Un breve cortometraggio, un fashion film, o semplicemente la rivisitazione di un ricordo legato a un film straordinario di 46 anni fa, “Picnic ad Hanging Rock” di un allora giovanissimo Peter Weir, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice Joan Lindsay, che racconta una storia realmente accaduta 121 anni fa.
“C’è un tempo e un luogo giusto, perché qualsiasi cosa abbia principio e fine” sussurra Miranda prima di svanire tra le alture di Hanging Rock nel giorno di San Valentino. Del perché di quella magnetica e puerile ascensione nel film diretto da Peter Weir, Picnic a Hanging Rock (1975), non se ne tratta per niente.
Così, l’attenzione rimpalla avviluppata tra i cunicoli di pietra, e la florida vegetazione del bush australiano; rispettando anche l’enigma irrisolto dell’omonimo romanzo di Joan Lindsay – da cui la pellicola è tratta.
Ci sono eventi e luoghi che dunque fuggono al controllo degli uomini. Come intervalli improvvisi di spazi urbani, certe nature sconosciute ai vecchi ritmi quotidiani, si dispiegano in un tempo fuori dal tempo. Dotate di energie ancestrali sono capaci di impigliare l’umano, nel loro conturbante oscillare tra una dimensione e l’altra.
Come le allieve dell’Appleyard College, la storia si ripete. Nota dopo nota, la melodia al pianoforte di Bruce Smeaton, The Ascent Music, accompagna il passo dopo passo di giovani, sedotti nel giorno degli innamorati, dal richiamo maledetto della boscaglia.
Un passeggio scandito da quel “filo comune”, che rivela i romantici crochet sferruzzati da Italo Marseglia durante la pandemia, fibre recuperate da una ragnatela di donazioni partite dal web. Da digitale ad analogico, da virtuale a materiale, gli abiti e le maglie sono senza genere e abbracciano quel ritorno contemporaneo a Hanging Rock; ma in un attimo cadono le regole, cadono finzioni, cade la ragione, la paura, l’orientamento. Quei capi lavorati con dovizia si destrutturano dalle forme e resta solo una coperta. Di quell’incedere ameno e stregato, restano anche i dizionari sulla terra: strumenti di comunicazione gravosi come massi, incastrati plasticamente tra i due mondi, nell’eterna ricerca di un linguaggio vetusto per sbrogliare l’umanità. (Note di Regia a cura di Simona Mancuso)
Ritornando a Henging Rock: https://youtu.be/dU-4l4nn4jk
Regia ROSSANO GIUPPA
Editing SIMONE PASSERI
Abiti ITALO MARSEGLIA dal progetto speciale “The common thread” realizzati a mano con tecnica crochet
INTERPRETI
ZOE FACTORY models
Valentina Missori
Veronica Pecoraro
Cecilia Vignati
Federico Manelli
NOTE DI REGIA Simona Mancuso
SHOES Edoardo Di Veroli
HAIR STYLING E MUA
Asia Morales Making Beauty
Valentina Parrino Making Beauty
FOTO DI SCENA Federica Paola Muscella