MICHELE MARIOTTI DIRIGE
SIMON BOCCANEGRA IN FORMA DI CONCERTO
AL XXI FESTIVAL VERDI
Il Maestro pesarese sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna, maestro del coro Gea Garatti Ansini, torna a dirigere la partitura del suo primo Verdi dopo quattordici anni. Solisti Igor Golovatenko, Angela Meade, Riccardo Della Sciucca, Michele Pertusi, Andrea Pellegrini, Sergio Vitale, Federico Veltri, Alessia Panza
Teatro Regio di Parma
sabato 9, 16 ottobre 2021, ore 20.00
Al XXI Festival Verdi debutta Simon Boccanegra, eseguito in forma di concerto al Teatro Regio di Parma sabato 9 ottobre 2021, ore 20.00, con replica sabato 16 ottobre 2021, ore 20.00, in coproduzione con la Fondazione Teatro Comunale di Bologna, con la direzione musicale e la concertazione di Michele Mariotti sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Comunale di Bologna, maestro del coro Gea Garatti Ansini.
Protagonisti Igor Golovatenko (al debutto nel ruolo di Simon Boccanegra e per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), Angela Meade (al debutto nel ruolo di Amelia Grimaldi e per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), Riccardo Della Sciucca (al debutto nel ruolo di Gabriele Adorno e per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), Michele Pertusi (Jacopo Fiesco), Andrea Pellegrini (Pietro, per la prima volta al Festival Verdi), Sergio Vitale (al debutto nel ruolo di Paolo Albiani e per la prima volta al Festival Verdi), Federico Veltri (Capitano dei balestrieri, già allievo dell’Accademia Verdiana, per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi), Alessia Panza (Ancella di Amelia, già allieva dell’Accademia Verdiana, per la prima volta al Teatro Regio e al Festival Verdi).
LIVE SU OPERASTREAMING.COM
Simon Boccanegra sarà trasmesso in diretta su operastreaming.com, sabato 9 ottobre 2021, ore 20.00, inaugurando il nuovo cartellone del primo portale online gratuito dedicato all’opera lirica in Italia. Il progetto triennale, sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna e realizzato in collaborazione con Edunova e Università di Modena e Reggio Emilia, è nato per divulgare e diffondere la passione per la musica e la bellezza dell’opera lirica, per rendere fruibile a tutti lo spettacolo, soprattutto a chi non può assistervi dal vivo, attraverso una ricca programmazione di trasmissioni video realizzate nei principali teatri ed enti lirici della Regione, territorio di tradizione musicale e di produzione operistica di prestigio internazionale.
L’OPERA
Opera politica, dai toni cupi, in un prologo e tre atti, Simon Boccanegra ha faticato a imporsi tra i lavori del grande repertorio verdiano: al suo debutto, avvenuto nel 1857 al Teatro La Fenice di Venezia nell’originaria versione composta su libretto di Francesco Maria Piave, riscosse un clamoroso insuccesso. Come spiega Giuseppe Martini, le ragioni dell’insuccesso, oltre alla difficoltà di Giuseppe Verdi di seguire la progressione del lavoro di Piave, trovandosi in quegli anni a Parigi, sono da rintracciarsi nel “colore dell’opera, che tutti giudicarono lugubre e severo, con melodie non memorabili e un insieme che non fa subito colpo”. Un “tavolo che tentenna”, così la definì Arrigo Boito, al quale Verdi commissionò una revisione del libretto. Nonostante il successo della versione definitiva, inaugurata nel 1881 al Teatro alla Scala, l’opera rimase parzialmente sconosciuta per diverso tempo e fu riscoperta e consacrata nel grande repertorio verdiano soltanto nel Novecento, a seguito dell’allestimento di Giorgio Strehler alla Scala nel 1971 con la direzione di Claudio Abbado.
La vicenda umana e politica di Boccanegra, doge di Genova, che conosce il successo politico nel momento in cui viene a scoprire la morte della donna che ama, è in realtà un dramma della solitudine: “La solitudine del potere che logora. Quella di un uomo, un corsaro, per il quale il mare era tutta la vita e che voleva solo navigare libero. Ma, suo malgrado, si ritrova doge. E deve fare i conti con la solitudine di un (vero) leader. Acclamato dal popolo, ma solo. Solo a piangere, a gridare pace mentre i genovesi sono accecati dall’odio e si scagliano uno contro l’altro” – spiega Michele Mariotti, che torna a dirigere Simon Boccanegra per la seconda volta dopo quattordici anni: “Era il 2007 e inauguravo la stagione del Teatro Comunale di Bologna, di cui poi sono stato direttore musicale – e oggi ritrovo con piacere orchestra e coro qui a Parma, quasi a chiudere un cerchio. Era il mio primo Verdi. Primo di molti. Ma da allora non ho più diretto Simone. Quattordici anni di vita. Tanto che in questi mesi non mi sono limitato ad un ripasso, ma ho ristudiato completamente l’opera. E ho voluto una partitura nuova, senza segni”.
La scelta di dirigere l’opera in forma di concerto ben si concilia con un’opera di grandi sfumature e raffinatezze sonore e interpretative come Simon Boccanegra, che esige una grande cura del dettaglio, ma è al tempo stesso per Michele Mariotti una “doppia sfida, stimolante, perché noi interpreti dobbiamo sostituirci alla regia, restituendo attraverso i recitativi e il ritmo dell’esecuzione tutta la teatralità della partitura”.
PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO
Il compositore, lo stile, la genesi delle opere, i capolavori letterari che ne hanno ispirato la produzione sono alcuni dei temi approfonditi da Giuseppe Martini in Prima che si alzi il sipario, ciclo di incontri di presentazione delle opere in programma al Teatro Regio: Simon Boccanegra martedì 5 ottobre 2021, ore 17.00, con la partecipazione dei giovani cantanti del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma, coordinati da Donatella Saccardi, che ne interpreteranno i brani più celebri.
AVVISI AL PUBBLICO
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In ottemperanza alle vigenti normative sulla sicurezza, ciascun biglietto emesso è nominativo (non è consentita l’intestazione di più biglietti alla stessa persona) e può essere ceduto solo comunicando alla Biglietteria la variazione. Al momento dell’acquisto lo spettatore dovrà fornire un proprio recapito (telefono o e-mail). Tali dati saranno conservati sino ai 14 giorni successivi lo spettacolo. All’ingresso in teatro, il personale di sala ha l’obbligo di verificare, unitamente alla temperatura corporea, la corrispondenza dello spettatore con l’intestazione del biglietto.
L’ingresso in Teatro avviene secondo le seguenti modalità:
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– platea da 30 a 5 minuti prima dell’inizio dello spettacolo
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PARTNER E SPONSOR
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BIGLIETTERIA DEL TEATRO REGIO DI PARMA
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Parma, 1 ottobre 2021
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Teatro Regio di Parma
sabato 9 ottobre 2021, ore 20.00
sabato 16 ottobre 2021, ore 20.00
Durata complessiva 3 ore, compreso un intervallo
La recita del 9 ottobre sarà trasmessa in diretta su operastreaming.com
SIMON BOCCANEGRA
in forma di concerto
Musica GIUSEPPE VERDI
Melodramma in un prologo e tre atti su libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito dal dramma Simón Boccanegra di Antonio García-Gutiérrez
Casa Ricordi, Milano
Prologo
Simon Boccanegra, corsaro al servizio della repubblica genovese IGOR GOLOVATENKO
Jacopo Fiesco, nobile genovese MICHELE PERTUSI
Paolo Albiani, filatore d’oro, genovese SERGIO VITALE
Pietro, popolano di Genova ANDREA PELLEGRINI
Dramma
Simon Boccanegra, primo doge di Genova IGOR GOLOVATENKO
Maria Boccanegra, sua figlia, sotto il nome di Amelia Grimaldi ANGELA MEADE
Jacopo Fiesco, sotto il nome di Andrea MICHELE PERTUSI
Gabriele Adorno, gentiluomo genovese RICCARDO DELLA SCIUCCA
Paolo Albiani, cortigiano favorito del doge SERGIO VITALE
Pietro, altro cortigiano ANDREA PELLEGRINI
Un capitano dei balestrieri FEDERICO VELTRI
Un’ancella di Amelia ALESSIA PANZA
Maestro concertatore e direttore MICHELE MARIOTTI
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
Maestro del coro GEA GARATTI ANSINI
In coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Spettacolo con sopratitoli in italiano e inglese
L’OPERA DELLA (NOSTRA) SOLITUDINE
Conversazione con Michele Mariotti
a cura di Pierachille Dolfini
Lo sguardo, per un attimo, non è più fisso nei tuoi occhi. Come è stato per tutta la conversazione. Si perde lontano. In un tempo – che può essere (e forse lo è, come capisci poi…) l’infanzia. Un tempo abitato dalla felicità. Perché quando Michele Mariotti ti spiega che «Simon Boccanegra è l’opera della solitudine» il direttore d’orchestra soppesa le parole, quasi le ridicesse (ancora una volta…) a se stesso. «Simon Boccanegra è l’opera della solitudine» ripete Mariotti mentre guarda lontano. «La solitudine del potere che logora. Quella di un uomo, un corsaro, per il quale il mare era tutta la vita e che voleva solo navigare libero. Ma invece, suo malgrado, si ritrova doge. E deve fare i conti con la solitudine di un (vero) leader. Acclamato dal popolo, ma solo. Solo a piangere, a gridare pace mentre i genovesi sono accecati dall’odio e si scagliano uno contro l’altro». Una voce solitaria – come capita di ascoltarne anche oggi – che dice no alla violenza quella di Simone. «Che – riflette ancora il direttore d’orchestra pesarese, classe 1979 – nel momento in cui è piegato dal dolore per la perdita della donna che ama, Maria, deve ricacciare indietro le lacrime e provare a gioire per l’elezione a doge, frastornato dal suono delle campane che la annunciano». Per questo Mariotti vuole che «quello scampanio sia fortissimo, sconquassante. Lo faccio suonare a tutta forza. Deve schiacciare Simone».
E la solitudine dell’uomo di potere, raccontata da Giuseppe Verdi nel Simon Boccanegra, diventa la «solitudine dell’artista. Che è grande. Specie nella sofferenza. L’ho vissuta sulla mia pelle con la morte della mia mamma, quando ero ancora piccolo – racconta Mariotti. Noi artisti ci portiamo dentro per sempre il nostro dolore». Ma, riflette il musicista, «questo dolore in qualche modo fa diventare più vera la nostra interpretazione. Il dolore ci rende più esperti, più temprati. E fa sì che nella nostra arte portiamo la (nostra) vita».
Diventa allora un Boccanegra autobiografico quello che Mariotti dirige al Festival Verdi di Parma, edizione 2021. «Il doge è il personaggio dell’opera in cui mi identifico maggiormente perché, nonostante tutto, affronta la vita. Penso rappresenti tutti noi: ci suggerisce di prenderci così come siamo, senza vergognarci di ammettere i nostri difetti e le nostre debolezze» dice il direttore che sul leggio a Parma ha la seconda versione dell’opera, quella realizzata da Verdi nel 1881 per il Teatro alla Scala di Milano rimaneggiando la partitura (e il libretto di Francesco Maria Piave, riadattato da Arrigo Boito) andata in scena nel 1857 alla Fenice di Venezia. «La prima versione è più dura, ha la violenza di uno scoglio. Nella seconda c’è più maturità, una maggiore compattezza» spiega Mariotti che, in meno di un anno, ha l’opportunità di confrontarsi con tre capolavori dell’ultimo Verdi, Simone, Otello e Falstaff. «Nella cronologia dei melodrammi del compositore ogni titolo è necessario lì dove è: viene da un prima e getta le basi per un dopo, attinge all’opera precedente e mette i fondamenti per quella successiva».
Nulla è a caso. E Simone non fa eccezione. «Più che la bellezza di ogni melodia, mi affascina il ritmo teatrale di questa partitura. Verdi in questo era un maestro. Lo fa in ogni sua opera. Pensiamo alla cabaletta di Germont nel secondo atto di Traviata. Tanti la omettono, ma ha un suo senso specifico e non può essere tolta, altrimenti il ritmo teatrale zoppica. Verdi sapeva che dopo il “Di Provenza” ci sarebbe stata una pausa, inevitabilmente. E non avrebbe mai tagliato corto con un improvviso finale di quadro imprimendo un altro stop all’azione prima del cambio di scena. Ecco allora la cabaletta “No, non udrai rimproveri”. Che ha un suo preciso senso teatrale oltre che drammaturgico nel raccontare la pressione di un padre su suo figlio» riflette Mariotti. Che a Parma dirige Boccanegra in forma di concerto.
«Lo sappiamo, l’opera è fatta per essere messa in scena. E proporla in forma di concerto diventa una doppia sfida, stimolante, perché noi interpreti dobbiamo sostituirci alla regia, restituendo attraverso i recitativi e il ritmo dell’esecuzione tutta la teatralità della partitura. Non possiamo sederci un attimo».
Un ritmo teatrale. Per ricreare atmosfere. Lo indica precisamente Verdi nella sua scrittura. «Simone canta sempre sui mi bemolle e Fiesco risponde in do diesis, tutte tonalità calde, corpose. L’unico momento, l’unica scena in cui lui si trova in un passaggio impostato sui diesis è quella, sinistra, dove verrà avvelenato. Colpo di teatro di Verdi. Che quando il doge canta “Perfin l’acqua del fonte è amara al labbro dell’uom che regna…” mette un’articolazione su “uom” per indicare il fardello e la solitudine di un uomo costretto a regnare. Poche cose gli bastano per raccontare un mondo». Un ritmo teatrale. Ma anche cinematografico. «Perché Simon Boccanegra ha quadri che sembrano sequenze cinematografiche, come il finale dell’atto primo, michelangiolesco nei colori e nella drammaticità del racconto. Campi lunghi e primi piani, come in quel “Sia maledetto!” sussurrato dove l’impressione è di una soggettiva, noi che guardiamo la scena con gli occhi di Paolo Albiani» dice Mariotti che spiega, poi, come occorra lavorare di cesello per restituire la parola drammatica di Verdi. «In Simone c’è molto declamato, c’è un tipo di suono che richiede una grande cura del dettaglio».
Non solo. «L’inizio dell’opera, che mi richiama la Serenata per archi in mi maggiore del 1875 di Antonín Dvorák, non è solo descrittivo, non vuole semplicemente raccontare il mare. Poche note e siamo subito immersi in una dimensione del ricordo. Nei pensieri di un uomo che tira le somme della vita. Una cosa che, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, non accade in Falstaff che non è un personaggio così vecchio e non è giunto al lumicino. Così come Simone. Cosa che rende il Boccanegra ancora più commovente: il duetto tra Simone e Fiesco, un dialogo serrato e a tratti duro tra due vecchi che sono al termine del loro percorso, ha la semplicità disarmante della vita vissuta» spiega Mariotti. Che torna al Boccanegra «con quattordici anni di esperienza di vita in più rispetto alla prima volta che l’ho diretto. Era il 2007 e inauguravo la stagione del Teatro Comunale di Bologna, di cui poi sono stato direttore musicale – e oggi ritrovo con piacere orchestra e coro qui a Parma, quasi a chiudere un cerchio. Era il mio primo Verdi. Primo di molti. Ma da allora non ho più diretto Simone. Quattordici anni di vita. Tanto che in questi mesi non mi sono limitato ad un ripasso, ma ho ristudiato completamente l’opera. E ho voluto una partitura nuova, senza segni». Per scrivere una storia nuova. «Perché studiare Verdi, ma anche Mozart, è ogni volta un ripasso di vita. Attraverso le sue note, capaci di mettere a nudo l’uomo, non studi le vite degli altri, ma rivedi la tua» conclude Mariotti. Che nell’arpa che risuona alla fine del duetto del primo atto tra Amelia/Maria e Simone sente l’eco di un carillon. «Che mi riporta prepotentemente alla mia infanzia».
SINOSSI
Prologo
In una piazza di Genova, verso la metà del XIV secolo si tramano dispute per l’elezione del nuovo Doge. L’ambizioso plebeo Paolo Albiani confida al popolano Pietro che sosterrà la candidatura del corsaro al servizio della Repubblica Simon Boccanegra, in cambio di potere e denaro (“Che dicesti?”). Ma Boccanegra ha altri pensieri: non ha più notizie di Maria, da cui ha avuto una figlia. Il padre Jacopo Fiesco – suo acerrimo nemico politico – la tiene chiusa prigioniera nel palazzo proprio per impedirle di sposarlo. E Paolo riesce a convincere Simone ad accettare la candidatura proprio facendo leva sul suo amore per Maria: una volta doge, Fiesco non potrebbe opporsi alla loro unione. I popolani vengono convinti a votare per Boccanegra (“All’alba tutti qui verrete”), mentre osservano il cupo Palazzo Fiesco, dove giace una donna (“L’altra magion vedete”). Maria è infatti ammalata. E Fiesco, uscito da solo, ne lamenta la morte proprio in quel momento (“Il lacerato spirito”). Quando arriva Boccanegra, ancora ignaro dell’accaduto, suppplica Fiesco di perdonarlo ma Fiesco è inflessibile: potrebbe farlo solo se Boccanegra accettasse di affidargli la bambina avuta da Maria. Ma Boccanegra non può farlo: la bimba, affidata a una nutrice sulla costa pisana, è misteriosamente scomparsa (“Del mar sul lito”). Fiesco non cede al perdono. Si allontana, ma in disparte guarda Boccanegra che sale le scale del palazzo e si accorge che Maria è morta. E proprio in quel momento, beffarde, arrivano le acclamazioni del popolo: Simone Boccanegra è nuovo Doge nel peggior momento della sua vita (“Doge, il popol t’acclama!”).
Atto primo
Venticinque anni dopo. Nel giardino Grimaldi, Amelia Grimaldi ricorda il proprio passato nell’attesa dell’amato Gabriele Adorno (“Come in quest’ora bruna”). Al suo arrivo, si rivela preoccupata per la congiura guelfa in cui Gabriele è coinvolto contro il Doge insieme al vegliardo che si prende cura di lei – il nobile Andrea Grimaldi – e a Lorenzino, un plebeo venduto ai patrizi (“Vien a mirar la cerula”). Quando arriva l’annuncio che il Doge intende visitare il palazzo Grimaldi, Amelia intuisce che il motivo è chiederle di sposare Paolo Albiani, favorito del Doge. Per questo supplica Gabriele di affrettare le loro nozze. Rimasto solo con Gabriele, Andrea gli rivela che Amelia è un’orfanella raccolta nel convento dove era morta la vera figlia dei Grimaldi e ne ha preso il nome per mettere in salvo i beni di famiglia (“Vieni a me, ti benedico”). Ma ecco il Doge. Andrea e Gabriele si allontanano. Rimasto solo con Amelia, Boccanegra le chiede di raccontargli la sua storia (“Dinne, perché in quest’eremo”). Ma quando Amelia gli rivela di amare Gabriele Adorno e di essere una trovatella cresciuta a Pisa, Boccanegra riconosce il lei la propria figlia. Si abbracciano e il Doge la rassicura che non verrà data in sposa ad alcuno che lei non voglia. Amelia si allontana. Boccanegra ordina a Paolo Albiani di rinunciare alle sue mire sulla ragazza, ma questi, in preda alla rabbia, decide di rapire Amelia con l’aiuto di Pietro e Lorenzino (“Figlia!… a tal nome il palpito”). La scena si sposta ora nella Sala del Consiglio, dove Boccanegra chiede all’assemblea un parere circa la guerra da intraprendere contro Venezia. È infatti rimasto colpito da una lettera di esortazione alla pace scritta da Francesco Petrarca, ma il Consiglio si oppone a qualsiasi rinuncia alla guerra. In quel momento si sentono rumori dalla piazza (“Qual clamor”): Gabriele Adorno si sta difendendo dalla folla inferocita, il Doge ordina di aprire le porte e far entrare i contendenti per ascoltarli. La plebe irrompe trascinando Gabriele e Andrea: Lorenzino è stato ucciso e ora i popolani vogliono vendetta. Reo confesso, Gabriele ammette di averlo ucciso perché stava tentando di rapire Amelia su pressione di “un uom possente”, che Gabriele è convinto sia Boccanegra, per darla in sposa ad Albiani. Rabbioso, Gabriele si lancia sul Doge per colpirlo, ma viene fermato da Amelia, che spiega come si è svolto il tentato rapimento e dice, fissando Paolo, di poter riconoscerne il mandante tra le persone in sala (“Nell’ora soave”). Scoppia un nuovo tumulto. Simone placa gli animi, implorando pace e concordia (“Plebe! Patrizi! Popolo!”). A quel punto Gabriele, colpito, si consegna al Doge che impone a Paolo di unirsi alla comune maledizione lanciata sul rapitore di Amelia (“V’è in queste mura un vil che m’ode”). Paolo è costretto a maledire se stesso.
Atto secondo
Paolo sta per fuggire da Genova, ma prima vuole vendicarsi di Boccanegra e gli versa un veleno nella tazza. Poi rivela a Gabriele e Andrea di sapere che Andrea Grimaldi è in realtà Jacopo Fiesco, creduto morto da tempo. In nome dell’odio comune per Boccanegra, Paolo chiede a Fiesco di uccidere il Doge nel sonno, ma Fiesco si rifiuta di cadere così in basso (“Prigioniero, in qual loco m’adduci?”). Pur di ottenere il suo scopo, Albiani cerca persino di insospettire Gabriele sul fatto che Amelia sia oggetto di lascive attenzioni del Doge (“Sento avvampar nell’anima”).
In quel mentre entra proprio la ragazza. Inutilmente cerca di convincere Gabriele che il rapporto che la lega al Doge è puro (“Parla, in tuo cor virgineo”), ma è costretta a interrompersi e a nascondere Gabriele sul balcone perché in quel momento arriva Boccanegra, al quale la ragazza chiede di perdonare l’Adorno per il suo legame alla congiura guelfa. Il Doge chiede di essere lasciato solo. Versa acqua nella tazza, la beve. Si assopisce. Gabriele lo vede dormiente. Si avvicina. Intende ucciderlo, ma il ritorno di Amelia sventa la minaccia. Boccanegra si sveglia, sfida Gabriele a colpirlo, ma le voci dei congiurati guelfi che stanno assalendo il Palazzo spingono il Doge a incaricare Gabriele di comunicare loro una proposta di pace. Gabriele, commosso, accetta (“Perdon, perdono”). Anzi, si ripromette che, se non venisse ascoltato da quella gente, tornerebbe a combattere a fianco del Doge, che a quel punto gli concede la mano della figlia.
Atto terzo
I congiurati patrizi e Paolo sono sconfitti. La rivolta è fallita (“Evviva il Doge!”). Paolo sta per essere condotto al patibolo, ma fa in tempo a rivelare a Fiesco di aver avvelenato il Doge. E infatti Boccanegra avverte i primi sintomi. Gli si avvicina Fiesco, che si fa riconoscere nella sua vera identità (“Delle faci festanti al barlume”). Boccanegra ne smorza qualsiasi proposito di vendetta rivelandogli che Amelia è in realtà sua nipote
Maria. Fiesco resta commosso. Ora si pente del proprio odio, abbraccia Boccanegra, e con voce rotta dall’emozione gli comunica che un traditore lo ha avvelenato. Quando entrano Amelia e Gabriele, seguiti dalla corte dogale, Boccanegra rivela alla ragazza che Fiesco è suo nonno, benedice i due innamorati, nomina Gabriele doge e muore (“Gran Dio, li benedici”).
L’OPERA IN BREVE
Giuseppe Martini
Dopo l’esperienza all’Opéra di Parigi con Les Vêpres siciliennes, nel 1856 Verdi intendeva risolvere il rifacimento di Stiffelio, per poi prendersi una lunga pausa e occuparsi dei lavori di casa. La pausa riuscirà a prenderla solo quattro anni dopo, e non sarà lunga. Invece dovette occuparsi anche di una grana giudiziaria con il Théâtre Italien di Parigi, e a quel punto (forse serviva altra liquidità) decise di accettare una commissione arrivata in primavera dalla Fenice di Venezia – ove, si badi, tre anni prima era rimasto scottato dalla censura e dall’esito della Traviata. Dopo quello per Il trovatore, Verdi tornò su un dramma di Antonio García Gutiérrez per la scelta del soggetto, Simón Bocanegra (1843), ne fece una traduzione – o più probabilmente la fece sua moglie – e incaricò di prepararne il libretto al fido Francesco Maria Piave, che si sarebbe occupato anche delle questioni con gli uffici di censura e dei rapporti con il teatro.
Simon Boccanegra debuttò alla Fenice il 12 marzo 1857, e fu un fiasco. «Credeva di aver fatto qualcosa di passabile» confidò Verdi a Clara Maffei «ma pare che mi sia sbagliato». Dato che gli interessava prima di tutto la circolazione delle opere nei teatri, che assicurava introiti e vendita di spartiti, cercò di rialzarne le sorti seguendo personalmente gli allestimenti di Reggio Emilia (1857), Napoli (1858) e Roma (1859), che infatti ebbero successo, ma a Firenze e alla Scala l’opera andò maluccio. A Firenze e a Roma, come a Venezia, il problema non erano gli interpreti, ma il colore dell’opera, che tutti giudicarono lugubre e severo, con melodie non memorabili e un insieme che non fa subito colpo.
Sopravvennero poi Un ballo in maschera, il matrimonio, la candidatura al Parlamento e la commissione di Pietroburgo, e il Boccanegra finì nel dimenticatoio. Fu riesumato nel 1879 da Giulio Ricordi, a cui venne l’idea di rimetterci mano, tanto più che si erano ricuciti i rapporti fra Verdi e Arrigo Boito (gran binomio pubblicitario, agli occhi dell’editore). Per Verdi era proposta fattibile, ma almeno il finale del primo atto sarebbe stato da rifare. In realtà, oltre a quello, sistemò svariati altri punti musicali e aggiunse lo splendido preludio “marino” al Prologo, che detta un colore importante all’opera.
Nell’inverno del 1880 si mise al lavoro con Boito e il 24 marzo 1881 la seconda versione di Simon Boccanegra, quella oggi ordinariamente rappresentata nei teatri, debuttò alla Scala di Milano con gran successo. Era passato quasi un quarto di secolo e il linguaggio musicale di Verdi si era aggiornato, ma quest’opera fece fatica a resistere in repertorio anche stavolta. La realtà è che Simon Boccanegra è una delle riscoperte verdiane del Novecento, e ha trovato la propria consacrazione nell’ormai leggendaria messinscena di Giorgio Strehler diretta da Claudio
Abbado nel 1971 alla Scala, che l’ha definitivamente collocata nel circolo delle opere raffinate e “politiche” di Verdi.
Il colore scuro e la prevalenza di voci basse come in Don Carlo hanno la loro ragion d’essere nei cupi fatti che avvengono in scena: odii politici, ambizioni di potere, amori infranti, figli ritrovati, vendette che covano da ogni parte, e la solita ragione di stato che in Verdi è sempre il contraltare ai diritti delle felicità private. Se il dramma trova il suo asse principale nell’antagonismo Fiesco-Boccanegra, cioè nel superamento del passato, la scena del Consiglio inventata da Boito nel 1881 innalza il protagonista a giganteggiare moralmente, con un po’ di nostalgia quarantottesca. Soprattutto, Simon Boccanegra è opera di finezze e particolari, che si apprezzano con l’esperienza. E del resto qui è in scena la maturità dell’essere umano: al cantante non basta interpretarla, deve conoscerla, deve viverla.
IL LIBRETTO
Giuseppe Martini
La definizione di “tavolo che tentenna” (e non, come si scrive spesso, “zoppo”) che Arrigo Boito (e non Verdi) affibbiò nel 1880 a Simon Boccanegra trova una spiegazione nel tentativo di mettere una pezza ai versi di Francesco Maria Piave che Verdi riteneva insoddisfacenti. Il problema era che durante il periodo in cui Piave metteva in versi il programma preparato sul dramma di Gutiérrez, Verdi si trovava a Parigi e non era in grado di seguire bene la progressione del lavoro di Piave a Venezia. Ricorse perciò alla soluzione adottata con Andrea Maffei all’epoca di Macbeth, cioè si rivolse a un poeta cólto a portata di mano che potesse risolvergli il problema, e lo trovò nel patriota federalista Giuseppe Montanelli, allora in esilio a Parigi, che aveva conosciuto a Roma nel 1849, all’epoca della Battaglia di Legnano. All’insaputa di Piave, Verdi chiese a Montanelli di intervenire sulla cabaletta di Amelia, sul duetto tra Simone e Amelia nel secondo atto e sul finale del primo atto. Al termine presentò il conto a Piave sotto forma del libretto «accorciato e ridotto presso a poco come deve essere», facendogli scegliere se mettere o meno il proprio nome sull’edizione a stampa. Dopo qualche piccolo attrito, fra i due tornò la pace.
Il fatto è che il libretto della prima versione di Simon Boccanegra ha patito la necessità di compattare, come a Verdi piaceva, una trama intricata, con qualche omonimia di troppo (Maria si chiamano sia la madre della figlia di Boccanegra, sia la figlia stessa), troppe identità sotto falso nome dal prologo ai tre atti (Maria jr diventa Amelia, Jacopo Fiesco diventa Grimaldi) e un certo su e giù confuso di patrizi e popolani.
Secondo Boito, il tavolo tentennava per colpa dei tre atti finali, mentre il Prologo andava bene così com’era. Verdi era comunque convinto che il punto principale su cui intervenire fosse il finale del primo atto, che nel 1857 era costituito dal tentativo di Gabriele Adorno di colpire Boccanegra nel mezzo delle feste in piazza per il compleanno del Doge. Boito la sostituirà con la superba scena del Consiglio, in realtà imbeccata da Verdi con l’idea della lettera di Petrarca. Bocciata dallo stesso Verdi la proposta di Boito di fondere primo e secondo atto e aggiungerne uno nella chiesa di San Siro con Boccanegra impegnato contro la rivolta, gli ulteriori interventi di Boito, nel suo lavoro sui versi della seconda versione nei primi due mesi del 1881, riguardarono l’inizio del II e III atto (Paolo che versa il veleno nella tazza e la rivelazione di questo gesto a Fiesco), qualche verso qua e là per far quadrare la trama sconquassata dalla scena del Consiglio, e l’elevazione di Paolo a figura quasi anticipatrice di Jago.
Non è detto che l’ammirazione espressa un giorno da Verdi su versi come “Vieni a mirar la cerula” fosse frutto di una resipiscenza per aver maltrattato Piave, ma di certo, per quanto si possa rimproverare a Piave la mancanza di idee per sostenere il proseguimento di un dramma già piuttosto confuso, il Prologo è un capolavoro anche sotto il profilo poetico.
Se il finale del primo atto nel 1880 gli pareva da rifare (e i versi erano di Montanelli), chissà se Verdi si sarà chiesto come mai per la seconda volta dopo Macbeth a deluderlo a distanza non erano le parti scritte da Piave. Meriti non trascurabili di Boito nella revisione del 1881 restano la grandezza delle nuove idee drammaturgiche e la magnificenza della scena del Consiglio, ma versi compiaciuti come “il romito di Sorga”, per dire Petrarca, hanno l’aria dei soliti statuari messaggi boitiani per addetti ai lavori, e alla fine li si accoglie con meno simpatia di un “rubella sorte” qualsiasi di Piave.
GENOVA PER LUI
Giuseppe Martini
Chiudete gli occhi e ascoltate Simon Boccanegra. Dimenticate Verdi che immaginate i grandi effetti visivi, chiari di luna e notti magiche sul golfo:
«Se io fossi pittore farei certamente una bella scena: semplice e di grande effetto.»
E invece lasciatevi cullare dal preludio ingannatore, che simula la pace di un mare largo e incontaminato, dove si è liberi e lontani dagli affanni.
Siamo invece sulla terra, e il mare è solo uno sfondo che impregna l’aria di una finta calma. Lo capite dal colore acido che prende appena prima che Paolo Albiani apra bocca per condurre i suoi intrighi elettorali. Eppure è quello uno scampolo di verità, quell’attimo in cui la realtà si presenta nel suo cinico squallore e poi subito torna ad assomigliare alle aspettative di ciascuno: è sempre tardi quando si comprende che quelle aspettative sono solo un surrogato della realtà, che invece è sempre stata se stessa, lampante, indifferente. Boccanegra incontra Fiesco e pensa che le cose stiano diversamente da come stanno realmente. Sale a palazzo per incontrare la sua Maria e trova invece un cadavere.
Quel colore musicale delle onde continua a scorrere nel parlamentare di Paolo e Pietro; nella proposta, che è un ricatto, di Paolo a Boccanegra; persino sotto sotto la nenia di Paolo sui misteri di palazzo Fieschi, che a suo modo è un comizio contro la nobiltà. S’interrompe solo dinnanzi a Jacopo Fiesco, perché è l’unico che ormai non ha più illusioni: l’ultima gli è caduta quando ha capito di non poter riavere la nipotina. Da quel momento, cala su di lui e su Boccanegra la fredda cappa della vecchiaia senza affetti.
Quando Boccanegra riappare, nel primo atto e un quarto di secolo dopo, è ormai un essere spento, le uniche motivazioni che sembrano tenerlo in vita sono il ricordo e il dovere politico. È l’uomo che non ha speranze di sanare le ferite del passato, anche se è riuscito a ricomporle in quel destino fatale e tutt’altro che indesiderabile che è la saggezza della maturità. Il suo è un canto virile e assennato, Verdi si era raccomandato che trasmettesse «la calma, la compostezza, e quella certa autorità scenica indispensabile per la parte di Simone.»
Non vanno sottovalutati quei venticinque anni fra il prologo e il primo atto, che per noi passano fra applausi e qualche minuto di attesa. Sono venticinque anni in cui quei personaggi hanno vissuto. In cui ogni giorno che ci si abitua al rimorso è un giorno guadagnato. Per altri sono anche i giorni in cui è fiorita la gioventù, come tutte le cose che nella natura si succedono impietose sotto le spoglie dell’energia che si rinnova – ma chi ride oggi, piangerà domani.
Eccoli, i giovani. Non è più notte come nel Prologo. L’alba del primo atto è ancora sotto l’insegna del mare, orizzonte infinito e senza riserve, ove il lucicchìo della luna e di stelle ormai incerte è tutto nel baluginare di ottavini, flauti, oboi e clarinetti. Amelia, che poi scopriremo essere quella bambina che sembrava perduta, è «una giovine modesta quieta vaporosa» ma non è un simbolo, è una funzione, quella parte della vita che è lì per sottolinearne altre: il suo desiderio, la sua speranza, il suo sentimento sono tutto ciò che in Boccanegra è sepolto per sempre.
Anche Gabriele Adorno è una funzione, quella dell’improntitudine sotto il nome della gioventù: si annuncia come un tenorino donizettiano, canticchia come un trovatore, amoreggia come un Edgardo, ma è pasticcione come un Alfredo, anche se ha la fierezza e l’onestà di un Ernani. Si ritroverà alla fine doge per nomina e non per elezione, per meriti morali acquisiti, il che ha anche il sapore di una velata critica ai limiti delle democrazie, anche se prima deve passare sotto le forche della sindrome del complotto – eterna nevrosi di ogni crisi d’identità. Ma ascoltiamo bene: non si è ancora spento il suono del mare. Nel racconto di Fiesco a Gabriele è attutito dalle sordine degli archi arpeggianti, in quello fra Amelia e il Doge è tremore ansioso: il primo è sottile manipolazione, il secondo è angosciata speranza. Simone ha ritrovato ciò che non credeva esistesse più: un significato per la propria esistenza, un futuro che abbia continuità con il passato. Amelia in fondo non si chiama anch’ella Maria?
Può dunque affrontare con altro piglio l’odio travestito da politica, sotto le volte della sala del Consiglio. Qui non c’è più il mare che Verdi, all’epoca della prima versione nel 1857, neppure riusciva a scorgere dalla sua stanza dell’Albergo Croce di Malta a Genova. Semmai le arcate di Palazzo Doria, che Verdi nel 1881, mentre rimaneggiava l’opera con Boito, già abitava da anni. Ora sì che il Doge è pronto per fronteggiare da solo a un’intera comunità, invocandone la pace con la scusa di un appello petrarchesco scovato da Verdi, e che Verdi ritrova al fondo di un’esperienza di patriota ormai, come quella di Boccanegra, disillusa dai fatti: «Sublime questo sentimento d’una Patria italiana in quell’epoca!»
Infuria una sommossa come nei Vespri, Boccanegra tien testa anche a quella. Tiene testa al ragazzo Gabriele che le spara grosse – e la figlia gli arriva in soccorso: eccolo, il passato che acquista un senso – e tiene testa all’orrido Paolo Albiani, costretto a un’ignobile automaledizione, una delle più potenti maledizioni del teatro verdiano. Qui c’è davvero grande teatro di interpretazione, ma tutto Simon Boccanegra è canto, gesto, sguardi, smorfie, movimento: «quindi grandi attori prima di tutto.»
Si può dire che il dramma finisca qui? Non sarà che il veleno, il tentato omicidio del Doge da parte di Gabriele, il nuovo intervento di Amelia – ormai un destino – e il pentimento di Gabriele, infine il mesto confronto con Fiesco, ex nemico perché sa cosa sia avvicinarsi alla fine senza più nulla da chiedere, siano solo la morale della parabola? Ci sono segnali d’un teatro antico ma acconcio: il duetto dei giovani, l’ultimo impeto del Doge, i corni che annunciano il messaggero. È un concerto da camera che a lungo si trascina senza colpi di scena e lentamente si spegne. Boccanegra impiega un atto intero per morire. Le voci sono più forti dell’orchestra, persino quella di Paolo mentre passa in catene, in una delle tante incongruenze di quest’opera in cui si va su e giù per Palazzi Ducali e appartamenti altrui come niente fosse.
È vero, quest’opera è l’opera brunita dei due anziani, di Fiesco e di Boccanegra. Non sottovalutiamo però Paolo Albiani: «indispensabile un Paolo baritono attore sopratutto» che è così moderno: un meschino figuro della politica, come tanti di oggi che si montano la testa appena seduti su una poltroncina.
All’ultima sera, Boccanegra sente il bisogno d’aria, l’aria del mare. La scena torna dove era cominciata, nella Genova eterna che guarda verso l’ignoto. E così Giuseppina Strepponi ha potuto dire, ed è come se parlasse Verdi: «Io mi riposo dalla fatiche dell’istromentale del Boccanegra (!!) e guardo quel bellissimo mare che mi sta in faccia»
FESTIVAL VERDI
“SCINTILLE D’OPERA”
Parma e Busseto, 24 settembre – 17 ottobre 2021
XXI Edizione
Teatro Regio di Parma
24 settembre, 1, 8, 15 ottobre 2021
UN BALLO IN MASCHERA
(GUSTAVO III)
9, 16 ottobre 2021
SIMON BOCCANEGRA
In forma di concerto
2 ottobre 2021
MESSA DA REQUIEM
26 settembre 2021
CONCERTO
SINFONICO CORALE
7 ottobre 2021
IN SALOTTO CON VERDI
10 ottobre 2021
GALA VERDIANO
12 ottobre 2021
FUOCO DI GIOIA
27 settembre 2021
OPERA HORROR
PICTURE SHOW
5 ottobre 2021
LETTERALMENTE
VERDI
13 ottobre 2021
UN RAVE
IN MASCHERA
Busseto, 19 settembre 2021
Montechiarugolo, 25 settembre 2021
Parma, 26 settembre 2021
Baganzola, 3 ottobre 2021
CARAVAN VERDIANO
La traviata
Lo spirito di Violetta
Scopri il programma completo su festivalverdi.it
CALENDARIO FESTIVAL VERDI – VERDI OFF
SETTEMBRE
Sab 18 9.30 – 21.00 P.le Dalla Chiesa VERDI GRAFF CONTEST
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Piazza Duomo LA CITTÀ CHE DANZA
17.30 Centro storico IL DIAVOLO E IL CANTASTORIE
18.00 Via Olivieri, CONCERTO VERDIANO
18.00, 19.30, 21.00 Centro storico I-VERDI
18.00 Strada S. Margherita, 8 A RITMO DI SWING
18.00 Parco Testoni e centro storico VERDI BAND
18.00 Via Montanara TRA RACCONTI E MUSICA
18.00 Via Spadolini ZUPPA DI SASSO
18.00 Vicofertile, Via Zilioli SPIAZZA LA PIAZZA
18.00 Via Pozzuolo del Friuli RECITAL VERDIANO
Dom 19 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
11.00, 16.00, 21.00 Teatro Regio e Centro storico I-VERDI
9.30 e 15.00 Zibello FAGOTTO SUL PO
10.30 Casa della Musica BICIALLOPERA
12.00 Piazzale della Pace BICIALLOPERA
15.30 Parco Ducale BICIALLOPERA
18.00 Piazzale Picelli BICIALLOPERA
13.00 Parco Ducale BIANCHI ROSSI E VERDI
15.00–18.30 Parco Ducale CON VERDI IN CARROZZA
15.30 Pergola della Corale Verdi IL PICCOLO VERDI
18.00 Busseto, Piazza Verdi CARAVAN VERDIANO
19.00 Fontevivo, Parco Abbazia RIGO-LETTO E NARRATO
21.00 Pergola della corale Verdi I GIOVANI PER VERDI
Lun 20 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
18.00 Carignano, Str. Felino in Vigatto, 2 RECITAL IN GIARDINO
20.00 Teatro Regio QUEER NIGHT Un ballo in maschera Prova Antegenerale
Mar 21 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Teatro Regio PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Un ballo in maschera
18.00 Chiesa di San Tiburzio CONCERTO LIRICO
18.30 Casa Traviata RECITAL IN GIARDINO
Mer 22 11.00 Casa della Musica CURIOSANDO TRA LE PAGINE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
15.30 Teatro Regio PROVA GENERALE Un ballo in maschera
18.00 Via Traversetolo, 246 RECITAL IN GIARDINO
19.00 Piazza Chaplin NEXT FOR VERDI
Gio 23 17.00 Teatro Regio LA PAROLA AL REGISTA Jacopo Spirei
Ven 24 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
18.15 Cortile di Palazzo Soragna RECITAL VERDIANO
18.30 Via Massimo D’Antona, 76 RECITAL IN GIARDINO
20.00 Teatro Regio UN BALLO IN MASCHERA (GUSTAVO III)
20.00 Piazzale Picelli O MIA PARMA, SÌ BELLA E PERDUTA
21.00 P.le Caduti di Superga LEGGENDO E ASCOLTANDO IL MAESTRO
Sab 25 8.30, 10.30, 12.00, 15.30, 17.00 Orto Botanico SULL’ALI DORATE…
10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
10.30 Teatro Regio INCONTRO DEDICATO A GRAHAM VICK
11.00 Museo Glauco Lombardi E SON LE PAROLE O MAGICO RIO
11.00, 12.00, 16.00, 17.00, 18.00 Portici del grano LA CARICA DEI MENESTRELLI
11.20, 12.20, 16.20, 17.20, 18.20 P.zza della Pace LA CARICA DEI MENESTRELLI
11.40, 12.40, 16.40, 17.40, 18.40 P.zza Duomo LA CARICA DEI MENESTRELLI
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
15.00 Centro Storico di Parma LA CITTÀ IN SCENA
17.00 Teatro Regio CORI AL RIDOTTO Coro di voci bianche Parma Musicale
18.00 Corte di Beneceto, 79 RECITAL IN GIARDINO
18.00-20.00 Borgo del Correggio, 9b VIVA VERDI! inaugurazione
18.00 Traversetolo – Corte Agresti RIGO-LETTO E NARRATO
18.00 Montechiarugolo, Piazza Rivasi CARAVAN VERDIANO
18.30 Parco Testoni PRIMI – AZIONE TEATRALE
21.00 Parma – Piazzale Inzani AERCO PER VERDI OFF
Dom 26 10.00 Pergola della Corale Verdi CONCERTO VERDIANO
11.00 Sala Baganza, Giardino della Rocca AERCO PER VERDI OFF
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
16.00 Lostello, Parco della Cittadella BLACK AIDA
16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
18.00 Parma, Piazzale Picelli CARAVAN VERDIANO
19.30 Piazzale Inzani “L’’AURE DOLCI DEL SUOLO NATAL”
20.00 Teatro Regio CONCERTO SINFONICO CORALE
21.00 BDC – Borgo delle Colonne CORPO LITURGICO
Lun 27 20.30 Teatro Regio OPERA HORROR PICTURE SHOW
Mar 28 10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Teatro Regio PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Messa da Requiem
18.00 Chiesa di San Tiburzio CONCERTO LIRICO
Mer 29 10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
11.00 INSV, Casa della Musica CURIOSANDO TRA LE PAGINE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Orto Botanico AERCO PER VERDI OFF
Gio 30 10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Gran Caffè PAGINE D’OPERA Alberto Mattioli
21.00 Cortile della Casa della Musica SAXOFOLLIA
21.00 Traversetolo, Corte Agresti AERCO PER VERDI OFF
OTTOBRE
Ven 1 10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
18.00 Unità di strada SEMPREVERDI
20.00 Teatro Regio UN BALLO IN MASCHERA (GUSTAVO III)
Sab 2 10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
11.30,16.30,18.00 Mouilettes&Co. FRAGRANZE IN MUSICA
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
18.00 Pubblica Assistenza AERCO PER VERDI OFF
18.00 Traversetolo, Corte Agresti IL GUARDIANO E IL BUFFONE
20.00 Teatro Regio di Parma MESSA DA REQUIEM
Dom 3 10.00 Pergola della Corale Verdi CONCERTO VERDIANO
10.30 Mouilettes&Co. FRAGRANZE IN MUSICA
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
16.00 Museo Glauco Lombardi AMORI E PASSIONI
16.00 Parco Testoni BLACK AIDA
16.00 Pergola della Corale Verdi AERCO PER VERDI OFF
17.00 Parco Vezzani TOPO ADELMO, UGOLA D’’ORO
18.00 Baganzola, Area verde di Via Nabucco CARAVAN VERDIANO
Mar 5 10.00-12.00 Parma – Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Teatro Regio PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Simon Boccanegra
18.00 Chiesa di San Tiburzio CONCERTO LIRICO
20.30 Teatro Regio LETTERALMENTE VERDI
Mer 6 10.00-12.00, 16.00-19.00 Via Cavestro 6 VERDI… NOTE DI COLORE
10.00 – 17.00 Portici del Grano TEMPO AL TEMPO
11.00 Casa della Musica CURIOSANDO TRA LE PAGINE
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
14.00 Teatro Regio PROVA GENERALE Simon Boccanegra
20.30 Casa Madre Saveriani CONCERTO VERDIANO
Gio 7 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Teatro Regio CORI AL RIDOTTO Coro di voci bianche Corale Verdi
18.00 Palazzo del Governatore TRIO FISARMONICHE
20.00 Teatro Regio IN SALOTTO CON VERDI
Ven 8 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Gran Caffè PAGINE D’OPERA Fabio Larovere, Andrea Faini
17.00 Via Spadolini ARTI VERDI
19.00, 21.00 Lostello, Parco della Cittadella OPERA SHOT
20.00 Teatro Regio UN BALLO IN MASCHERA (GUSTAVO III)
21.00 Teatro Convitto Maria Luigia CONCERTO VERDIANO
Sab 9 10.00-13.00, 15.00-19.00 Pal. del Governatore INCOFFESABILE VERDI
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
16.00 Chiesa di San Vitale MUSICA DIVINA
15.00-19.00 PMuseo d’Arte Cinese ed Etnografico STRAORDINARIE
17.00 Collecchio, Piazza Grazia Deledda AERCO PER VERDI OFF
20.00 Teatro Regio SIMON BOCCANEGRA In forma di concerto
Dom 10 10.00-13.00, 15.00-19.00 Pal. del Governatore INCOFFESABILE VERDI
11.30 Monumento a Verdi CERIMONIA IN ONORE DI VERDI
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
15.00-19.00 Museo d’Arte Cinese ed Etnografico STRAORDINARIE
15.00 Piazza della Pace VERDI BAND
17.00 Teatro Regio CORI AL RIDOTTO Coro di voci bianche Ars Canto
17.00 Lostello PISTAFRULLI IN CONCERTO
18.00 Certosa di Parma VERDI SACRO
20.00 Teatro Regio GALA VERDIANO
20.30 Sede della Croce Rossa AERCO PER VERDI OFF
Mar 12 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Gran Caffè PAGINE D’OPERA Roberta Pedrotti
18.00 Chiesa di San Tiburzio CONCERTO LIRICO
20.00 Teatro Regio FUOCO DI GIOIA
Mer 13 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
20.30 Teatro Regio UN RAVE IN MASCHERA
21.00 Parma – Casa della Musica VERDI IN BLU
Gio 14 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
17.00 Gran Caffè PAGINE D’OPERA Mauro Balestrazzi
18.00 BDC GALA VERDIANO
Ven 15 13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
20.00 Teatro Regio UN BALLO IN MASCHERA (GUSTAVO III)
21.00 Corale Verdi GALA VERDIANO
Sab 16 11.00 Museo Glauco Lombardi GALA VERDIANO
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
21.00 Campus Industry FESTA DI CHIUSURA VERDI OFF 2021
20.00 Teatro Regio SIMON BOCCANEGRA In forma di concerto
Dom 17 10.00 Pergola della Corale Verdi CONCERTO VERDIANO
11.00 Basilicanova, Sala Amoretti AERCO PER VERDI OFF
13.00 Fornici del Teatro Regio CUCÙ VERDIANO
15.00 Centro storico di Parma LA CITTÀ IN SCENA
17.00 Teatro Regio CORI AL RIDOTTO Corale “Giuseppe Verdi”
17.30 Felino, Cinema Teatro Comunale AERCO PER VERDI OFF
18.00 Palazzo del Governatore QUARTETTO ENIGMA
18.00 Ospedale Maggiore AERCO PER VERDI OFF