Esco di casa. Piove. Prendo l’ombrello. Cammino guardando di non finire nelle pozzanghere. Qualcuno nella notte sul ciglio della strada ha gettato delle sigarette non fumate. I vicini non ci sono: lo vedo dalle tapparelle abbassate. Guardo dei palazzi in lontananza, che si stagliano contro questo cielo basso. Guardo lo studio della mia dentista. Ci passo ogni giorno davanti. Guardo le case accanto. Rifletto sul fatto che a Pontedera le case hanno le persiane o le tapparelle, mentre invece in Veneto sono diffusi gli scuri, che in dialetto vengono chiamati balconi. A casa mia abbiamo le tapparelle, però con le inferriate. A volte osservo certe scene di vita quotidiana, che intravedo per qualche istante dalle finestre aperte delle case. Sono segni di vita di persone sconosciute, che restano un mistero per me. Mi chiedo che senso hanno quei frammenti infinitesimali di esistenze appena percepiti e subito dimenticati. Così come mi chiedo che senso hanno la vista di quelle passanti frettolose che incrocio, l’ascolto di quei frammenti di conversazione nell’aria. Sono tutte cose che il giorno dopo avrò già dimenticato. Forse fanno parte dell’assurdo di ogni esistenza, che giorno dopo giorno si accumula e finisce nel non risolto. È come chiedersi perché sono qui e ora e non altrove e in un altro tempo. È come chiedersi perché ho incontrato le persone che ho incontrato, perché ho amato le donne che ho amato, perché sono stato ricambiato da pochissime e da molte altre no. In fondo penso che, per quanto la Chiesa postuli il libero arbitrio, la libertà è sempre molto limitata e condizionata. Non l’abbiamo chiesto noi di venire al mondo e la nostra ora, in gran parte dei casi, la decide Dio o chi per lui. In fondo come potremmo sopravvivere senza l’illusione del libero arbitrio? Alcuni protestanti erano e sono rassegnati a causa della dottrina della predestinazione. Alcuni aggirano il problema pensando che se hanno successo nella vita sono eletti da Dio: è il legame tra etica protestante e capitalismo individuato da Max Weber. Insomma dall’illusione del libero arbitrio all’illusione di essere eletti! Smetto di pensare a queste cose. Evito le macchine che sfrecciano veloci e incuranti dei pedoni. C’è una macchina su dieci che si ferma per farmi passare sulle strisce. È un fatto statistico. È un dato appurato, accertato. Quanti pedoni vengono investiti ogni anno in Italia? Le cifre sono impressionanti. Pedoni e ciclisti sono soggetti a essere investiti. Andare a piedi è sempre un rischio. Per quanto riguarda i monopattini il discorso è leggermente diverso: investono e sono investiti, di solito però vengono investiti. Comunque sono riuscito ad attraversare la strada. Io aspetto sempre, faccio sempre passare le auto, spesso attraverso quando non passa nessuna macchina. Sono uscito perché devo muovermi. Guardo il cielo nuvoloso. Contemplo le striature e le sfumature delle nuvole. C’è un piccolo sprazzo di azzurro, un piccolo ritaglio di cielo limpido, ma è troppo poco. Le previsioni del tempo alla televisione avevano dato il sole. Evidentemente non ci hanno azzeccato. Osservo un cane che fa da guardia in una casa. Passo sempre di lì e ora mi riconosce, non mi abbaia più. Spero in una apertura, in una schiarita che forse non avverrà. Le camminate nel quartiere sono sempre salutari. Cammino sempre, che piova o ci sia il sole, che sia freddo o caldo. Sono dimagrito di diversi chili l’ultimo anno. Non ho più la pancia. Ogni settimana mi peso. Ho dei dubbi ogni volta che la bilancia funzioni bene. Oggi viene la fisioterapista che fa fare esercizi ginnici a mia madre. Qualche mese fa è cascata tre volte. Quindi Tac, visita neurologica, visita medica. Non ha niente. È solo l’età. Nessuno sa perché ha perso l’equilibrio per tre volte. I miei genitori stanno invecchiando. Si invecchia e/o si muore. Terzo escluso. Ma molti questa cosa lapalissiana non l’accettano. La morte la conosciamo solo per interposta persona e il nostro inconscio si ritiene immortale. Cammino, pensando a queste cose. Mi incammina verso il bar. Guardo per terra, evitando gli escrementi di cane. Faccio sempre molta attenzione a dove cammino. Conto i passi per arrivare al bar. Stanno ristrutturando un’abitazione. È una pioggia obliqua che bagna il fondo dei miei jeans. Mi ricorda Pessoa per un attimo. Passa una macchina sopra una bella pozzanghera e gli schizzi mi arrivano addosso. Sono cose che succedono. Sono arrivato al bar. Poso l’ombrello. Chiedo un bicchiere d’acqua gassata da 20 centesimi. Bevo a piccoli sorsi. Un uomo seduto al tavolino tracanna un boccale di birra. Nella sala delle slot-machine intuisco delle sagome, delle figure su cui aleggia il fumo di sigaretta. Saluto il barista e i clienti. Loro ricambiano il saluto. I titolari del bar sono una giovane coppia di cinesi. Il bar ha cambiato gestione pochi mesi fa. A volte ci sono i loro figli, seduti a un tavolino, sempre indaffarati con i computer. A volte vado a trovarli la sera e dico loro che ci rivedremo il giorno dopo se sarò sempre vivo, perché la vita è incerta, precaria: oggi ci sei e domani non ci sei più. Loro ridono quando dico così. Sono diventato un cliente abituale di quel bar. Conosco tutti di vista. È frequentato più che altro da immigrati, che si comportano in modo più gentile e corretto di tanti italiani, spocchiosi, maligni, pettegoli di altri locali. Mi incammino verso casa. Una coppia sta aspettando l’autobus. È smesso di piovere. Mi dimentico l’ombrello, ma dopo cento passi me ne accorgo e corro subito a riprendermelo. È un giorno come un altro di una vita come un’altra di una persona come un’altra. È questo che penso, mentre ritorno a casa. Qualche fioco, debole raggio di sole arriva inaspettato. Forse domani verrà il sereno. Se sia uno meno un segno di qualcosa non lo so e non lo saprò mai, ma anche questo è un piccolo pensiero che avrò dimenticato domani, perché è un piccolo pensiero comune di una mente comune di un uomo comune, che conduce una vita anonima, banale, comune.