Luca Elmi, un regista poliedrico ed esplosivo
Esplosivo, professionale e passionale. Questo è Luca Elmi un bravissimo film – maker che, con le sue opere riesce a far sì che attori e pubblico al momento in cui le luci si spengono si fondano per diventare una sola cosa magistralmente condotta e orchestrata dalla trama che scorre sullo schermo. In quei minuti gli spettatori non sono più spettatori ma diventano un tutt’uno con la storia, con gli attori. Ridono, piangono, gioiscono o soffrono come se fossero protagonisti. Per lui il cinema è passione, amore, è la realtà che viene catturata e trasformata in un turbinio di sensazioni ed emozioni condita talvolta da un pizzico di ironia. In poche parole potremmo definire Luca Elmi un artista, un attore e un produttore che con la sua arte e magistralità è riuscito a dar vita a dei corti incredibili e che stanno riscuotendo successo nella grande mela. Il 30 novembre al The Space Cinema Odeon di Milano, ci sarà l’anteprima nazionale di due suoi corti che hanno riscosso un notevole successo negli Stati Uniti: “The prostate song” e “HYENA”. Ma lasciamo che sia Luca Elmi a presentarceli.
Il primo, “The prostate song”, è un videoclip musicale divertente, quasi una presa in giro, uno sberleffo sulla prostata, quell’organo che scandisce un passaggio importante nella vita di un uomo che suo malgrado diventa maturo. Il secondo invece, “HYENA” è più impegnativo per i suoi contenuti che affrontano temi quale la violenza e la pena di morte e che in Italia, ha vinto il premio della Giuria Giovani dell’Amarcort Film Festival.
Si tratta quindi di due storie, due corti diametralmente opposti. Quale dei due preferisce?
Hanno caratteristiche, ritmi e contenuti differenti. Appartengono a due mondi diversi e a essere sincero, non posso dire di preferire l’uno all’altro. In qualche modo entrambi mi rappresentano, fanno parte del mio modo di essere, di raccontare e di mettere in scena delle storie.
Come è nata la voglia di scrivere, girare e fare l’attore?
Non c’è stata una vera e propria scintilla. Penso che fosse già tutto nel mio Dna. Da piccolo almeno una volta a settimana andavo a teatro e al cinema con mia madre. Mi piaceva moltissimo e ben presto scoprii che oltre alle storie mi interessava scoprire tutto quel mondo che si nascondeva dietro ossia il montaggio, lo scrivere e il recitare. Passo dopo passo ho iniziato a costruire quella che è diventata la mia passione. Ad oggi posso dire che mi sento più regista che attore anche se devo ammetterlo che se c’è una scena che mi intriga o che mi piace in modo particolare la interpreto volentieri.
Cosa significa per te dirigere, scrivere e mettere in scena una tua opera?
E’ una sensazione indescrivibile. E’ come fare sesso seduti sulla poltrona del dentista, mentre ti stanno otturando una carie. Si sente un piacere incredibile, ma si è sempre consci che il piacere si può tramutare in un dolore lancinante in un battito di ciglia.
Ti emozioni ancora quando sei davanti a una telecamera?
Davanti ad una telecamera un pizzico di emozione c’è sempre, anche se a dir la verità, sono abbastanza tranquillo in quanto so che se sbaglio la scena si può girare nuovamente. Quello che invece mi spaventa è il teatro. Quando sei su quelle assi con i riflettori addosso e il pubblico che ti guarda non hai possibilità di errore. Se sbagli non puoi rifare il tutto, sbagli e basta.
Che cosa significa per te fare un film?
E’ una continua scoperta. Devi scrivere una storia che intrighi e che interessi, devi trovare gli attori giusti e spesso devi anche cambiare alcune battute per cucirle loro addosso in modo che si sentano a loro agio. E’ importante che gli attori entrino nel personaggio e che quello che tu hai scritto possano indossarlo come un abito. Solo così si crea il giusto feeling. Storia ben raccontata è una sospensione della realtà che ti deve catturare e risucchiare per tutta la sua durata. Un film è un lavoro di squadra e tutto deve funzionare alla perfezione. E’ come un ingranaggio delicato.
Ci sono delle tecniche affinché gli attori diano il meglio davanti alle telecamere?
Il fatto che io recito mi aiuta a capire quello che gli attori provano, le loro paure e difficoltà. Io non faccio altro che spogliarli di quelle che sono le ‘cattive abitudini’, per poi spronarli fino a quando non emergere il loro io e la loro bravura. E’ una fase delicata dove tecnica, fiducia e voglia di emergere camminano di pari passo fino a fondersi.
Riusciresti a scrivere un’opera e ad affidarla a un altro regista?
Difficile. In passato l’ho fatto, il risultato è stato egregio ma io ho sofferto molto. Man mano che vedevo quello che era stato realizzato pensavo: “io avrei fatto così o …. “ Al momento non credo di essere disposto a farlo nuovamente.
A quando un film?
Presto già a primavera ci saranno un paio di soprese interessanti.