Manolo al Festival: “A vent’anni tutti ci sentiamo immortali” – Maurizio Zanolla, ma per tutti “Manolo”, è uno dei più grandi interpreti della disciplina dell’arrampicata. Le sue creazioni, molte delle quali mai più ripetute, sono delle vere e proprie pietre miliari. “Eravamo Immortali” è il titolo della sua autobiografia nella quale ripercorre i primi vent’anni di attività, un affresco delle sue esperienze più intense ed emozionanti. Al Festival dello Sport, ai piedi della parete di arrampicata innalzata in Piazza Santa Maria Maggiore, ne ha parlato davanti ad un numeroso pubblico conversando con il giornalista della Gazzetta dello Sport Simone Battaggia.
“Un titolo ironico per raccontare l’età dell’incoscienza e del coraggio e anche per offrire un suggerimento in una prospettiva positiva specie per i giovani”. Spiega così Manolo il titolo del suo libro e aggiungendo subito dopo: “Ho cercato di raccontare un percorso che mi ha portato dalla periferia al cuore della vita. Il mio percorso. Non è quindi un libro di alpinismo perché proprio non volevo scrivere un libro di alpinismo.”
Manolo spiega anche che lui era cresciuto in una condizione sociale e culturale del tutto lontana dall’alpinismo e che ha voluto qui raccontare come un ragazzino nato in questo contesto si è avvicinato alla montagna e perché.
“E quando hai capito che quelle montagne avrebbero potuto farti trovare la tua strada”, ha chiesto allora Simone Battaggia.
“Uno dei momenti importanti, ha spiegato Manolo, è stato quando ho realizzato che la mia vita stava prendendo la direzione della fabbrica dove non avevo scelta. Ho cercato di ribellarmi, di provare a cambiare questo destino e ho incominciato a guardare in alto. Ho conosciuto un ragazzo che mi ha catturato parlando di luoghi selvaggi, di avventure che non avevo mai preso in considerazione e mi ha convinto a provare a scalare. E’ stato il mio primo maestro importante. Ciò che mi ha conquistato è stato quando le mie mani hanno toccato la roccia. Ho capito subito che con le mie mani e i miei piedi potevo aprirmi una strada nella vita, trovare un percorso che era solo mio. E che mi rendeva libero. Ed è un’idea che continua ad affascinarmi. L’arrampicata continua a catturarmi proprio per questo. È un ricordo che è rimasto forte dentro di me, come anche le altre cose che ho cercato di raccontare, sempre legate a forti emozioni.”
Spiega come la montagna e l’alpinismo è stata per lui una forma di esplorazione che è servita per comprendere molte cose: “Una università straordinaria per guardare le cose in un modo completamente diverso”.
Ieri Adam Ondra ha parlato di Manolo come di un grande visionario e Manolo a sua volta ha spiegato il ruolo che il giovane talento ha avuto nella scrittura di “Eravamo immortali”.
“Due anni dopo che avevo firmato il contratto con l’editore non avevo ancora iniziato. Adam è stata la molla per scrivere questo libro. Siamo andati insieme a scalare e quel giorno mi è venuta l’idea proprio guardando quel ragazzino di vent’anni così pieno di entusiasmo. Aveva fatto il giorno prima un esame e si era fatto 900 chilometri per venire da me. E mi sono chiesto: ma io cosa avevo fatto a vent’anni. E da lì mi è venuta l’dea di raccontarli. Io finivo un periodo non potevo più fare quello che lui incominciava a fare. Mi sono girato, ho guardato la valle e ho visto dove sono nato e ho pensato: ecco vorrei raccontare esattamente questo, dal ricordo più lontano che ho nella vita per arrivare a vent’anni, l’eta di Adam. E il libro racconta questo. Grazie dunque Adam perché mi hai aiutato a iniziare questo libro.”