dal riconoscimento UNESCO, dal più recente gemellaggio e, domenica 5 luglio, dal concerto diretto da Riccardo Muti. Ravenna Festival è al Parco Archeologico per la seconda tappa, dopo il concerto a Ravenna di venerdì, delle Vie dell’Amicizia, il progetto che dal 1997 visita luoghi simbolo della storia antica e contemporanea. La dedica alla Siria, per non dimenticare le sofferenze del suo popolo ostaggio della guerra e costretto alla diaspora, sceglie gli ideali di eguaglianza, libertà e fraternità di cui è intessuta l’Eroica di Beethoven per unire musicisti italiani e siriani, dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e della Syrian Expat Philharmonic Orchestra; sullo stesso palcoscenico anche la cantante Aynur Doğan e l’artista Zehra Doğan, entrambe di origine curda. Il concerto è dedicato alla memoria dell’attivista civile Hevrin Khalaf (1984-2019) e dell’archeologo Khaled al-Asaad (1932-2015), vittime dell’Isis. A Paestum, attraverso Paestum, Le vie dell’Amicizia raggiungono la Siria e ne ricordano anche il patrimonio di arte e cultura custodito in siti come Palmira, gravemente danneggiato dalle sistematiche distruzioni del terrorismo. L’appuntamento – sostenuto dalla Regione Campania con la Camera di Commercio di Salerno, in collaborazione con il Comune di Capaccio, il Parco Archeologico di Paestum e Velia, organizzato in collaborazione con Scabec, società della Regione Campania per i Beni Culturali – sarà ripreso e trasmesso su RAI 1 il 23 luglio alle 23.15.
“Arriviamo da Ravenna proseguendo il cammino dei viaggi dell’Amicizia – spiega Riccardo Muti – iniziato tanti anni fa in una Sarajevo martoriata dalle bombe con l’esecuzione dell’Eroica di Beethoven. E con l’Eroica di Beethoven siamo a Paestum, gemellata con Palmira; questo sottolinea il rapporto tra il nostro mondo e il mondo siriano e il sentimento di fratellanza nei confronti di una terra che visitammo già molti anni fa e dove ebbi l’occasione di lavorare con giovani musicisti siriani. Siamo fieri di aver incorporato nell’Orchestra Cherubini alcuni musicisti che provengono dalla Filarmonica Siriana Espatriata e che si uniranno a noi secondo un criterio che il Festival di Ravenna ha sempre osservato, quello di invitare i musicisti di ogni luogo che visitiamo a unirsi alle nostre forze musicali, che sono forze giovanili e quindi una speranza per un futuro migliore e un futuro di pace”. Sin dallo storico primo concerto a Sarajevo nel 1997 è da sempre Muti a guidare Le vie dell’Amicizia; negli anni il progetto ha visitato Beirut, Gerusalemme, Mosca, Erevan e Istanbul, New York, Il Cairo, Nairobi, Redipuglia, Teheran, Kiev…ma anche, nel 2004, il teatro romano di Bosra, fra Damasco e Aleppo. L’anno scorso il concerto si è invece tenuto sull’Acropoli di Atene. I templi greci di Paestum riflettono la stessa ricerca di armonia, lo stesso anelito di bellezza; eterne, sì, ma al contempo – ce lo ricordano le immagini di una Palmira sfigurata dall’Isis – fragilissime.
Palmira e Paestum: l’una città carovaniera dalle mille e una storie, non ultima quella di Zenobia, che ne fu signora e regina e affermò di discendere da Semiramide, Didone, Cleopatra; l’altra conquistata dai Lucani, poi dai Romani e ricordata da Virgilio, Ovidio e Properzio per il profumo delle sue rose che fiorivano due volte all’anno, primavera e autunno (vogliono alcune cronache che siano stati i Romani a portare in Europa la rosa damascena, o rosa di Damasco). Paestum e Palmira: entrambe attraversate dal filo rosso della conquista romana – è il latino, infatti, a traghettare fino a noi i nomi con cui le conosciamo; ma legate anche dall’inclusione fra i siti Patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO, pietre parlanti di una storia condivisa dove Occidente e Oriente si confondono e sovrappongono come miraggi, o punti di vista. Il viaggio a Paestum, dal 2018 stretta in gemellaggio a Palmira, offre l’opportunità di ricordare l’archeologo Khaled al-Asaad, per decenni direttore del sito siriano e vittima dell’Isis, a cui si era opposto a difesa dei reperti custoditi in quel luogo: un esempio di dignità, resistenza e amore per la cultura in circostanze drammatiche.
La dedica del Concerto per la Siria di quest’anno è anche quella a Hevrin Khalaf: questa giovane donna, segretaria generale del Partito del Futuro siriano, attivista per i diritti delle donne e in prima linea per il riconoscimento dell’identità del popolo curdo e per un dialogo pacifico fra curdi, cristiani e arabi, è stata uccisa in un agguato lo scorso ottobre. A rendere omaggio alla dignità e al coraggio di Khalaf e al-Asaad anche la musicista Aynur Doğan e l’artista Zehra Doğan; entrambe di origine curda, entrambe impegnate per la questione femminile, entrambe oggetto di attacchi e censure. Non ne è stata indenne Aynur, che ibrida la tradizione del suo popolo con una sensibilità contemporanea e vanta collaborazioni di prestigio come quella con Yo-Yo Ma, mentre un dipinto sulla distruzione della città di Nusyabin, condiviso sui social media, è valso la condanna a due anni, nove mesi e ventidue giorni a Zehra (che non ha smesso di dipingere nemmeno nelle carceri turche). La performance pittorica live di Zehra si intreccerà al canto di Aynur.
La Syrian Expat Philharmonic Orchestra (SEPO) è stata creata nel 2015 in Germania ed è la prima orchestra sinfonica per musicisti siriani di professione e formazione accademica che vivono su suolo europeo, anch’essi vittime di quella diaspora che da anni affligge quel popolo, martoriato dal conflitto. La SEPO si dedica non solo al canone classico, ma anche alla musica siriana, araba e orientale, nelle sue forme sinfoniche e in quelle contemporanee. Molti dei musicisti della SEPO sono stati, prima di divenire rifugiati, parte della Syrian National Symphony Orchestra, quella stessa formazione che si unì agli italiani per il concerto a Bosra nel 2004. Nessun musicista ha potuto volare dalla Siria all’Italia, ma il loro direttore Missak Baghdabourian ha salutato l’annuncio del doppio concerto a Ravenna e Paestum: “L’amicizia e la solidarietà di Ravenna Festival sono un sostegno importante per un popolo che ha pagato e sta ancora pagando un prezzo alto nella battaglia contro il fanatismo, un Paese dove anche le pietre di Palmira, Ebla e tanti altri siti archeologici sono state vittima dell’odio e dell’oscurantismo. Un nuovo gesto umano e musicale che accentua il ruolo della cultura e la musica nel rafforzare i legami fra i popoli”.