Mumble Mumble…
ovvero confessioni di un orfano d’arte
di
Emanuele Salce e Andrea Pergolari
con
Emanuele Salce e Paolo Giommarelli
Regia
Timothy Jomm
Venerdì 1 e sabato 2 ottobre ore 20
Domenica 3 ottobre ore 17
Altrove Teatro Studio – Via Giorgio Scalia, 53 Roma
Inaugura la nuova stagione dell’Altrove Teatro Studio un evento speciale: Venerdì 1 e sabato 2 ottobre alle 20 con replica finale domenica 3 ottobre alle 17, torna finalmente a Roma dopo oltre quattrocento repliche e dieci stagioni, lo storico spettacolo “Mumble Mumble – ovvero confessioni di un orfano d’arte”.
Un racconto in tre tempi in cui Emanuele Salce accompagnato in scena da Paolo Giommarelli narra impudicamente le vicende di due funerali e mezzo.
Nel primo, quello di suo padre Luciano, quando aveva poco più di vent’anni e, reduce da una nottata di eccessi etilici, si trovò a dover gestire da solo l’accadimento, fra para-parenti a caccia di lascito, addetti alle onoranze funebri che lo inseguivano con cataloghi di bare e la ragazza per cui spasimava che non gli si concedeva.
Nel secondo, quello di Vittorio Gassman, marito di sua madre, in cui si assiste ad un vero e proprio Carnevale del sacro e del profano, fra autorità politiche improbabili e presenzialisti d’ogni risma per concludere il tutto con la semifinale degli Europei del 2000 Olanda – Italia.
Nel terzo, metaforicamente, il suo. Quest’ultimo viene vissuto attraverso l’incontro con una bionda australiana e una défaillance occorsagli in un museo di Sydney.
A fare da contraltare in scena lo spettatore-regista Paolo Giommarelli, ora complice, ora provocatore della confessione, passando con candida disinvoltura da Achille Campanile a Petrarca fino ad un trattato di procto-gastroenterologia.
Cenni sullo spettacolo
Mumble mumble – ovvero confessioni di un orfano d’arte nasce nel 2009, quasi per caso, quando la direzione artistica di un teatro privato milanese, dopo avermi visto in un’intervista tv, mi offrì di fare una serata nel loro spazio estivo. “Vorremmo conoscerla artisticamente” fu la proposta.
[…] Il primo istinto fu quello di cercare supporto nei classici: “La mite” di Dostoevskji era sempre stato uno dei miei racconti preferiti. Optai per quello senza indugi. Ma poi, per enorme senso di gratitudine verso questi signori sconosciuti che mi offrivano questa inaspettata e gratificante possibilità, tornai sui miei passi e, ritenendo di dover fare qualcosa di più per poter contraccambiare adeguatamente la generosa offerta, aprii il rubinetto dei miei ricordi più intimi senza indugi e venne fuori tutto, tutto ciò che avevo di più intimo dentro di me. […] Ma pochi giorni prima dell’andata in scena, accadde l’inaspettato. Lo stesso teatro che mi aveva tanto cercato, ingaggiato e tanto incoraggiato a farmi conoscere artisticamente presso il suo spazio, decise di censurarmi. […] Il mio produttore mi disse di non farne un dramma e che mi avrebbe offerto di metterlo in scena comunque per qualche serata all’interno di una sua rassegna di testi inediti che si sarebbe tenuta qualche mese più tardi. E lì accadde l’imponderabile, lo spettacolo ebbe un successo insperato (almeno da me), registrammo persino degli esauriti e ci fu proposto di replicare per tutta la settimana successiva. A Roma si sparse in fretta la voce che accadeva qualcosa di molto interessante nel nostro teatrino, venne chiunque, dai colleghi agli impresari. Finché uno di questi decise subito di prenderlo e metterlo nel suo cartellone l’anno successivo. Da lì parte l’avventura di questo piccolo spettacolo che finisce per diventare così quasi grande e ad andare in scena ancora oggi.
Emanuele Salce