Matteo Bonechi: la semplicità di un’estate spietatamente italiana

Siamo nel pieno dell’estate, folle, torrida… spietata. Siamo, penso io o almeno questa è la visione che mi arriva, dentro un condominio nella periferia romana… ma anche sul suo litorale o comunque a due passi dal caos. Il caos della città invernale lo abbiamo parcheggiato per liberarci di ogni maschera e teatro decisamente caratteristico. Che poi tutto questo, Matteo Bonechi, lo ha fatto suonare jazz, lo copre di fumo e di romanticismo. “L’estate spietata” è questo suo nuovo disco, analogico, in presa diretta… insomma, cotto e magiato.

Quanto romanticismo ci vuole per pensare a simili sceneggiature italiane?
Invero credo che le sceneggiature siano sotto gli occhi di tutti e vadano semplicemente decifrate, interpretate. Sta proprio al traduttore accentuarne le eventuali note romantiche, tragiche o comiche che si voglia. Il difficile sta proprio nel miscelare più caratteristiche, nel tentativo di concepire una sensazione che vada oltre il singolo significato.

E quanta intelligente critica anche?
La mediazione artistica è uno strumento fondamentale di critica della realtà. A volte la si confonde con l’intrattenimento e tutto sommato ci può anche stare. Diciamo che le produzioni indipendenti hanno come grande vantaggio quello di poter mettere in scena quello che preferisce l’autore, senza bisogno di eccessivi compromessi. Penso inoltre che lo strumento stesso della critica sia indipendente dal genere musicale che si sceglie e dalle mode del periodo.

Una fotografia di quello che siamo… ma comunque è assai aderente a immagini classiche, anche antiche se vuoi. Non pensi che ora, fronte all’estate urbana delle grandi città, si è diversi?
Si è molto diversi. Siamo abituati credo a pensare all’estate come periodo di ferie scanzonate tout court. La mia invece, come penso quella di molti, si svolge in città, quando i giorni non finiscono mai e la canicola diventa una battaglia. Per non parlare del senso lato della definizione. Insomma la bella stagione può comunque essere tormentata dai temporali.

A proposito di attualità: questo disco in che modo guarda all’attualità? Te lo chiedo perché anche nel modo e nel suono mi sembra assai classico per non dire antico (in senso artistico e bello del termine).
Il vestito acustico del disco suona chiaramente come qualcosa di antico. Il rag time, le spazzolate varie ovviamente si aggrappano a un genere ben preciso. Malgrado ciò penso che le storie siano ancora attuali e anche se qualcuno mi accusa di “macchiettizzazione”, la maschera italiana è ancora profondamente presente tra noi, e costituisce ancora la miglior sintesi di molta della nostra routine.

Un uccellino ci ha parlato di un video in arrivo… o sbaglio?
Ci stiamo pensando su. Ma un video sarebbe il miglior modo per chiudere l’estate spietata. Presto lo saprete!

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