Nevicano ore, piovono minuti
Giorni corti
come fraseggi d’anime
è dicembre quel mese finale
che non lascia filtrare
attesa né luce sopra il davanzale
di una stanza vuota e spartana.
Passano solerti le locomotive.
Il fumo sale in cielo. Una nuvola
si scioglie al vento,
come un verso fragile e terapica,
una sbavatura figlia d’un camino,
fumanti le venature nel vuoto sbiadite.
Nevicano ore, piovono minuti
sopra i tetti delle case e dentro,
sfumano pensieri. Come un’alba
nasce e poi muore nel chiaroscuro
della vita, un colore si distende
in una notte senza stella, è buio,
la tua assenza, unica ferita.
*
Brevi appaiono le notti
sopra cornicioni imbiancati!
Passano lievi i pensieri assottigliati
come in un imbuto scivolano
lacrime o da una grondaia,
rimasugli d’acqua,
grigia fertile e piovana.
Trascorrono le ore. Si dividono
fiocchi di neve dissimili fra loro.
Minuti, scorrono via uguali
dentro un orologio flemmatico al polso,
col cinturino ormai,
dal tempo logorato.
*
Imperversano venti e scorribande,
vie intasate guarnite d’inverno
al bordo di una strada un biglietto.
Di vetro una bottiglia.
Una pergamena dentro,
ecco come scivola via la sera
l’attimo d’un frenetico momento!
Rotolano palloni lungo strade
strette fra alberi canuti.
Piangono lettere aperte dal cielo
ululano vocali sordide
tra i vecchi palazzi di un quartiere
abbandonato.
Vuota una stanza.
Una musica distante: la sento!
Ecco come scivola via la sera
l’umore d’un frenetico tormento!
Nevicano ore, piovono minuti
sopra i tetti delle case e dentro,
sfumano pensieri. Come un’alba
nasce e poi muore nel chiaroscuro
della vita, un colore si distende
in una notte senza stella, è buio,
la tua assenza, unica ferita.
*
Ascolto il rumore dei miei passi
muoversi cauti fra le ombre
di una strana sorte, e danzo al ritmo
di una cantilena che suona al tocco
della falce sulle spoglie
di una perduta sera,
l’anima dispersa tra le fauci
della notte.
*
Ortaggi d’inverno ostaggi nella serra
s’abbracciano fraterni
come fiocchi di neve già morenti scendono,
i giorni effimeri di un calendario appeso
destinato a sciogliersi s’una parete di bianco verniciata,
che ancora sa di fresco!
*
Sento sfuggire la vita, come dal didentro
sento scandire al cuore i suoi battiti
e sempre un più flebile metronomo,
assopirsi nella goccia dell’istante.
*
Dita tremano sui tasti usati dal tempo
e frasi troppo presto interrotte,
nel vuoto sfumano al vento.
Passioni musicali salgono al momento
intessute e adrenaliniche, crepitano dentro;
vene intrecciate da un sentimento
come fulgide arterie sgattaiolano via,
su autostrade le serpentesche melodie!
Mani all’apparenza leggere, fragili, sane.
Mani da cui partono
spesso colpi, suoni, rumori: diesis e bemolli!
Pianoforte bianco pregno d’estasi, bianchissimi
i tasti fra le carie le armoniche danze
come sulla vertebra, una scossa penetra il midollo.
Fuori, piccoli rumori smuovono le fronde
degli alberi vicini, o lontani?
Orecchio ascolta, o vede? Percepisce
onde che come frequenze si muovono
al tatto di un preludio saggiato col guizzo
della nota, oppure, si scorda di essere
orchestra come il vento con le foglie?
Ora, i battiti del tempo sono scanditi
da un metronomo ch’è figlio del cuore.
Da un dolore che non ha tramonto,
come sul pentagramma le rime.
Nevicano ore, piovono minuti
sopra i tetti delle case e dentro,
sfumano pensieri. Come un’alba
nasce e poi muore nel chiaroscuro
della vita, un colore si distende
in una notte senza stella, è buio,
la tua assenza, unica ferita.
Fabio Strinati