I Licorice Trip nascono da un incontro/scontro fortuito di quattro viaggiatori, Domenico Vescia (chitarra e Voce), Salvatore Giorgio (chitarra), Gabriele Caruolo (basso) e Angelo Dell’Olio (batteria). I quattro provenienti dal cuore pulsante della Puglia costiera sono accumunati da un’unica passione, quella del sound proveniente dal deserto californiano.
Quello dei Licorice Trip è un viaggio che parte da un luogo ben definito ma non rimane fermo all’ombra di un Joshua Tree nel deserto di Sonora, si snoda attraverso praterie sonore ricche di contaminazioni: dalla piovosa Seattle, avventurandosi per le tortuose vie del prog, sino ad approdare ai lidi più riflessivi e introspettivi del post rock moderno. Questo viaggio è fitto di atmosfere e sensazioni differenti, ricco di tante storie diverse fatte di serial killer, rapimenti alieni, di donne che leccano i pomelli delle porte come atto sessuale, di battaglie perse, vinte o ancora in corso, storie di spiriti guida dispersi nel tempo e poi ritrovati nel momento giusto. I Licorice Trip sono un insieme di narrazioni che si intrecciano fra loro pur rimanendo entità distinte. Suoni liquidi, caldi, alle volte inquieti altre volte suadenti e accoglienti saranno il vostro mezzo di trasporto per questo viaggio musicale. Non c’è limite al numero di passeggeri, i Licorice Trip vi aspettano a bordo!
Ecco la nostra intervista a Gabriele Caruolo bassista e coautore del gruppo.
Benvenuti Licorice Trip! Oggi abbiamo il piacere di parlare del vostro nuovo album, “Mexicaña”. Raccontateci, cosa rappresenta questo disco per voi?
Il piacere è tutto nostro, grazie davvero a voi per averci concesso questo spazio. Mexicaña è il punto di approdo di un viaggio musicale condiviso da quattro anime fra loro diverse ma che sono riuscite a produrre qualosa di coerente ed unitario. Siamo molto soddisfatti di questo traguardo e speriamo che tante persone vogliano avventurarsi tra le tracce di questo album per poter scoprire anche loro la rotta che abbiamo tracciato.
Parliamo di “Mardy Fish”, una traccia che affronta la pressione e l’ansia nello sport. Come avete trasformato questi temi in musica?
Tre membri sul quattro del gruppo hanno sofferto in passato di disturbi d’ansia somatizzata e conseguenti crisi di panico, io sono uno di questi tre. Una sera mi sono imbattuto nell’ormai celebre documentario su Mardy Fish, sono rimasto molto colpito dalla sua storia in particolare dal suo eccezionale coraggio mostrato paradossalmente proprio mentre era vittima di una violenta crisi di panico. Mardy Fish si è ritirato durante il match più importante della sua carriera ed ha spiegato a tutto il mondo che soffriva di crisi di panico, grazie a lui tanti altri sportivi hanno potuto fare “coming out” in tal senso e le cose sono sensibilmente migliorate. E’ stato per me un uomo di grande ispirazione e volevo davvero riportare il suo esempio.
Passiamo a “Glitch”. Una canzone su un gatto che riflette le dinamiche umane. Cosa volevate comunicare con questo brano?
Che gli umani sono imprevedibili, anche più dei gatti. La natura umana è sociale ma anche violenta e territoriale, dobbiamo vivere in comunità per sopravvivere ma spesso vogliamo emergere come individui in questa comunità in cui viviamo e vogliamo farlo a qualunque costo. Ci piace pensare che siamo razionali, che ragioniamo e agiamo di conseguenza, il più delle volte è vero ma molte volte ci sono dei “glitch” derivanti dai nostri istinti primordiali che mandano all’aria tutto il nostro essere razionale e sociale.
E poi c’è “Mexicana”, una traccia molto potente. Come nasce l’idea di un guerriero azteco Chihuahua?
Mexicaña ha come musa ispiratrice la mia Chihuahua Honda, la potete ammirare sia nella copertina del singolo che in tutto l’artwork dell’album. Honda ha un carattere fiero e combattivo e spesso e volentieri, non chiedetemi davvero perché, viene confusa per un maschio. Ho voluto quindi tradurre quello che Honda mi ha sempre detto in questi momenti di frustrazione dovuti al continuo misgendering a cui è sottoposta e così è nata la canzone. Honda è un cane minuscolo, pesa poco più di 2kg, ma non rinuncia mai a far valere coraggiosamente la sua identità, ho scritto questa canzone sperando che il suo coraggio e la sua forza possa essere di ispirazione a tanti.
“Cairo” e “One Way or Another” offrono spunti molto diversi. Potete approfondire?
“One Way or Another” è una cover di Blondie che abbiamo volute realizzare perchè pensavamo che il suo testo calzasse a pennello con il concept dell’album: il dualismo complementare. Come è ben noto questa canzone parla di amore che si trasforma poi in ossessione, qualcosa di universalmente positivo che però mostra di poter avere il suo lato negativo e oscuro, un esempio perfetto di dualismo. Per quanto riguarda “Cairo” è sicuramente la nostra canzone più criptica e vogliamo che rimanga tale, nelle poche parole del testo sono racchiusi diversi significati e lasciamo agli ascoltatori scegliere quello che più li aggrada.
“Sagawa”, “Doorknob Girl” e “Sidney” sono pezzi che spaziano dal macabro all’omaggio cinematografico. Qual è il filo conduttore?
“Sagawa” e “Doorknob Girl” sono due brani che hanno un filo conduttore chiaro e diretto: il Giappone. Entrambe mostrano aspetti controversi, per noi occidentali almeno, della cultura giapponese, da un lato abbiamo un cannibale che è stato poi trattato da star in patria e dall’altro l’estremo feticismo di ragazze che leccano i pomelli che fa da contraltare alla compostezza classica della società nipponica. Sono entrambi esempi molto calzanti di dualismo complementare e sono anche storie davvero interessanti. “Sidney” è un omaggio diretto al regista “Sidney Lumet” e al suo film “The Network”, la canzone è strumentale proprio perché vuole essere una specie di colonna sonora ad alcune delle scene più iconiche di questo film in particolare al celebre primo monologo dell’anchor man Howard Beale.
Ultima traccia, “Hills Abduction”. Una storia incredibile di rapimento alieno. Come avete deciso di rappresentare questo racconto?
Il tema delle “Abduction” rappresenta a mio avviso uno dei pochi esempi di folklore moderno e globale, a livello antropologico e umano sono davvero interessanti. Il rapimento alieno dei coniugi Hills è la madre di tutte le storie di rapimenti alieni, è il capostipite indiscusso. Questa storia ha davvero una marea di dualità incredibili: lo stato ipnotico e la veglia, l’inconscio e il subconscio, l’uomo e la donna, il viaggio e il rapimento, il dialogo e la violenza, il trauma e la rivelazione e soprattutto la realtà e la finzione. Con questa canzone noi vogliamo porre proprio questo interrogativo agli ascoltatori: realtà o finzione? Cosa scegliete?
Qual è la canzone che vi emoziona di più quando la eseguite dal vivo e perché?
E’ una domanda difficile, posso rispondere a titolo personale e dire che forse Mexicaña è quella che mi emoziona di più perché parla della mia cagnolina… ma in verità qualsiasi brano suoniamo per me è sempre una grande emozione perché sento che in un modo o nell’altro riusciamo a connetterci con chi è li ad ascoltarci ed è sempre una bellissima sensazione.
Quali sono i vostri piani per promuovere “Mexicaña”? Avete in programma un tour?
Sicuramente ci sarà un tour, lo stiamo organizzando e poi abbiamo in cantiere anche la realizzazione di un videoclip, attualmente però la promozione attraverso i live ha l’assoluta priorità, vogliamo davvero portare il più possibile in giro il nostro lavoro.