ll paradigma di Kuhn atto secondo allo StudioO2 di Cremona – La mostra collettiva Il paradigma di Kuhn riunisce le opere di 19 artisti, dilatandosi in due sedie in due momenti diversi: dopo il primo atto – inaugurato lo scorso 20 gennaio alla galleria FuoriCampo di Siena – sabato 27 gennaio alle ore 18.00 apre il secondo atto negli spazi di Studio O2 a Cremona, un ex edificio industriale gestito da un gruppo di giovani ingegneri, che ospiterà fino al 28 febbraio una serie di lavori di Marco Basta, Thomas Berra, Alessandro Biggio, Andrea Bocca, Pamela Diamante, Antonio Fiorentino, Mafalda Galessi, Corinna Gosmaro, Helena Hladilovà, Vincenzo Napolitano, Dario Pecoraro, Alessandro Polo, Gianni Politi, Agne Raceviciute, Stefano Serretta, Namsal Siedlecki, Luca Trevisani, Serena Vestrucci, Mauro Vignando.
Fu l’epistemologo Thomas S. Kuhn nel suo libro più famoso La struttura delle rivoluzioni scientifiche a indicare che la scoperta comincia con la presa di coscienza di un’anomalia rispetto alle aspettative, che viene esplorata finché la teoria paradigmatica non viene riadattata, e ciò che era anomalo si trasforma in normalità. Esiste dunque un legame di continuità fra scienza e rivoluzione, nel senso che lo scienziato opera sempre all’interno di una cornice di riferimento riconosciuta e apparentemente solida, fino ad individuare il limite e a superarlo con un adattamento teorico, alimentando dunque il seme del cambiamento verso una nuova rivoluzione.
Seguendo il pensiero di Kuhn, anche il mondo dell’arte può dirsi scandito da brevi momenti di rivoluzione, Manifesti o Secessioni, a cui si alternano lunghi periodi di “accademismo”, che, riproducendo certi principi compositivi o teorici, stimolano a loro volta un cosiddetto “punto di svolta” sul piano culturale.
Le opere presenti in mostra sono accumulate perciò da un pensiero anti-passatista, inteso non tanto come rifiuto del passato quanto piuttosto come rilettura obiettiva della storia, lontano da riferimenti ideologici pretestuosi, per proiettare la prassi artistica su tematiche più universalistiche attinenti il mutamento e la trasformazione, componenti ultimi e soluzione del reale.
Così lavora Andrea Bocca, con materiali diversi ed elementi di recupero riadattati per l’uso, che servono a creare scenari non definiti, in bilico tra le necessità di congelare un momento in un arco temporale preciso e un’evoluzione verso l’esterno. Eterogenità di materiali anche per Antonio Fiorentino, che sperimenta con marmo, gesso, bronzo, cera, spesso presentati sotto grandi teche museali in un’estetica pulita e rigorosa. Gianni Politi, presente in mostra con un dipinto sottratto dal contesto, lascia una cornice vuota, vissuta ed elaborata, come traccia della pratica effettuata e dell’abbandono. Anche Agne Raceviciute racconta, all’interno di grandi gabbie di tessuti intrecciati, qualcosa che è passato e che il pubblico assume in maniera sempre diversa, chiamato a partecipare a questa mutazione come testimone esterno in un’azione quasi teatrale. Sono suggestioni quelle percepite nel video di Luca Trevisani dove l’artista assembla materiali organici in un contesto fortemente scenografico, una cava di marmo levigata dall’acqua in un gioco di scambi e composizioni di forme d’ogni sorta. Hanno luna componente ludica anche le opere di Mauro Vignando: delle bocce che l’artista ha tagliato, stravolto, mescolato e assemblato, creandone di nuove, come tracce mobili, incontrollabili che neppure il gesto dell’artista può raddrizzare. Ogni evento può diventare imprevedibile,basta cambiarlo, spostarlo, rigirarlo. È quello che fa Pamela Diamante con uno schermo di un monitor ribaltato, che altro non sembra che uno specchio nero. Un errore di sistema, un capovolgimento di valori per indagare non più il messaggio, ma il mezzo. Diventa tutto relativo, non c’è più l’assoluto. Neppure in pittura dove il gesto di Thomas Berra si è estremizzato in una sintesi armoniosa: basta segnali del reale trovato in natura, basta ripetizioni di senso, ma si fa avanti una ricerca ossessiva del tratto e del segno che rimane. Più cupa, misteriosa e documentativa la pittura di Dario Pecoraro che, attraverso un apparente istintivo utilizzo del colore, raccoglie momenti rubati in giro, rielaborandoli attraverso stratificazioni, come livelli di percezione diversi. La pittura è utilizzata come materia extra-mediale – fuori dal supporto canonico – come per Corinna Gosmaro che, con colore a spray su poliestere, suggerisce allo spettatore un’altra possibilità spazio-temporale, fuori dal sistema. Corinna racconta il reale attraverso stratificazioni, accumuli ordinati di frammenti di quotidiano. Mafalda Galessi espone in mostra un cubo con un rubinetto dal quale il fruitore può far scendere la birra fino all’esaurimento. Ciò che rimane è la traccia, la schiuma in questo caso, come metamorfosi del passaggio. Di controllo dell’uomo sulla materia e sulla natura racconta Namsal Siedlecky che indaga la tecnica e la creazione di oggetti d’uso comune, l’evoluzione della forma, senza snaturarne le funzionalità. Il quotidiano è tracciato e rielaborato da Vincenzo Napolitanoattraverso installazioni di materie differenti e forme eleganti, dove elementi tolti al reale spezzano rigore e cambiano gli equilibri, fungendo da contrappesi. Alessandro Polo racconta un manufatto (il braciere) creato dall’uomo con una funzionalità precisa, e lo riprende attraverso l’accumulo di scarti, di residui lasciati da altri, risolvendo una ri-appropriazione dell’oggetto d’uso. L’uomo che abbandona tracce indelebili e dannose è il soggetto della ricerca di Stefano Serretta che vuole rielaborare, attraverso il lettering di un neon, quel concetto abusato di antropocene, inventato arrogantemente dall’uomo per l’uomo. L’idea di passaggio, di minuziosa elaborazione produttiva, è quella indicata nelle opere di Helena Hladilova, i cui arazzi cuciti a mano come tele giganti ricordano un ciclo continuo di lavorìo e di consumo. È in un viandante attivo che sceglie se aprire le porte e cercare da dove provengono i miagolii dei gatti abbandonati – forse? – di Voiceover, l’opera sonora realizzata da Serena Vestrucci, che interviene con un’attitudine ironica nello spazio che ci pone davanti a un problema da risolvere: c’è una presenza nello spazio?
Questi sono solo alcuni esempi di opere in mostra incentrate sull’idea di costruzione e adattamento, su equilibri formali e rapporti di forze, in un’incessante analisi del proprio presente e di un’eventuale soluzione per il futuro. Un atteggiamento che forse deriva da un sistema dell’arte nazionale sempre più chiuso su se stesso che offre poche possibilità agli artisti italiani, ancora schiacciati da due paradigmi tanto ingombranti e resilienti – l’Arte Povera e la Transavanguardia – da apparire perfino dogmatici e inibire lo sviluppo di un nuovo corso per l’arte.
La mostra di trasforma dunque in una sorta di “spazio critico” sulle attuali “capacità” dell’arte contemporanea, sottoponendo alla verifica sperimentale alcuni principi artistici ed espositivi, grazie alle opere di artisti considerati come marcatori, sensibili indicatori di un’anomalia riconducibile all’esaurirsi della capacità esplicativa del paradigma.
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Il primo atto della mostra ha inaugurato sabato 20 gennaio alla Galleria FuoriCampo di Siena (fino al 31 marzo) con una serie di 19 piccoli lavori che hanno anticipato gli interventi degli artisti presso lo StudioO2 di Cremona.
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IL PARADIGMA DI KUHN.
Marco Basta, Thomas Berra, Alessandro Biggio, Andrea Bocca, Pamela Diamante, Antonio Fiorentino, Mafalda Galessi, Corinna Gosmaro, Helena Hladilovà, Vincenzo Napolitano, Dario Pecoraro, Alessandro Polo, Gianni Politi, Agne Raceviciute, Stefano Serretta, Namsal Siedlecki, Luca Trevisani, Serena Vestrucci, Mauro Vignando.
atto primo
Galleria FuoriCampo
Via Salicotto, 1/3, Siena
21 gennaio – 31 marzo 2018
opening sabato 20 gennaio, ore 19:00-21.00
orari: martedì-sabato 16.00-19.00; domenica e lunedì su appuntamento
contatti: + 39 339 5225192 | +39 349 1781638 | info@galleriafuoricampo.com
sito web: www.galleriafuoricampo.com
atto secondo
StudioO2
via Mantova 33, Cremona
28 gennaio – 28 febbraio 2018
opening sabato 27 gennaio, ore 18.00-21.00
orari: visita solo su appuntamento
contatti +39 3488512302 – ettore.favini@gmail.com