Lunedì 28 giugno, ore 21.30, alla Rocca Brancaleone per il Quartettsatz e il Quintetto D. 956
Chi ha paura dell’incompiuto? Non certo Franz Schubert, che oltre alla sua Sinfonia più famosa, l’“Incompiuta”, diede alla luce anche un gioiello come il Quartettsatz, il primo movimento di un quartetto per archi mai completato. Dal 1820 rimane il mistero sui motivi dell’abbandono. Alla Rocca Brancaleone, lunedì 28 giugno, alle 21.30, il Quartetto Guadagnini tornerà su queste pagine potenti ed enigmatiche che da due secoli sfidano storici e musicologi. Accanto al Quartettsatz il programma prevede un vero e proprio monumento schubertiano, il Quintetto in Do maggiore D. 956, una delle ultimissime composizioni scritte dal compositore viennese prima di morire precocemente a 31 anni. Per l’organico di questo capolavoro estremo, paragonabile per proporzioni e potenza espressiva a una sinfonia, ai musicisti del Guadagnini si unirà il violoncellista Enrico Bronzi. Schubert aveva infatti previsto il raddoppio della parte di violoncello per conferire un colore più scuro al suo lavoro.
Ci sono state molte speculazioni sull’inspiegabile abbandono del Quartetto n. 12, chiamato Quartettsatz proprio per la sua forma incompleta (letteralmente: movimento di Quartetto). Tra le ipotesi più suggestive ci sarebbe quella secondo la quale, sopraffatto dalla potenza del primo movimento, Schubert non si sarebbe più ritenuto capace di continuare alla stessa altezza. E infatti nel 1820 abbozzò soltanto le prime battute del secondo movimento, senza proseguire oltre. Un problema di proporzioni e paragoni che non lo toccò nella stesura del Quintetto in Do maggiore D. 956, il suo lavoro cameristico più ambizioso, completato nel settembre 1828, due mesi prima di morire. Qui le “divine lunghezze” di Schubert dettano tempi che non sono quelli convenzionali. Si può ascoltare il Quintetto, una delle massime espressioni del sublime nel Romanticismo tedesco, solo a patto di abbandonarsi alle esitazioni, agli slanci, ai dubbi proposti dal compositore, che non ebbe mai la gioia di ascoltare in vita il suo capolavoro. Ignorato dal suo editore, il brano trovò infatti la prima esecuzione pubblica soltanto nel 1850.
Formatosi nel 2012, in appena due anni di attività il Quartetto Guadagnini ha ottenuto subito il prestigioso Premio “Farulli” assegnato dalla critica italiana nell’ambito del Premio “Abbiati”. Da allora si è confermato come una delle formazioni cameristiche più promettenti e talentuose in Italia e nel mondo. Vincitore di premi internazionali, il quartetto ha completato un ciclo di perfezionamento presso l’Accademia “W. Stauffer” a Cremona, studiando con Hatto Beyerle, storico violista del Quartetto Alban Berg. Il Quartetto Guadagnini suona quattro strumenti di liuteria moderna: Fabrizio Zoffoli un violino Marino Capicchioni costruito a Rimini nel 1962; Cristina Papini un violino Massimo Nesi costruito a Firenze nel 2006; il violista Matteo Rocchi e la violoncellista Alessandra Cefaliello due strumenti del liutaio Bresciano Filippo Fasser (2012 e 2016).
Violoncellista e direttore d’orchestra, Enrico Bronzi ha toccato tutte le più importanti sale da concerto del mondo, dalla Carnegie Hall di New York alla Filarmonica di Berlino, passando per il Konzerthaus di Vienna, il Mozarteum di Salisburgo e la Wigmore Hall di Londra. La sua ricca esperienza da solista l’ha portato a imporsi in importanti concorsi internazionali e collaborare con artisti come Martha Argerich, Alexander Lonquich e Gidon Kremer. L’attività da solista di Enrico Bronzi si affianca a quella con il Trio di Parma, ensemble che ha fondato nel 1990 e si completa e arricchisce con la didattica. Dal 2007, infatti, è professore alla prestigiosa Universität Mozarteum Salzburg.
Info: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: posto unico numerato 20 Euro, under 18 5 Euro
L’appuntamento sarà disponibile in streaming su ravennafestival.live