Prove di shoa’ – prima parte

Prove di shoa’ – prima parte. Shoà è un termine che ci suscita orrore, un concetto amplificato da una certa storiografia e del tutto sconfessato da un’altra, come ricordo avendone parlato con i cittadini di Dresda nel lontano 1981. Per cultura generale, si sa che il popolo di Israele ha subito nei secoli deportazioni, eccidi, isolamenti sociali e discriminazioni politiche: eppure, se domando cosa sia accaduto alla fine del sec. XI d.C. sono certo che riceverò pochissime risposte.

Correva l’anno 1095 allorché papa Urbano II, nel corso del Concilio di Clermont, al fine di ripulire i territori europei dalle turbolenze aristocratiche, invitò la nobiltà a correre in soccorso dell’impero bizantino soverchiato dalle orde turche selgiuchide: e, probabilmente, il pontefice sperava che con quell’ausilio le Chiese greca e latina sarebbero riuscite a superare gli effetti della frattura provocata dallo scisma del 1054. Il proclamato intervento in Terrasanta suscitò un impeto di euforia che coinvolse tutti i ceti sociali. Nel centro-Europa, masse di pellegrini si misero in moto verso Oriente, capitanati da soldati di ventura come Gualtiero Senza Averi, da mistici o predicatori esaltati, quali Pietro d’Amiens, detto l’Eremita, da signorotti locali come Emich di Leiningen. Spostandosi in direzione sud-est, questi raggruppamenti spontanei, privi di organizzazione e disciplina militare, attraversarono il Reno e il Danubio, lanciando slogan di libertà e giustizia: ma, in attesa di poter scannare i turchi, massacrarono gli ebrei. In Renania, le soldatesche di Emich piombarono sui giudei di Magonza, Worms e Spira: quelli di Colonia riuscirono a darsi alla fuga, ma Emich li inseguì fino alla Mosella proseguendo l’eccidio, imitato dalle truppe di Volkmar che sterminarono la comunità di Praga, come leggiamo nella lucida cronaca riportata nella Historia Hierosolymitana composta da Alberto di Aquisgrana all’inizio del sec. XII.

Ascoltiamo un raccapricciante passaggio dell’autore: “Emicho e gli altri assalirono all’alba gli ebrei (…) con armi e frecce. Spezzate porte e chiavistelli, ne uccisero circa settecento che tentavano angosciosamente di resistere all’attacco di varie migliaia; massacrarono anche le donne e passarono a fil di spada persino i bimbi di entrambi i sessi. Allora gli ebrei, vedendo che i cristiani neppure gli infanti risparmiavano né nutrivano alcuna pietà, si gettarono essi stessi su fratelli, donne, madri, sorelle e si uccisero a vicenda. E la cosa più atroce fu che le medesime madri sgozzavano i propri lattanti o si trapassavano, preferendo che essi morissero per mano loro piuttosto che per le armi dei non circoncisi”.

Manca ogni plausibile motivo per siffatti eccidi, giacché né il papa né i comandanti degli eserciti crociati regolari avevano instillato nelle truppe dei pellegrini sentimenti antisemiti o idee di genocidio. D’altronde, le comunità giudaiche sparse in Europa erano sostanzialmente tollerate dalle legislazioni romano-germaniche e gran parte delle leggi del tardo impero romano che sancivano restrizioni a carico degli israeliti erano state abrogate. Ancora nel sec. XI non si erano verificati episodi degni di peculiare nota e pertanto l’unica spiegazione possibile ai fatti esposti va cercata nel fiorente sviluppo delle attività economiche esercitate dagli ebrei dell’epoca.

Risultando esse di ostacolo a potenti gruppi finanziari cristiani dei centri urbani del Reno e del Danubio, furono questi strenui oppositori a inculcare nelle masse degli esaltati la necessità del violentissimo bagno di sangue giudeo.

Nella prossima puntata vi parlerò della reazione ebraica e delle conseguenze che essa rivestì nelle sorti della Prima Crociata.

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