Canzoni socialmente utili? Ha ancora senso questo aspetto del fare musica oggi? È probabile o comunque, dischi come questo, arrivano bene ma soltanto a chi vorrà farseli arrivare bene. Come a dire: lascio che la mi coscienza si scuota solo e soltanto se io sono predisposto a questo. Prendete per mano “Ascolta piccolo uomo” di Reich e vediamo che effetto vi fa. E devo dire che, tra teatro e “canzonetta pop” (le virgolette chi le capisce è già un passo oltre), questo nuovo lavoro di Luca Maciacchini fa un poco la stessa cosa. Non la manda a dire e ci prende a schiaffi.
Si intitola “La farmacia potrebbe anche non esserci”, uscito per la RadiciMusic Records, si presenta con questa copertina densa di sintesi, di un giallo non troppo acceso, di cerchi non meglio codificabili, probabilmente in rosso svetta l’anomalia del sistema e, manco a dirla, l’anomalia del sistema sociale sono quelli come lui che hanno un potere critico ancora sveglio tanto da cantarle tutte le storture di questa nostra politicizzata normalità. E lo fa Maciacchini, lo fa come sa farlo, con il guizzo ironico di chi sa andare in scena con orrendi occhiali verdi (e che si dica ad alta voce che la scelta è mirata proprio a questo), lo fa con l’intelligenza di chi sceglie le parole capaci sia di stare in mezzo alla gente comune, sia di prenderci a calci in quel posto, ebeti dormienti che non siamo altro. Canzoni pop di cui non c’è troppo da dire: musicalmente parlando il disco fa i compiti classici, strofe ritornelli, scale e arrangiamenti meno quadrati e didattici del solito, frutto di una bella cultura musicale che gli concede anche il lusso della sintesi.
Anche la produzione non merita critiche negative e neanche colpi di scena di chissà quale merito e rivoluzione. Insomma tutto sta al suo posto. Avrei messo molto meno riverbero (o comunque ne avrei curato molto la coda finale) del monologo che chiude il disco, forse un poco troppo alla Gaber o forse precisamente voluto così tanto alla Gaber. “La farmacia potrebbe anche non esserci” va ascoltato senza maschere e coltelli, senza la paura di sentirsi preistorici e responsabili della nostra stessa stupidità.
«L’attività dello scrivere canzoni la vedo come un aspetto del mio lavoro, che comprende anche spettacoli di teatro canzone su argomenti diversi come la mafia, il gioco d’azzardo, la violenza sulle donne. Qui in un album le canzoni possono però anche permettersi di essere piccole entità a sé stanti». Luca Maciacchini